Nitrati nell’acqua: nessun livello è sicuro per nascituri e neonati, nuovo studio dagli Usa

Un nuovo studio lancia l’allarme: anche concentrazioni minime di nitrati nell’acqua potabile, molto al di sotto delle soglie considerate “sicure” dalle autorità, possono aumentare il rischio di parto prematuro e di basso peso alla nascita.

Secondo la ricerca, condotta su oltre 350mila nascite in Iowa tra il 1970 e il 1988, e pubblicato su PLOS Water esposizioni a soli 0,1 milligrammi per litro – appena l’1% del limite fissato dall’Epa (Environmental Protection Agency statunitense) – erano già associate a un incremento significativo del rischio di bambini troppo piccoli o nati prima del termine.

Prematurità e basso peso: i principali killer infantili

Il basso peso alla nascita e la prematurità sono la prima causa di morte nei neonati e nei bambini sotto i 5 anni. Inoltre, chi nasce prematuro o sottopeso ha più probabilità di sviluppare problemi neurologici (come la paralisi cerebrale), oltre ad aumentare il rischio di obesità e diabete in età adulta.

“Nessun livello di nitrati nell’acqua potabile sembra sicuro durante la gravidanza”, ha dichiarato Jason Semprini, autore principale dello studio e docente di economia sanitaria alla Des Moines University.

I limiti: il confronto tra Europa e Stati uniti

Negli Stati Uniti, il limite fissato dall’Epa risale al 1992 e corrisponde a 10 mg/L di nitrati nell’acqua potabile. Questa soglia era stata pensata principalmente per prevenire la metemoglobinemia, la cosiddetta “sindrome del bambino blu”, che impedisce al sangue di trasportare ossigeno.

In Europa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) considera i nitrati una fonte di rischio ancora più delicata nei primi anni di vita. E generalmente raccomanda di non superare i 5 mg/l. Non solo.

  • Per i neonati fino a 3 mesi, l’Efsa ha stimato una Dose giornaliera accettabile (DGA) di 0,07 mg per kg di peso corporeo al giorno per i nitriti (i nitrati vengono convertiti in nitriti nell’organismo).

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  • Per i nitrati, il limite di assunzione tollerabile è fissato a 3,7 mg/kg peso corporeo al giorno.

Tradotto in numeri: un neonato di 5 kg non dovrebbe superare i 18,5 mg di nitrati al giorno, soglia che può essere superata facilmente se l’acqua utilizzata per preparare il latte artificiale è contaminata.

L’esposizione più pericolosa è all’inizio della gravidanza

Lo studio americano ha evidenziato come il momento critico sia la fase immediatamente successiva al concepimento, quando il feto è più vulnerabile. Non sono stati invece riscontrati effetti negativi per esposizioni risalenti a più di tre mesi prima della gravidanza.

In Iowa, i livelli medi di nitrati nell’acqua pubblica hanno raggiunto 4,2 mg/L, con un incremento annuo dell’8%. Oltre l’80% dei neonati esaminati era stato esposto a qualche livello di nitrati, e 1 su 10 a concentrazioni superiori al limite federale.

I dati principali dello studio

  • Oltre 0,1 mg/L: +9% di rischio di parto prematuro.

  • Oltre 5 mg/L: incremento del rischio di basso peso alla nascita.

  • Le gravidanze esposte mostravano durate leggermente inferiori (0,25-0,5 giorni).

  • Anche sopra il limite dell’Epa (10 mg/L) non si registravano effetti più gravi, segno che la soglia attuale non è realmente protettiva.

Un problema agricolo che diventa sanitario

Il nitrato finisce nell’acqua soprattutto attraverso i fertilizzanti chimici e i reflui zootecnici. La contaminazione delle falde, già diffusa nelle aree agricole, riguarda oggi anche grandi città come Los Angeles o Chicago. In Italia e in Europa la situazione non è diversa: da anni l’Ue segnala come i nitrati siano tra gli inquinanti più comuni nelle acque sotterranee.

Già osservando la tabella che riportiamo qui sotto, elaborata sulla base dei dati dei principali acquedotti italiani dal Salvagente un anno fa, si vede come la situazione sia estremamente differente tra una città e l’altra della nostra penisola.

Lo studio americano rafforza quindi le richieste di scienziati e associazioni ambientaliste: abbassare i limiti, aumentare i controlli, rendere trasparenti i dati e soprattutto ridurre le pratiche agricole che contribuiscono alla contaminazione.

Perché, come conclude Semprini, “non si tratta solo di regole ambientali, ma della salute delle madri e dei bambini. Senza aggiornare gli standard ai dati scientifici più recenti, rischiamo di danneggiare in silenzio migliaia di gravidanze ogni anno”.