Alzi la mano chi, togliendo una fetta di carne dalla confezione e mettendola in padella, a fine cottura non l’abbia vista restringersi. Il fenomeno è naturale: cuocendo, l’acqua contenuta nei tessuti evapora e la nostra fettina, perdendo i liquidi, diminuisce di volume. Tuttavia in questo processo influisce lo spessore, il peso e anche la presenza o meno di difetti della carne, come nervetti, indurimenti, anomalie nei tessuti.
Una premessa: più la fettina è sottile e piccola maggiore risulta la perdita di acqua.
Il cooking loss
Per capire come si comportano i petti di pollo che acquistiamo comunemente il Salvagente,
nel numero in edicola, ne ha sottoposto 12, i più venduti alla prova del cooking loss, usando un metodo non accreditato, perché non ne esiste uno ufficiale, ma comunque usato in letteratura. La prova, proprio come farebbe un qualsiasi consumatore, è consistita nel prendere una singola fetta dalla confezione, pesarla e cuocerla. A fine cottura la carne è stata nuovamente pesata. Essendo diverso lo spessore, abbiamo riportato i dati raggruppati per “altezza” della fetta. In media le nostre fette, con uno spessore di 0,6 cm, hanno perso il 16,4% di acqua.
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Lo studio bolognese
Risultati incoraggianti oppure no? Secondo una ricerca dell’Università di Bologna il cooking loss nelle carni avicole normali si attesta mediamente intorno al 22%. A condizionare la ritenzione idrica può esserci, secondo la ricerca, la comparsa di anomalie white-striping, striature, nervetti, cartilagini, che favoriscono la perdita di acqua così come il wooden breast (indurimenti sul petto) che influisce negativamente. Dobbiamo quindi concludere che i risultati da noi ottenuti, a parte alcuni picchi, sono in linea con quanto accertato in letteratura.
Tenerezza e perdita d’acqua
La perdita d’acqua, come è facile intuire, condiziona anche la tenerezza della fettina che mangiamo. A questo proposito un bel lavoro analitico realizzato da Luca Bonoli e presentato al campus di Cesena presso l’Università di Bologna mette in relazione la perdita d’acqua e il grado di tenerezza con il passare dei giorni di confezionamento. L’ideale, secondo i dati registrati nel lavoro, sarebbe di consumare la nostra fettina di pollo dopo tre giorni dal confezionamento: prima non si avrebbe il massimo grado di tenerezza (anche se si potrebbe contare su una perdita di acqua limitata), dopo la tenerezza non aumenterebbe ma il nostro petto avrebbe perso una parte importante del suo peso. Tenetene conto, almeno nelle vaschette che indicano la data di incarto.