“Ecco come una dentista del Colorado è diventata il peggior incubo di Big Sugar”. Il titolo, decisamente azzeccato, è di un articolo scritto da Stephanie M. Lee per buzzfeednews.com che racconta la storia Cristin Kearns, dentista che a un certo punto della sua vita decide di attaccare il camice al chiodo per diventare una delle investigatrici più temute dall’industria dello zucchero.
L’interesse di Kearns nasce quando trova un documento del 1975 scritto da un gruppo commerciale di zucchero ai dirigenti della compagnia e contrassegnato come “riservato” che spiega in dettaglio come parlare alla stampa di una serie di studi scientifici pro-zucchero finanziati dal gruppo.
Kearns e il gruppo di ricercatori che lavora con lei finiscono per scoprire come Big Sugar abbia cercato di influenzare giornalisti, scienziati e legislatori per decenni, con l’effetto di ritardare la ricerca sugli effetti potenzialmente dannosi dello zucchero.
Ora l’ex dentista attraversa gli Stati Uniti alla ricerca di biblioteche con documenti precedentemente riservati di produttori di zucchero, sindacati, scienziati, consulenti e dirigenti. Combinando migliaia di pagine di documenti interni, scrive Stephanie M. Lee, Kearns e il suo team hanno acquisito una chiarezza senza precedenti nelle macchinazioni dell’industria dello zucchero durante la metà del 20° secolo.
Hanno scoperto, ad esempio, che un gruppo commerciale sapeva già negli anni ’50 che lo zucchero provocava le carie. Ma quando il gruppo ha continuato a lavorare a stretto contatto con il governo federale per un programma sulle strategie per combattere le carie, ha minimizzato il più ovvio, proprio lo zucchero. In un’altra delle scoperte del team di ricerca è emerso come nel 1965, la Sugar Research Foundation (Srf), un’associazione di produttori di zucchero (che oggi si chiama Sugar Association) aveva segretamente finanziato una pubblicazione sul New England Journal of Medicine che screditava il collegamento tra consumo di saccarosio ai livelli di lipidi nel sangue e malattie cardiache (CHD). A soli tre anni la stessa Srf insabbiava uno studio che metteva in connessione il consumo di zucchero e il cancro alla vescica.
Non si tratta di un fenomeno oramai morto e sepolto. Solo nel 2015, Coca-Cola ha ammesso di aver speso più di 132 milioni di dollari in 5 anni per finanziare attività di ricerca. A riportare la notizia sui media statunitensi è stata l’Associated press che ha messo in fila, una ad una, le iniziative finanziate dalla multinazionale. Si tratta di progetti con l’unico scopo di negare il rapporto tra bevande analcoliche e obesità.
Reagisce stizzita la Sugar Association: “Riconosciamo che la dottoressa Kearns ha dedicato molto tempo al compito di rivedere migliaia di documenti di oltre 50 anni fa; tuttavia, contestiamo le sue motivazioni e certamente l’esattezza delle sue conclusioni “, ha detto in una nota il presidente e CEO Courtney Gaine.