Ma può bastare il 30% di farina non raffinata per definire i crostini Amica Chips integrali?

integrale
“Caro Salvagente, volevo segnalare una discordanza su dei crostini acquistati al supermercato todis, marca Mia (Amica chips) sulla confezione in grande c’è scritto crostini integrali ma, leggendo gli ingredienti la farina integrale è solo il 30%. Il resto è farina 0. Credo sia errato far passare per integrale qualcosa che non è per intero”.
La segnalazione della nostra lettrice Adriana Piras colpisce ancora una volta nel segno di una vergognosa carenza di leggi nel nostro paese.
Il tentativo, per la verità, c’era stato con una legge che però si è arenata nei rami parlamentari e non sarà di certo approvata in questo scorcio di legislatura rimanente.
La storia di questa legge e degli imbrogli (molti) che la sua assenza comporta in molte confezioni la raccontiamo nella guida È tutto pane per i nostri denti? che a giorni pubblicheremo e che può essere già prenotata sul nostro sito.

Inganno integrale

Si fa presto a dire pane integrale anche se poi si scopre che la farina “grezza” è stata ricostituita aggiungendo alla raffinata di tipo 0 o doppio 0 un po’ di crusca. È questa purtroppo la lista degli ingredienti che spesso troviamo sul pane integrale. Diciamolo subito: la legge consente anche il “falso” integrale cioè l’uso di farina di frumento con l’aggiunta di crusca. Ma come si riconosce il vero pane integrale? Come ci hanno spiegati i mastri panettieri, il colore è più scuro e omogeneo, mentre quello con l’“aggiunta” ha un colore meno scuro ed è farcito dai pezzetti di crusca.
Insomma se l’etichetta non vi convince (è obbligatorio scrivere tra gli ingredienti il tipo di farina usata e l’eventuale aggiunta) fate la prova della fetta.

La legge “dimenticata”

In Parlamento è in discussione una proposta di legge per contrastare il falso integrale che ha fatto un passo in avanti la primavera scorsa: il comitato ristretto della Commissione Agricoltura della Camera ha adottato il testo unificato sulla “Delega al governo per la disciplina della produzione, della commercializzazione e dell’etichettatura degli sfarinati integrali di frumento e dei prodotti derivati”. La proposta di maggioranza si è innestata su quella dell’opposizione e questo è un bel segnale per i consumatori. Cosa prevede la norma? Per la prima volta fornirà la definizione di prodotto integrale stabilirà le caratteristiche compositive necessarie perché una farina o una semola possa essere definita “integrale” con l’ulteriore specificazione della “assenza di germe di grano”. Per cui stop al falso integrale: non si potrà alla farina raffinata aggiungere un po’ di crusca ed etichettare come integrale il prodotto finito. Sulla sorte della nuova legge però incombe come una mannaia la fine della legislature e qualora venga approvato dai due rami del Parlamento bisognerà attendere almeno un anno per l’entrata in vigore vera e propria: entro 12 mesi dall’approvazione in legge infatti il governo dovrà dettagliare le caratteristiche compositive della farina integrale con un decreto legislativo. Insomma i propositi sono buoni ma il tempo è tiranno.

Basta poco…

Purtroppo l’inganno dell’integrale con l’aggiunta di crusca non è l’unica trappola in cui può cadere il consumatore. Prendiamo le fette biscottate integrali che abbiamo confrontato nel numero di maggio 2017: 12 marchi alla prova (da Mulino Bianco a Misura, passando per Buitoni, Monviso, Grissinbon e i prodotti a marchio Coop, Conad, Carrefour, Auchan, Selex, Lidl, Todis, Eurospin) e in ben 5 casi l’ingrediente prevalente, ovvero il primo quello presente in maggiore quantità, non era la farina integrale bensì la “semplice” (ovvero) farina raffinata. In questi prodotti (basta verificare leggendo le etichette) l’integrale si ferma (se non addirittura sfiora) il 40%. Il resto? Farina raffinata. Una “composizione” che si riflette sulla presenza di fibra: minore è l’integrale più basso sarà l’apporto di questo prezioso nutriente. Nel nostro panel le fette meno ricche di farina “grezza” hanno appena 6,8 grammi di fibra (per 100 g di prodotto) mentre le “vere” integrali (si arriva fino al 98%) l’apporto di fibra supera i 12 g. Per chi vuole portarsi a casa una fetta davvero integrale la lettura dell’etichetta (dalla lista degli ingredienti alla tabella nutrizionale) diventa davvero fondamentale.