Succo di aloe vera: e se fosse solo marketing?

ALOE

È oramai protagonista delle mode salutiste di oggi: il succo di aloe vera promette miracoli per corpo e mente e per questo spesso fa la sua comparsa anche in normali succhi di frutta. Ma cosa c’è davvero dentro quel bicchiere verde?

Da Cleopatra a Instagram, l’aloe vera ha attraversato secoli e continenti con la fama di pianta medicinale. Un tempo usata per lenire le ferite dei soldati di Alessandro Magno, oggi la troviamo nei cosmetici, nelle creme doposole e – sempre più spesso – in bottiglia, sotto forma di succo o gel da bere. Ma i benefici promessi sono reali o si tratta dell’ennesima moda salutista?

Una pianta antica con un nuovo mercato

Il gel trasparente che si ricava dalle foglie di aloe vera è noto da secoli per le sue proprietà lenitive sulla pelle. Effetti rinfrescanti e idratanti, utili in caso di scottature o irritazioni cutanee, sono documentati e spiegano l’uso diffuso in cosmetica. Ma negli ultimi anni l’aloe si è spostata dal beauty agli scaffali degli integratori: succhi, gel da bere e “shot” sono diventati prodotti di tendenza, presentati come soluzioni naturali per rafforzare le difese immunitarie, depurare l’organismo, proteggere lo stomaco e persino prevenire malattie gravi.

Le promesse (non mantenute) del succo

Le etichette parlano di azioni antinfiammatorie, detossinanti, protettive contro diabete, tumori e malattie del fegato, o ancora di un effetto “pro-collagene” per mantenere la pelle giovane. Ma la scienza frena l’entusiasmo.

Secondo la Verbraucherzentrale, l’associazione tedesca dei consumatori, le prove sono deboli: si tratta per lo più di esperimenti in vitro o sugli animali, non applicabili all’uomo. Per legge, affermazioni salutistiche di questo tipo non possono nemmeno essere riportate in etichetta.

Cosa contiene davvero l’aloe vera

Il gel interno delle foglie è composto al 98-99% di acqua. Il resto sono oltre 200 sostanze – vitamine, minerali, enzimi e zuccheri complessi, i cosiddetti mucopolisaccaridi. Fra questi l’acemannano è indicato come il principale responsabile degli effetti positivi, ma non esistono studi clinici solidi che lo confermino.

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In più, spiega Roman Huber, professore di medicina naturale all’Università di Friburgo, è improbabile che questi zuccheri arrivino davvero nel sangue: vengono infatti scomposti in zuccheri semplici durante la digestione. L’unico possibile effetto è locale, sulle mucose di bocca, esofago e stomaco, dove il gel potrebbe avere un’azione protettiva e lenitiva.

Il vero rischio: l’idrossiantracene

Un aspetto invece certo riguarda il lattice giallo che si trova sotto la buccia delle foglie: contiene idrossiantracene, sostanze sconsigliate perché sospettati di essere cancerogeni e genotossici.

Una ragione che aveva spinto l’Efsa a varare il regolamento 468/2021, che vietava la commercializzazione di aloe e dei suoi preparati contenenti derivati dell’idrossiantracene (HAD) negli alimenti. Una decisione contestata dalle aziende del settore che la consideravano “arbitraria e sproporzionata”. E poi ribaltata con una sentenza emessa il 13 novembre 2024, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Ciò non toglie, come ribadisce il BfR (Istituto federale tedesco per la valutazione dei rischi), la raccomandazione di non consumare prodotti a base di foglia intera o non adeguatamente lavorata. Preparare in casa succhi o frullati con foglie fresche può quindi essere pericoloso.

Bere succo di aloe: innocuo e inutile?

Se privati degli antranoidi, i succhi di aloe vera risultano probabilmente sicuri, purché assunti secondo le dosi consigliate. Alcuni produttori avvertono comunque contro il consumo in gravidanza, per il possibile effetto stimolante sulle contrazioni.

Sul fronte dei benefici, però, il verdetto è più tiepido: mancano studi clinici che dimostrino un reale vantaggio per la salute interna. Molto più promettenti restano invece gli usi esterni, dove diversi studi hanno osservato effetti su scottature, ferite cutanee, acne e dermatite atopica.

La scelta migliore

Chi volesse comunque provare un succo di aloe dovrebbe orientarsi verso prodotti di coltivazione biologica. Le coltivazioni intensive in monocoltura, diffuse soprattutto in America Latina, Stati Uniti e Spagna, aumentano sì la resa ma riducono la concentrazione delle sostanze attive e comportano l’uso di pesticidi chimici.