L’Istituto Ramazzini, la cooperativa sociale bolognese a cui fa capo il centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni”, compie trent’anni. Fu infatti nel 1987 che il professore Cesare Maltoni, oncologo di fama mondiale, e il senatore Luigi Orlandi diedero vita a queste esperienza inedita, che affidava la proprietà di uno dei più autorevoli centri di ricerca scientifica a una comunità di cooperatori, stabilendone l’indipendenza dai poteri politici e dal mercato.
Un alleato per tantissime persone
In questi trent’anni – spiega Simone Gamberini, presidente dell’IR – il Ramazzini ha rappresentato un alleato tenace e autorevole per tantissime persone, affiancandole nelle battaglie per la salute ambientale e dei luoghi di lavoro. Sono tante le sfide che i ricercatori del Ramazzini hanno affrontato e in molti modi i nostri studi hanno prodotto esiti importanti, tanto nell’individuazione di sostanze dannose alla salute quanto nella diffusione di una cultura della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori. La storia del Ramazzini viene aggiornata quotidianamente: nelle strutture cliniche e nei laboratori di ricerca rinnoviamo ogni giorno l’impegno ostinato a migliorare la qualità della vita delle persone e a consegnare loro un futuro all’insegna del benessere.
La campagna di crowfunding col Conad
Per celebrare il suo trentesimo anniversario, l’Istituto Ramazzini ha inoltre lanciato assieme a Conad una campagna di crowdfunding per sostenere la ricerca sul cancro nelle province di Bologna, Modena e Ferrara. Fino al 12 novembre, in tutti i punti vendita Conad delle tre province emiliane, i clienti potranno donare 1 euro al Ramazzini: basterà comunicarlo in cassa al momento del pagamento. Nordiconad, una delle cooperative aderenti al consorzio nazionale Conad, raddoppierà i fondi raccolti tra i clienti, con una propria donazione all’Istituto Ramazzini.
Gli studi principali
Molti i successi scientifici collezionati in questi anni dall’Istituto gran parte grazie agli studi di Cesare Maltoni, fondatore della cooperativa e direttore per lunghi anni dei laboratori di Bentivoglio, sarà riconosciuto tra i principali ricercatori al mondo sulla malattia del secolo. I suoi studi saranno dedicati soprattutto all’origine ambientale dei tumori e quindi alla loro incidenza in determinate lavorazioni industriali. Sarà il primo a dimostrare la pericolosità di sostanze quali il clorulo di vinile o il benzene.
L’Istituto Ramazzini ha documentato la cancerogenicità di tutte le fibre di amianto ed ha raccolto un’ampia coorte di pazienti che hanno sviluppato diversi tipi di tumori correlati all’esposizione ad amianto, in particolare sui luoghi di lavoro. Sempre l’Istituto Ramazzini ha evidenziato la cancerogenicità dell’erionite e della fluoroedenite, studiata in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, che è un anfibolo presente in altissime concentrazioni nelle zone di Biancavilla in Sicilia dove era stato riscontrato un eccesso di mesoteliomi. polmonari.
Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente
Analoghi studi condotti dall’Istituto hanno convinto il Center for Science in the Public Interest, una delle più grandi associazioni di consumatori del mondo, a inserire l’aspartame nella lista degli alimenti da evitare. E ancora: se oggi il talco oggi è un prodotto sicuro per i consumatori, lo si deve anche ad una pionieristica ricerca del Ramazzini dei primi anni ’90. Quello studio evidenziò la contaminazione da amianto del talco grezzo, che lo rendeva cancerogeno. Attualmente l’Istituto Ramazzini sta conducendo due importanti ricerche, la prima sugli effetti delle onde radio sulla salute dell’uomo, la seconda sull’impatto del glifosato, il pesticida più usato in agricoltura. Di entrambi gli studi, al centro di un vivace dibattito politico in queste settimane, è prossima la pubblicazione dei primi risultati.
Glifosato, l’anticipazione sul nostro giornale
Fiorella Belpoggi, direttrice dell’istituto, in un’intervista esclusiva rilasciata sul Salvagente in edicola questo mese, ha anticipato le conclusioni dello studio sul glifosato. “In base ai risultati ottenuti dal nostro studio pilota – dice – non siamo in grado di stabilire se il glifosato sia cancerogeno certo per l’uomo, però abbiamo accertato l’attività di perturbatore endocrino di questo composto, la capacità cioè del glifosato di interferire con il sistema ormonale correlato alla maturazione sessuale degli individui”. Insomma, sulla sostanza c’è ancora un clima di incertezza che, in ogni caso, non giustifica un nuovo rinnovo per l’erbicida come sembra intenzionata a fare la Commissione europea.