Biossido di titanio in farmaci e cosmetici: l’inerzia di Bruxelles minaccia la salute pubblica

Nonostante il divieto negli alimenti dal 2022 e l’impegno a pronunciarsi entro febbraio 2025 sul suo impiego nei farmaci, la Commissione Ue tace. L’associazione Avicenn e una paziente affetta da morbo di Crohn annunciano un possibile ricorso. Intanto, la sostanza è ancora presente in farmaci e ì dentifrici, come dimostra il nostro test.

Il biossido di titanio (TiO₂) è da tempo al centro dell’attenzione scientifica e istituzionale. Vietato come additivo alimentare nell’Unione europea dal 2022 perché potenzialmente cancerogeno, genotossico e interferente endocrino, continua tuttavia a essere ampiamente impiegato nei farmaci come semplice colorante. Un paradosso che sta suscitando sempre più critiche da parte della società civile e del mondo scientifico.

Nel momento in cui ha decretato lo stop alla sostanza negli alimenti, Bruxelles aveva promesso di decidere entro tre anni (quindi al massimo entro il 7 febbraio 2025) sul suo utilizzo nei farmaci. In quell’occasione, la Commissione aveva incoraggiato l’industria farmaceutica a trovare alternative, precisando che l’uso del TiO₂ sarebbe stato giustificabile solo per “motivi oggettivi e verificabili legati all’impossibilità di sostituirlo”.

Ma a oggi nessuna decisione è stata presa, nonostante la scadenza sia ormai superata da mesi. Per questo motivo, l’organizzazione francese indipendente Avicenn, da anni attiva sul fronte della sorveglianza sulle nanoparticelle, ha deciso di interpellare formalmente la Commissione europea, insieme a una paziente affetta da morbo di Crohn. In assenza di risposta entro due mesi, è stato annunciato un ricorso per carenza contro Bruxelles.

Un rischio concreto per milioni di pazienti

La preoccupazione cresce se si considerano i dati scientifici più recenti. Uno studio condotto da ricercatrici dell’Inserm (Istituto nazionale francese di sanità e ricerca medica) e del Centro internazionale di ricerca sul cancro (Circ) ha rilevato che il diossido di titanio è presente nel 95% delle capsule e nella maggior parte dei compresse commercializzate in Europa.

Tuttavia, si tratta di un colorante senza alcuna funzione terapeutica, utilizzato esclusivamente per motivi estetici. È quindi comprensibile che molti pazienti – in particolare i malati cronici, che spesso assumono più farmaci contemporaneamente – siano sempre meno disposti ad accettare il rischio di effetti nocivi legati a una sostanza non essenziale.

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Secondo Avicenn, la Commissione è paralizzata da pressioni politiche ed economiche, in particolare da parte delle lobby farmaceutiche, che da anni chiedono proroghe. Nel 2021 parlavano di 7-12 anni per trovare sostituti. E nel 2024, incredibilmente, parlavano ancora degli stessi tempi.

Il caso dei dentifrici: anche lì il TiO₂ è sotto accusa

La questione del TiO₂ non riguarda solo alimenti e farmaci. In un’inchiesta pubblicata da Il

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Salvagente il 30 maggio 2025, è emerso che 13 su 20 dentifrici testati contenevano ancora diossido di titanio, in molti casi anche sotto forma di nanoparticelle. Questi prodotti erano destinati anche ai bambini, nonostante il principio di precauzione dovrebbe indurre a evitarne del tutto l’uso.

L’indagine ha fatto luce su una grave assenza di trasparenza da parte dei produttori, che spesso non indicano la presenza di TiO₂ in etichetta, in violazione delle direttive europee in materia di informazione al consumatore. Inoltre, i dentifrici non sono soggetti agli stessi controlli rigorosi dei farmaci, il che rende ancora più urgente un intervento regolatorio.

Questo test si collega strettamente alla battaglia portata avanti da Avicenn e dai pazienti: non ha senso vietare una sostanza in un settore e permetterne l’uso in altri, soprattutto quando si tratta di prodotti destinati all’ingestione o all’uso quotidiano.

L’Europa sotto esame: serve coerenza e coraggio

Mentre alcuni Stati membri e organizzazioni civili chiedono una normativa più armonizzata, la Commissione europea continua a rimandare una decisione che potrebbe avere importanti ricadute in termini di tutela della salute pubblica.

La logica suggerirebbe di uniformare il divieto del diossido di titanio a tutti i prodotti ingeribili e, possibilmente, anche ai cosmetici. Ma per farlo, l’Europa deve resistere alle pressioni delle lobby e porre al centro l’interesse dei cittadini.

Nel frattempo, resta fondamentale il ruolo dell’informazione indipendente e delle associazioni come Avicenn – e anche della stampa specializzata, come Il Salvagente – per monitorare, denunciare e chiedere conto delle scelte (o delle omissioni) delle istituzioni.