Pur essendo poco conosciuto, l’allevamento di quaglie per la produzione di uova e carne coinvolge in Italia un numero di animali tutt’altro che irrisorio e costretti a vivere in pessime condizioni come ha dimostrato l’ultima indagine di Essere Animali e diffusa dalla coalizione italiana End the Cage AgeÂ
L’ultima investigazione del team di Essere Animali si è concentrata sugli allevamenti di quaglie: in particolare documenta le condizioni di due capannoni in Lombardia e Veneto, le regioni italiane con il maggior numero di allevamenti di questa specie, fornendo un quadro sconvolgente. (continua dopo il video)
Dalle immagini raccolte emerge che gli animali sono allevati all’interno di capannoni, rinchiusi in gabbie spoglie e prive di qualunque arricchimento ambientale, delle dimensioni di circa 1 metro di lunghezza per 0,5 metri di larghezza, disposte in serie una a fianco all’altra e su più piani. All’interno di ciascuna gabbia sono ammassate circa 50 quaglie che, una volta raggiunta la maturità sessuale, risultano avere a disposizione ognuna una superficie di soli 100 cmq, ovvero uno spazio di 10 cm x 10 cm. Una condizione che ricorda quella dell’allevamento in gabbia delle galline ovaiole, che oggi – per fortuna – è quasi del tutto scomparso.
In tali condizioni, gli animali non possono in alcun modo muoversi liberamente e soddisfare le proprie esigenze comportamentali come correre, volare, esplorare e razzolare. Inoltre, densità elevate impediscono agli animali più deboli di trovare riparo da animali più aggressivi, provocando un aumento degli episodi di aggressività , la cui causa è da ricercare anche nella totale assenza di arricchimenti ambientali, come ad esempio un substrato dove razzolare e becchettare o in cui fare i bagni di sabbia. Le quaglie manifestano il loro disagio beccandosi o strappandosi a vicenda le penne.
Le immagini dell’investigazione mostrano un elevato numero di quaglie prive di parte del piumaggio e alcuni animali agonizzanti o morti all’interno delle gabbie. Inoltre, ogni volta che sono spaventate, ad esempio all’entrata del personale in allevamento, le quaglie tentano di fuggire e istintivamente spiccano il volo, colpendo con la testa il piano superiore delle gabbie, la cui altezza è di soli 20 cm, e rischiando di ferirsi gravemente.
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Un’ulteriore problematica è causata dalla pavimentazione in rete metallica delle gabbie, che può causare agli animali malformazioni e ferite alle zampe, aumentando così il rischio di infezioni e malattie, ma anche essere una trappola mortale per i pulcini, che possono rimanere incastrati con le zampe nelle maglie della rete.
Attualmente non esiste una legislazione specie-specifica che tuteli le quaglie allevate per la produzione di uova o carne nell’Unione europea. Le quaglie allevate per la produzione di uova trascorrono tutti gli 8 mesi della loro vita in gabbia, mentre quelle allevate per la carne sono macellate a 5-6 settimane di vita. Le cose potrebbero cambiare: lo scorso 30 giugno 2021, la Commissione europea si è impegnata a vietare definitivamente l’uso delle gabbie negli allevamenti entro il 2027. Entro il 2023 verrà presentata una proposta legislativa per avviare la transizione e la graduale dismissione. Un risultato straordinario ottenuto grazie ai 1,4 milioni di persone che hanno firmato l’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) End the Cage Age, la prima riguardante le condizioni degli animali negli allevamenti intensivi a raggiungere questo obiettivo.