Nuove restrizioni per il rame in agricoltura: e il biologico?

RAME AGRICOLTURA

L’Autorità per la sicurezza francese aggiorna le autorizzazioni dei fitosanitari a base di rame: “Persistente, tossico per l’ambiente e difficile da sostituire”. In bilico il futuro dell’agricoltura biologica.

Lo usiamo nei campi da oltre un secolo, ma ora il rame finisce nel mirino delle autorità sanitarie europee. L’Agenzia nazionale francese per la sicurezza sanitaria (ANSES) ha appena pubblicato le sue conclusioni su 34 prodotti fitosanitari contenenti rame, confermando l’autorizzazione per molti impieghi ma imponendo condizioni d’uso molto più restrittive. Il motivo? A giudizio dei francesi, la tossicità della sostanza per gli organismi acquatici, la sua persistenza nel suolo e i rischi sanitari per chi lo utilizza.

Una sostanza “da sostituire”, ma senza vere alternative

Dal 2025, i composti del rame sono stati ufficialmente classificati dall’Unione Europea come “sostanze candidate alla sostituzione”. Questo significa che, qualora esistano alternative più sicure ed efficaci, l’uso del rame potrebbe non essere più autorizzato. Ma la realtà è più complessa: in molti casi, specialmente nell’agricoltura biologica, le alternative esistono solo sulla carta.

L’ANSES ha infatti avviato un’analisi comparativa per il trattamento della peronospora del pomodoro in serra e ha concluso che una sostituzione è possibile. Ma in altri settori, come quello della vite e delle mele, soprattutto nel biologico, sostituire il rame richiederebbe transizioni costose e complesse, oltre all’adozione di nuove pratiche agronomiche.

Meno residui, più tutele per lavoratori e ambiente

Le nuove autorizzazioni emesse in Francia prevedono misure rafforzate per la protezione dei lavoratori e per limitare la contaminazione di acqua e suolo. Alcuni prodotti non sono stati autorizzati proprio perché non rispettavano i limiti di residui ammessi. Inoltre, ai produttori sarà richiesto di fornire dati aggiuntivi sui potenziali rischi per uccelli e mammiferi.

In sostanza, l’uso del rame non è stato vietato, ma è sempre più sotto osservazione, e il suo impiego dovrà essere giustificato da mancanza di valide alternative e gestione rigorosa dei rischi.

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Il paradosso del biologico: meno rame totale, ma dosi più alte per ettaro

Nel 2020, il rame era la nona sostanza attiva più venduta in Francia. Nonostante nell’agricoltura biologica si usino quantità complessive inferiori, le dosi per ettaro risultano spesso più elevate rispetto alla coltivazione convenzionale. Questo rende la sostanza particolarmente delicata in un contesto produttivo che fa della sostenibilità ambientale il proprio pilastro.

Secondo l’analisi socio-economica dell’ANSES, la totale eliminazione del rame nel breve periodo è irrealistica, e le soluzioni alternative andrebbero valutate in un’ottica sistemica, non caso per caso. Servono cioè nuovi modelli produttivi, integrati e resilienti, in grado di garantire la protezione delle colture senza danneggiare l’ambiente.

Transizione o fastidio per il bio?

La presa di posizione dell’ANSES è un segnale forte verso una progressiva uscita dall’uso del rame in agricoltura. Ma è anche un campanello d’allarme per chi, come molti produttori bio, non ha ancora strumenti praticabili per farne a meno.

Non manca chi pensa che le limitazioni siano figlie di chi punta a rendere diseconomica la pratica del biologico, per dissuadere le aziende agricole da metterla in pratica.
Il biologico, nicchia fino a qualche anno fa, ora dà sicuramente fastidio alle grandi imprese della chimica di sintesi, che vedono nella continua crescita di questa pratica agronomica riduzioni importanti del loro fatturato, che minaccia di contrarsi ulteriormente per il futuro. Una preoccupazione che non sfiora  le aziende convenzionali che all’uso dei sali di rame preferiscono ben più aggressivi antifungini sintetici.