Cartoni per la pizza contaminati, torna l’allarme

cartoni pizza

La Francia segnala cartoni per la pizza prodotti in Italia con piombo e ftalati in eccesso. L’azienda produttrice, Liner Italia: “Noi usiamo carta vergine. Sono in corso le controanalisi”. Ma senza una legge unica nella Ue, prospera il Far West

Torna l’allarme sulla contaminazione dei cartoni per la pizza. Il ministero della Salute ha pubblicato il richiamo della Liner Italia di un lotto (49036315 – stringato n.363) di scatole per pizza per “rischio migrazione dei materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti“, nello specifico di piombo e ftalati. Si tratta di contenitori destinati al mercato francese e la contaminazione è stata rilevata dai controlli effettuati dalle autorità transalpine. A quel punto la Liner Italia ha pubblicato il richiamo e avviato le contranalisi che, come spiegano i vertici dell’azienda al Salvagente, “arriveranno nei prossimi giorni”.

Cosa è successo? L’assenza di una normativa europea armonizzata sulla qualità e sulla sicurezza alimentare dei cartoni per la pizza – in soldoni: ogni Stato membro legifera per sé –  rischia di ripetere quello che già successe nel 2019: allora il Salvagente sottopose ad analisi tre scatole per pizza – una della stessa Liner e altre due marchiate dalla spagnola Garcia de Pou e dalla tedesca Izmir – e in due casi (Garcia de Pou e Izmir) trovammo Bisfenolo A in quantità che sarebbero fuorilegge (rispettivamente migrazione di 179 ppb di BpaA e 311 ppb) se questi materiali a contatto con gli alimenti fossero stati in plastica.

Premettiamo che la legge italiana vieta l’uso di carta riciclata per i contenitori per la pizza: è obbligatorio usare fibra vergine ovvero il 100% di pura cellulosa. Così non è nel resto d’Europa.

Come in Spagna, dove non c’è nessun obbligo di impiego di carta vergine. E così L’azienda spagnola alzò le mani con il Salvagente: le scatole ce le produce l’italiana Liner. La Liner spiegò al Salvagente che nei prodotti che realizza per l’Italia usa esclusivamente purissima cellulosa vergine. Diverso è il discorso per quelli destinati all’estero dove si atteniene alle regole che eventualmente valgono nel paese di destinazione. In Spagna di regole ce ne sono davvero poche e di certo non escludono l’uso di carta riciclata nel contenitore. Da qui la possibile fonte di contaminazione da BpA.

Ora nel caso dei cartoni della pizza segnalati dalla Francia sembra ripetersi una situazione analoga. Parigi ha approvato nel 2021 una legge che non impone l’obbligo di usare carta di primo impiego ma impone dei limiti massimi di concentrazione per alcuni contaminanti – BpA, piombo, ftalati, etc – talmente bassi che, come spiegano i vertici della Liner al Salvagente “per rispettarli devi per forza usare carta vergine, come noi facciamo regolarmente anche per il mercato francese”.

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Ora però le analisi dell’autorità francese Dgccrf (la Repressione frodi transalpina) hanno rilevato sul lotto richiamato presenza di piombo pari a 0,15 mg/kg quando il limite di legge è 0,10 mg/kg, e di ftalati pari a 0,033 mg/kg, con un tetto massimo pari a 0,012. La Liner, in attesa di sapere se le autorità francesi confermino la non conformità, ha avviato le controanalisi che arriveranno nei prossimi giorni.

La domanda tuttavia sorge spontanea: se la materia prima era “vergine” quindi pulita, come si è contaminata la scatola di cartone? Dalla Liner non escludono una contaminazione esterna e successiva: “Il lotto bloccato è del maggio 2024 quindi può essere stato stoccato male dall’acquirente, magari le scatole sono state messe vicino al forno ‘impregnandosi’ con i fumi di cottura, oppure riposte in magazzini a contatto con superfici di metallo o in altre condizioni non ottimali”. Saranno intanto le controanalisi a confermare o smentire i tenori di piombo e ftalati rilevati.

Resta però un nodo fondamentale da sciogliere: in assenza di una norma europea valevole per tutti gli Stati membri, il Far West dei cartoni contaminati continuerà a minacciare la salute dei consumatori e il lavoro di aziende oneste.