
Il punto di fumo indica la temperatura in cui un grasso inizia a degradarsi producendo fumo e sostanze nocive. Conoscerlo è fondamentale per preparare una frittura in sicurezza senza alterare sapore e salute
La scelta del grasso da usare in cucina resta uno dei terreni più fertili per miti, convinzioni radicate e scorciatoie culinarie. Tra burro, margarina, extravergine e strutto, capire cosa succede davvero in padella non è soltanto una questione di gusto, ma anche di salute. Cerchiamo di sfatare qualche credenza dura a morire.
Burro, strutto o margarina non sono alternative migliori dell’olio extravergine per friggere
L’idea che burro, strutto o margarina siano più adatti alla frittura rispetto all’olio extravergine è ingannevole. Burro e strutto sono grassi animali ricchi di saturi, mentre la margarina nasce dall’idrogenazione industriale di oli vegetali. Ma soprattutto, il punto di fumo fa la differenza, dato che rappresenta la temperatura alla quale un grasso comincia a degradarsi e iniziano a formarsi sostanze irritanti e potenzialmente nocive, tra cui l’acroleina, responsabile dell’odore pungente e del sapore amaro tipico degli oli “bruciati”.
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Il burro italiano raggiunge il punto di fumo già a circa 130°C, troppo poco per una frittura stabile.
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Il burro francese arriva a 175°C, ma resta comunque al limite.
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La margarina si ferma intorno ai 150°C.
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Lo strutto può toccare i 250°C, ed è il motivo per cui è tradizionalmente usato per graffe e bignè, più che per un uso quotidiano in cucina.
Chi segue uno schema mediterraneo può concedersi una piccola quota di grassi animali, ma non sufficiente né adatta per friggere. La frittura richiede oli stabili al calore e non grassi destinati principalmente ad altre funzioni gastronomiche.
Il burro chiarificato regge meglio le alte temperature
Qui il mito è vero: il burro chiarificato, privato della parte proteica e acquosa, resiste fino a 220-230°C senza annerire. È un burro “purificato”, che si può anche autoprodurre lasciando separare i componenti a bagnomaria. Il rovescio della medaglia è calorico: se 100 g di burro forniscono 760 kcal, il chiarificato sale a circa 900 kcal, trasformando anche piccole quantità in un carico energetico rilevante.
Non esistono solo burro e burro chiarificato
Attorno al burro ruota un piccolo mondo gastronomico poco noto. Il burro nocciola, ottenuto facendolo rosolare fino a color ambra, e il burro nero, un gradino oltre nella tostatura, sono classici condimenti di pesci, uova e verdure bollite. Esiste poi il burro salato, tipico del Nord Europa, prodotto con il 2% di sale e riconosciuto anche con una rarissima DOP francese. La diversa tradizione lattiero-casearia spiega perché il burro italiano sia in generale meno grasso rispetto a quello nordico, dove la panna è destinata soprattutto alla burrificazione.
Non tutti i grassi cuociono allo stesso modo
Pretendere che un solo grasso vada bene per tutto è come confondere scarpe da ginnastica e ciabatte: ognuna funziona solo dove serve. In cucina il discrimine è il punto di fumo e la stabilità ossidativa.
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L’olio di arachide e l’olio extravergine di oliva sono tra i pochi oli vegetali stabili al calore, rispettivamente a 230°C e 180-190°C.
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Altri oli vegetali ossidano più facilmente e vanno usati con cautela nelle cotture aggressive.
Per soffritti e stufati, dove le temperature sono più basse, la componente aromatica diventa protagonista: ed è qui che l’extravergine torna insostituibile.
Strutto e sugna non sono la stessa cosa
La confusione è diffusa, ma strutto e sugna indicano due grassi diversi del maiale.
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Lo strutto deriva dal grasso dorsale, viene fuso e filtrato e ha un gusto più neutro.
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La sugna è un grasso viscerale, più intenso e meno diffuso nel consumo moderno.
Entrambi sono ricchi di saturi e colesterolo e resistono bene all’ossidazione. Oggi sopravvivono soprattutto nelle cucine tradizionali: casatiello, rustici pasquali, zeppole e biscotti più friabili. Nonostante l’alto punto di fumo, non sono ideali per il pesce, e restano grassi da usare con moderazione.
Riutilizzare l’olio di frittura non è innocuo
Spinti dalla difficoltà di fare la spesa o dalla voglia di risparmiare, molti riutilizzano l’olio di frittura. Ma il calore a cui è sottoposto – vicino ai 180°C – modifica la struttura dell’olio e porta alla formazione di composti nocivi, segnalati dal fumo che si sprigiona dalla padella. Quelle sostanze rimangono nell’olio anche dopo il raffreddamento e si moltiplicano con ogni nuovo utilizzo. La nota sensazione di “bruciore allo stomaco” associata alle fritture scadenti è spesso il risultato proprio di oli sfruttati oltre il limite.





Non esistono solo burro e burro chiarificato



