Iss: “Peggiora la dieta degli italiani, aumentano i cibi ultraprocessati”

CIBI ULTRAPROCESSATI

Negli ultimi 15 anni è peggiorato il nostro stilie alimentare: ormai il 23% dell’apporto energetico giornaliero viene da cibi ultraprocessati. Le donne anziane hanno diete più salutari. La ricerca dell’Istituto superiore di sanità

Dimentichiamo la dieta mediterranea e la salute che comincia sulla tavola tricolore. Negli ultimi 15 anni si registra “un graduale declino della qualità delle diete italiane, riflesso principalmente nel crescente consumo di cibi ultraprocessati“.

Questa impietosa fotografia è stata scattata dall’Iss, l’Istituto superiore di sanità, attraverso uno studio “The 15-year trend in adherence to dietary recommendations and ultra-processed food consumption in Italy” pubblicata sulla rivista scientifica Frontieres in nutrition e coordinata da Laura Rossi, direttrice del Reparto Alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto.

I risultati mostrano come i cibi ultraprocessati rappresentino il 6% del consumo alimentare totale in peso nel biennio 2018-2020, ma contribuivano al 23% dell’apporto energetico totale. Nonostante “un aumento solo modesto del loro consumo in peso, la loro percentuale di apporto energetico è quasi raddoppiata rispetto al 2005-2006”. Tradotto: in 15 anni di osservazione gli esperti dell’Iss osservano come i cibi ultraprocessati coprano quasi un quarto delle calorie giornaliere apportate con gli alimenti. E questo perché questi cibi sono molto grassi, molto salati e altrettanto zuccherato.

Lo studio ha preso in esame la dieta alimentare di un campione di 2.313 adulti e 290 anziani nel biennio 2005-2006 e di 726 adulti e 156 anziani nel successivo biennio 2018-2020. Nell’arco temporale confrontato (15 anni), è emerso che gli anziani, in particolare le donne, hanno mostrato abitudini alimentari più sane, rispetto agli adulti e agli uomini.

Sotto accusa un eccesso di consumi di alimenti di origine animale, in particolare la carne rossa e i salumi, scarso consumo di alimenti vegetali, e abbondanza di snack dolci e salati, bevande zuccherate e alcol.

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“Questo studio – si legge nelle conclusioni – rivela un graduale declino della qualità delle diete italiane nel tempo, riflesso principalmente nel crescente consumo di Upf (Ultra processed food, ndr) e nei distinti modelli demografici. Sebbene l’aderenza complessiva alle raccomandazioni dietetiche appaia relativamente stabile, ciò potrebbe in parte riflettere il fatto che le attuali linee guida non distinguono esplicitamente tra Upf e alimenti minimamente trasformati, un aspetto con importanti implicazioni per la salute pubblica”.