Diesel sporchi, prodotti da noi, nella civilissima Europa, e spediti in Africa. La denuncia, circostanziata e molto attendibile, viene da Public Eye, Ong svizzera che ha lanciato un rapporto che mostra che i combustibili puliti vengono mescolati con carburanti sporchi e altre sostanze tossiche nei porti europei per l’esportazione verso l’Africa. Lo chiamano “blending” – ed è un mix di prodotti sporchi con altri più puliti per ottenere carburante che rispetti le “specifiche africane”. E a finire sotto la lente di Public Eye sono tre big dei carburanti: Vitol, Trafigura e Addax & Oryx.
Come avvelenano l’Africa
Non un problema da nulla, visto il tasso di motorizzazione delle città africane, il più alto nel mondo e che combustibili sporchi e veicoli vecchi emettono fino a 100 volte più dei limiti che di emissione fissati in Europa. Spiega l’Ong: “Secondo un recente studio dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), l’Africa è vittima del più elevato aumento di inquinamento dell’aria nelle zone urbane a livello mondiale. Le proiezioni del Consiglio Internazionale per un Traffico Pulito (ICCT) – Ong nata in seguito allo scandalo Volkswagen – prevedono che l’inquinamento dell’aria legato al traffico stradale causerà, entro la fine del 2030, tre volte più decessi prematuri in Africa che in Europa, Stati Uniti e Giappone messi insieme. Le malattie respiratorie rappresentano già un grande problema in questa regione ed i gas di scarico sono classificati come cancerogeni dall’Oms”
Public Eye trovato che sostanze altamente inquinanti, come il benzene, sono aggiunti nei combustibili prima che questi vengano esportati in Africa.
Un altro aspetto preoccupante è il livello di zolfo nei combustibili. Nella maggior parte dei paesi sviluppati, il livello di zolfo nel gasolio è di circa 10-15 parti per milione, ma nei porti di Amsterdam, Anversa e Rotterdam, gli operatori producono gasolio che, quando è pronto per l’esportazione verso l’Africa, può arrivare a un tenore di zolfo anche di 10.000 parti per milione.
I combustibili diesel spediti in Nigeria e nei paesi vicini, ad esempio, hanno 3.000 parti per milione di zolfo. Anche se questo non è illegale, per gli standard di quei paesi assai più limitati dei nostri, per l’Ong svizzera certamente non è etico o accettabile.
Il business delle auto “sporche”
Ma non sono solo i combustibili sporchi a finire in Africa. Anche auto usate di tutti i tipi e di ogni età e qualità vengono esportate senza alcun rispetto per le emissioni. Con un giro di affari milionario.
In Uganda, l’età media dei veicoli importati è 16,5 anni. Questi veicoli possono poi essere guidati per altri 20 anni. Meno dell’uno per cento dei veicoli importati in Kenya sono nuovi, l’altro 99 per cento sono usati.
Con poche eccezioni, i paesi africani importano più auto usate che nuove. Molte vengono dal Giappone e dall’Europa. Auto che rischiano di fallire i severi test ambientali del Giappone prendono la via dell’Africa.
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Responsabilità dell’Occidente
Rob de Jong, a capo dell’Unità sviluppo urbano delle Nazioni Unite ha scritto, commentando l’inchiesta di Public Eye: “Molti sostengono che è responsabilità dei 100 paesi che ancora non hanno standard stringenti su combustibili e veicoli per proteggere la salute dei loro cittadini. Mi permetto di dissentire. È responsabilità di entrambi, importatori ed esportatori. Mentre continuiamo a introdurre e affinare le norme nei paesi africani, abbiamo anche bisogno di limitare l’azione da parte degli esportatori principalmente occidentali di combustibili sporchi e veicoli. Abbiamo bisogno che Occidente e Africa trovino un accordo per salvare vite umane, e finalmente capiscano che l’era del dumping ambientale è finita”.