Dopo l’allarme lanciato della Iarc del 2015 (esiste un legame tra il consumo eccessivo di carne rossa lavorata e l’insorgenza di alcuni tumori tra i quali quello colonrettale) un nuovo studio realizzato dal National Cancer Institute di Bethesda (Usa), al quale l’autorevole British Medical Journal ha dedicato la copertina, sembrerebbe confermare un rapporto causa-effetto: consumi eccessivi di carne rossa risulterebbero collegati a un tasso di mortalità complessivamente più elevato dovuto a tumori, malattie cardiache e respiratorie, ictus, diabete, infezioni, demenza di Alzheimer, patologie renali ed epatiche croniche.
Sotto accusa il ferro, nitrati e nitriti
Lo studio si base su un’indagine epidemiologica e gli esperti del National Cancer Institute hanno passato in rassegna i dati già raccolti per una precedente indagine di popolazione, condotta osservando oltre 530mila adulti statunitensi (50-71 anni). Basandosi sui questionari alimentari da loro compilati, hanno stimato i consumi di carni rosse, bianche e trasformate: oltre che di singoli micronutrienti (ferro) e additivi (nitriti e nitrati). I dati non hanno lasciato dubbi: al crescere dei consumi di carne rossa, aumentava il numero dei decessi. Una relazione lineare che il gruppo di scienziati statunitensi ha osservato suddividendo il campione di persone osservate in cinque fasce: a seconda del quantitativo di carne consumata settimanalmente.
Oltre al ferro e ai conservanti la mortalità oncologica potrebbe aumentare anche dallo sviluppo di composti cancerogeni che si sviluppano in cottura.
Carne bianca, rischio ridotto
Secondo lo studio infine i tassi di mortalità sono risultati inferiori tra i consumatori abituali di carni bianche (pollo, tacchino, coniglio, maiale) e pesce. Ragion per cui, al di là delle ansie e paure, occorre variare e bilanciare la dieta settimanale.