“Dopo tanti anni di attività, con il cuore infranto vi annunciamo che stiamo chiudendo la boutique”… Iniziano così decine e decine di post sponsorizzati su facebook che offrono storie strappalacrime e liquidazioni da non perdere. Se non che…
Da qualche settimana, scorrendo i post di facebook siamo stati colti da un senso di sconforto: decine e decine di imprenditori che pubblicamente ammettono di non farcela, i loro negozi chiudono e loro, dopo decenni di “onorata attività” sentono il bisogno di dire addio ai clienti.
Si tratta di negozi di abbigliamento, scarpe e pelletteria sparsi in tutta Italia. La crisi non risparmia Roma, Firenze, Venezia, Napoli.
Ognuno di questi annunci – ne abbiamo riprodotti solo alcuni, ma i social sono pieni di post simili se non uguali – racconta storie di impegno, qualche successo e diverse sconfitte che hanno portato alla chiusura dell’attività, e invitano i clienti ad approfittare dell’occasione per acquistare gli ultimi capi prima della definitiva chiusura delle saracinesche.
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Prima di cedere al pessimismo e scrivere di una nuova crisi del settore, però, ci siamo incuriositi e abbiamo cercato i prodotti che questi “artigiani” vendono e lo abbiamo fatto con la ricerca dei prodotti sul web, tanto fossero calzature “rigorosamente fatte su misura” che capi originali e di alta moda. Le abbiamo trovate sui principali portali di vendita, non certo esclusivi come Amazon o Alibaba: non solo c’erano, identici, ma costavano di più di quelli offerti da questi negozi. Dunque offerte vere, per quanto non propriamente originali e uniche?
Abbiamo continuato a indagare e abbiamo cercato qualche numero di telefono delle tante attività che sembrano fare questi toccanti (e invitanti) annunci: nei siti neppure un telefono, non solo da nessuna parte compare una partita Iva o un codice fiscale, elementi che sono obbligatori per legge sui siti di ecommerce.
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A questo punto il dubbio che tutto, dalla storia strappalacrime raccontata all’offerta di prodotti scontati, sia un grande inganno è diventato pià che fondato. E assieme a questo il sospetto che si tratti di un modo per truffare i consumatori, spingendoli ad acquistare prodotti che non arriveranno mai. Specie perché i prezzi sono sempre abbastanza bassi, cifre di fronte alle quali molti consumatori agiscono d’impulso e senza andare a fare troppe verifiche. Magari attratti dall’affare o sedotti dal racconto – lo confessiamo, scritto molto bene, assai lontano da quelle truffe in italiano incerto di qualche anno fa – che, siamo pronti a scommettere, è stato creato con un uso raffinato dell’intelligenza artificiale.
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PS Molti di questi annunci hanno commenti e in tutti i casi si tratta di commenti che i pazienti operatori del web o i loro sistemi oscurano con impressionante rapidità, anche se appaiono conteggiati nel post. E anche in casi come questi è più che lecito pensare che si tratti di un campanello di allarme e valga la pena diffidare.
PPS Tutti gli annunci di questo tipo che abbiamo trovato sono sponsorizzati, ossia la società che li inserisce paga perché appaiano a un pubblico selezionato. Se qualcuno si è chiesto fino a questo punto dell’articolo perché Facebook non li abbia ancora rimossi, beh, la risposta adesso è evidente. Il fact checking che Zuckerberg ora vuole abbandonre, evidentemente, non è mai esistito per chi investe sulla sua piattaforma.