Ferrero è l’unica azienda in grado di tracciare la provenienza del suo olio di palma, a preoccuparsi, quindi, di non contribuire alla deforestazione. A dirlo è Greenpeace che ha preso in esame 14 aziende – Colgate-Palmolive, Danone, Ferrero, General Mills, Ikea, Johnson & Johnson, Kellogg, Mars, Mondelez, Nestle, Orkla, PepsiCo, P&G e Unilever – per verificare gli effetti delle politiche “zero deforestazione” sulle foreste pluviali indonesiane. L’Indonesia è il più grande produttore mondiale di olio di palma, olio vegetale utilizzato in una vasta gamma di prodotti di largo consumo. L’industria di questo prodotto è una delle principali cause della deforestazione nel Paese, che ha perso 31 milioni di ettari di foresta dal 1990 ad oggi.
Ad accomunare i marchi scelti dall’associazione ambientalista, il fatto che nelle loro produzioni utilizzano l’olio di palma, sia nel settore alimentare sia nella cura della persona. Il rapporto ha valutato le aziende con tre parametri: approvvigionamento responsabile, trasparenza e riforma del settore. Così, ha scoperto che molte non hanno politiche credibili per la deforestazione zero. In cime alla classifica si posizionano Ferrero e Nestlè che, fate salve alcune aree in cui ancora possono essere fatti progressi, sono in dirittura di arrivo nell’attuazione degli impegni presi due anni fa in tema di sostenibilità ambientale. Tuttavia, la maggior parte delle aziende su cui Greenpeace ha posato la sua attenzione ignorano se l’olio di palma che utilizzano venga coltivato su terreni ricoperti in precedenza dalla foresta pluviale. Tra queste – secondo Greenpeace – PepsiCo, Johnson & Johnson e Colgate-Palmolive sono i marchi che registrano le performances peggiori. (continua dopo l’infografica)
“L’olio di palma si trova in tantissimi prodotti, ecco perché i marchi hanno la responsabilità di agire nei confronti dei loro clienti – ha detto Annissa Rahmawati di Greenpeace – Ma la nostra indagine mostra che non stanno facendo abbastanza per fermare il saccheggio delle foreste pluviali indonesiane”. Le aziende valutate da Greenpeace fanno tutte parte dell’associazione Rspo (Roundtable on Sustainable Palm Oil) il cui certificato è un marchio di qualità che attesta che l’olio di palma è stato prodotto senza danno eccessivo per l’ambiente o la società e ne assicura la tracciabilità attraverso la catena di distribuzione.
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