L’accusa della Francia nei confronti di Apple accende un grosso riflettore su un tema che da anni innervosisce i consumatori: l’obsolescenza programmata degli elettrodomestici. Su questo argomento, l’Italia è indietro rispetto a tanti altri paesi europei, che invece hanno già una legislazione ad hoc. A dare una scossa è stata sicuramente la Francia che a partire dal 2014 ha approvato una legge anti-furbetti dell’obsolescenza programmatica, diventata reato, che prevede una pena massima di due anni di reclusione per l’amministratore delegato dell’azienda responsabile dell’alterazione della durata dei prodotti da mettere in vendita.
In Finlandia garanzia senza limite
In Svezia la durata della garanzia legale di conformità è stata estesa a tre anni indipendentemente dal tipo di prodotto, mentre in Inghilterra e Irlanda il consumatore può agire legalmente contro inadepimento del contratto fino a sei anni dopo l’acquisto. In Finlandia, addirittura, non esiste un termine preciso riguardo la garanzia, ma va valutato in base alla ragionevole aspettativa di vita per il tipo di merce in questione. Avere due anni minimo di tempo entro cui sfruttare la garanzia non è però l’unica cosa di cui il consumatore debba tener conto. La Direttiva 1999/44 della Comunità europea stabilisce l’obbligo per il consumatore di denunciare il difetto o la non conformità del bene al venditore entro due mesi dalla scoperta, anche se su questa scadenza solo in 12 stati, tra cui l’Italia, la disposizione è stata recepita. Anche in questo caso, ci sono paesi che interpretano la norma in maniera più favorevole al consumatore: in Francia e in Germania, ad esempio, non è stabilito un termine entro cui denunciare il difetto ma solo il generale termine di prescrizione di due anni.
L’onore della prova
C’è poi il capitolo dell’onere della prova: in Italia solo per i primi 6 mesi dall’acquisto si dà per assodato che il difetto sia responsabilità del produttore, mentre dopo tocca al consumatore che richiede l’intervento in garanzia dimostrare che il malfunzionamento non dipenda dal cattivo utilizzo dell’elettrodomestico. In Portogallo e in Francia, invece, per tutti i due anni di garanzia, spetta al produttore dimostrare la sua assenza di responsabilità, se non vuole procedere alla riparazione. A tal proposito, in Spagna e in Ungheria il periodo di garanzia è sospeso in caso di riparazione e ricomincia a decorrere quando il bene riparato viene riconsegnato al consumatore, e addirittura riparte da zero se il bene è sostituito. Per chi volesse confrontare le norme nel dettaglio, ad esempio dopo l’acquisto di un elettrodomestico all’estero, può consultare la guida “La garanzia legale in Europa” a cura del Centro europeo consumatori Italia, che è il punto di contatto nazionale della rete ECCNet voluta dalla Commissione europea negli Stati membri, andando sul sito ecc-netitalia.it.
La voce del parlamento Ue
Nel luglio del 2017, il Parlamento europeo aveva votato una risoluzione con la quale invitava la Commissione Juncker ha intraprendere iniziative concrete per contrastare il fenomeno della cosiddetta obsolescenza programmatica, ovvero la “vita a scadenza” – senza la possibilità in molti casi di riparazione – di smartphone, tablet, tv, computer, elettrodomestici e software. Tra le richieste, l’introduzione di un “criterio di resistenza minima” per ciascuna categoria di prodotti fin dalla fase di progettazione, l’estensione della garanzia qualora la riparazione durasse più di un mese.
Italia fanalino di coda
Nel nostro paese, nulla sembra essersi mosso. L’unico timido passo è stato fatto con l’approvazione in Commissione Attività produttive della Camera di una risoluzione proposta dal Movimenti 5 Stelle, a firma del deputato Davide Crippa, lo scorso novembre che puntava al diritto del consumatore a conoscere la durata dei prodotti e dei servizi, stabilendo obblighi generali di informazione sui prodotti e sui servizi, incluso quello relativo alla durata. Purtroppo, la fine della legislatura ha lasciato questa risoluzione lettera morta.
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