Bari, maxi sequestro di piatti e pellicole: allarme sulla plastica fuori controllo

FALSO EXTRAVERGINE NAS PLASTICA

Il blitz dei Nas di Bari scopre 400mila articoli per alimenti in plastica senza tracciabilità. Un mercato milionario e pericoloso che fa tornare in mente l’inchiesta del Salvagente sui Pfas nelle stoviglie compostabili usate nelle mense scolastiche.

Un sequestro da 400mila articoli — piatti, pellicole, buste in plastica — privo di etichettatura, dichiarazioni di conformità e tracciabilità. È l’ennesima operazione del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità (NAS) di Bari che torna a puntare i riflettori su un settore ancora troppo esposto a irregolarità e rischi per la salute pubblica.

Il blitz dei Nas e un mercato da milioni di euro

Durante un controllo in una rivendita all’ingrosso della provincia barese, i militari hanno scoperto migliaia di materiali destinati al contatto con alimenti privi dei requisiti previsti dal regolamento europeo sui MOCA (Materiali e Oggetti a Contatto con Alimenti).
Il valore commerciale stimato, se immessi sul mercato, avrebbe superato i 200 mila euro. Il titolare dell’attività è stato sanzionato per 20mila euro e segnalato alle autorità competenti.

Secondo i dati diffusi dai Carabinieri, nell’ultimo anno solo in Puglia sono stati sequestrati oltre 11 milioni di articoli irregolari, per un valore di circa 5 milioni di euro.
Un dato che, come sottolinea Assobioplastiche, rappresenta “un ulteriore campanello d’allarme sulla portata delle irregolarità nel mercato degli articoli destinati al contatto con gli alimenti”. Il presidente Luca Bianconi ha voluto ringraziare i Nas “per la vigilanza continua che tutela i consumatori e le imprese che operano correttamente”.

MOCA, un settore sotto osservazione

Dietro sigle tecniche e materiali apparentemente innocui si nasconde un nodo cruciale della sicurezza alimentare: i MOCA, ossia tutti quei prodotti — dai piatti monouso alle pellicole, dai bicchieri ai contenitori — che entrano in contatto diretto con il cibo.

Quando non conformi, questi materiali possono rilasciare sostanze indesiderate, come plastificanti o composti chimici persistenti, con potenziali effetti tossici o cumulativi sull’organismo. E l’assenza di etichette e certificazioni, come emerso nell’operazione di Bari, rende impossibile ricostruirne la provenienza o verificarne la sicurezza.

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Dalle mense alle tavole: l’inchiesta del Salvagente

Già nel 2021 Il Salvagente aveva documentato un altro fronte critico in questo settore, testando stoviglie compostabili usate nelle mense scolastiche. Le analisi condotte dall’Istituto nazionale di fisica nucleare rivelarono livelli elevati di fluoro — fino a 2.030 ppm — indicativi della presenza di Pfas, sostanze perfluoroalchiliche note per la loro persistenza ambientale e tossicità.

Come spiegò allora il docente di Chimica degli alimenti Alberto Ritieni, tali concentrazioni erano “difficili da ritenere accidentali” e probabilmente legate all’uso di rivestimenti chimici per rendere i piatti resistenti ai liquidi e ai grassi caldi.
Un paradosso: prodotti venduti come “ecologici” e “compostabili” che, di fatto, possono contenere sostanze altamente persistenti e incompatibili con la biodegradabilità dichiarata.

La salute e l’ambiente a rischio

Le preoccupazioni non si fermano alla salute umana. Come ricordava allora il ricercatore Massimo Chiari dell’Infn, “questi materiali finiscono nel compost e quindi nei terreni, rischiando di reintrodurre sostanze nocive nella catena alimentare”.

Un ciclo che, dai piatti delle mense alle coltivazioni agricole, potrebbe rivelarsi tutt’altro che sostenibile.
Eppure, a differenza della Danimarca, che ha vietato i Pfas negli imballaggi alimentari, l’Italia non ha ancora introdotto un divieto analogo, lasciando ampi margini di incertezza nel controllo dei materiali a contatto con il cibo.