West Nile: cos’è, come si trasmette e quali sono i sintomi

zanzare

Si intensifica l’allerta sulla West Nile, la febbre provocata dal virus West Nile, trasmessa dalle punture di zanzare. Ieri è avvenuto il secondo decesso e i casi di infezioni si concentrano nel Lazio in provincia di Latina. Ecco come riconoscere i sintomi e come prevenirla

L’estate scorsa era l’anno della Dengue, quest’anno si parla di West Nile. La notizia di ieri è che c’è stato il secondo decesso, legato al virus West Nile. Entrambi sono avvenuti nel Lazio: il primo, una donna di 82 anni di Fondi, in provincia di Latina; il secondo, un uomo di 77 anni morto ieri mattina allo Spallanzani di Roma, ma residente anch’egli in provincia di Latina, dove si concentra un focolaio con la maggior parte dei casi registrati in Italia. Al 23 luglio erano 32 i casi di infezione confermati in Italia dall’inizio dell’anno, secondo il bollettino di aggiornamento rilasciato dall’Iss. Ventuno di questi sono stati segnalati dalla Regione Lazio, tutti in provincia di Latina (di cui 15 con sintomi neuro-invasivi). Nella scorsa stagione, il bollettino del 25 luglio 2024, riportava 13 casi e nessun decesso.
Gli epidemiologi considerano il virus West Nile non più un’emergenza episodica, ma una presenza ormai stabile nei mesi caldi. Una minaccia con cui dobbiamo imparare a convivere, investendo nella prevenzione e nel rafforzamento della sorveglianza.
L’Istituto superiore di sanità diffonde un vademecum con le informazioni principali sulla West Nile

Cos’è e come si trasmette

La febbre West Nile è provocata dal virus West Nile, della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nel distretto West Nile, da cui prende il nome. Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America. I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus infetta anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.

Incubazione, sintomi e diagnosi

Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.
La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.
I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.

La diagnosi viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale.

Cosa fare per prevenirla

Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare. Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:

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  • usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto,
  • usando delle zanzariere alle finestre,
  • svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante,
  • cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali,
  • tenendo le piscinette per i bambini in posizione verticale quando non sono usate.

Terapia e trattamento

Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita.

Che evoluzione avrà il virus?

Sebbene quest’anno i casi di infezione siano più del doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, i focolai sono più attivi in alcune zone al Centro-Sud (provincia di Latina, Anzio/Nettuno, provincia di Caserta) rispetto alla Pianura Padana. Le serie storiche degli ultimi anni mostrano un aumento dei casi in agosto e poi una tendenza alla diminuzione già a partire da settembre. Intanto bisogna monitorare anche l’attività di gabbiani e cornacchie che, soprattutto nei centri abitati, potrebbero influire sulla curva epidemiologica.