Olio extravergine d’oliva, troppi contaminanti e Moah: bocciati gli italiani Carapelli e Monini

OLIO TEST EXTRAVERGINE

Troppi ftalati tossici e idrocarburi pericolosi nell’olio extravergine d’oliva. È il risultato dell’ultimo test condotto dalla rivista francese 60 Millions de consommateurs su 22 bottiglie acquistate nei supermercati

Troppi ftalati tossici e idrocarburi pericolosi nell’olio extravergine d’oliva. È il risultato piuttosto allarmante dell’ultimo test condotto dalla rivista francese 60 Millions de consommateurs che ha portato in laboratorio 22 bottiglie di olio extravergine d’oliva, convenzionali e biologici, venduti per nei supermercati (tranne un olio francese “premium”). Nessuna di queste bottiglie è risultata pulita da contaminanti. Tutte contengono da uno a tre ftalati o plastificanti, noti per i loro effetti da interferenti endocrini, che migrano da serbatoi, tubazioni o attrezzature.

Troppi contaminanti e Moah: bocciati gli oli italiani Carapelli e Monini

Uno dei più presenti è il Deht (di-etilesil tereftalato), un nuovo plastificante utilizzato in sostituzione dei ftalati che, nonostante ci siano ancora pochi dati sulla sua tossicità e sui suoi effetti sulla salute, è già stato classificato come tossico e reprotossico dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche. Tra quelli che presentano i livelli più alti di Deht c’è l’olio italiano Carapelli che ne contiene 4,8 mg/kg. L’unica bottiglia con un solo plastificante è quella dell’olio francese Puget che ne contiene in una quantità minima (0,2 mg/kg). Anche se i livelli di questa sostanza sono inferiori rispetto al passato, quando si raggiungevano fino a 20-30 mg/kg, il problema persiste.
Un altro rischio per la nostra salute è rappresentato dagli oli minerali, i famosi Mosh e Moah, idrocarburi derivati del petrolio che sono pericolosi per il fegato (Mosh) e cancerogeni (Moah). Tutti gli oli ne contengono almeno uno. I più preoccupanti sono i Moah, che dal 1° gennaio 2027 avranno un limite massimo in Europa (per ora la soglia di 2 mg/kg è solo raccomandata). Gli italiani Carapelli e Monini, insieme al Carrefour bio e oll’olio Eco+, superano questa soglia (addirittura Eco+ ne ha 10 mg/kg, ben cinque volte il limite raccomandato). Tra i prodotti che sono privi di Moah c’è il Costa d’Oro invece ne sono privi. Secondo gli esperti, la contaminazione può avvenire durante le fasi di raccolta, spremitura o trasporto e, sebbene ancora non ci sia una soglia limite, è già possibile chiedere il ritiro dei prodotti troppo contaminati.

Difetti sensoriali e segni di ossidazione 

Rispetto alle caratteristiche sensoriali, che sono state valutate da un panel, ben sette prodotti hanno registrato dei difetti: rancido per Émile Noël, Cauvin, Tramier; muffa/umidità/terra per Lesieur, Terra Delyssa ed Eco+; fermentazione per Primadonna, forse dovuta a olive mal conservate. La maggior parte degli altri prodotti risultano avere un “fruttato medio” (3-6/10).
Un altro criterio fondamentale per giudicare la bontà di un olio è il suo indice di ossidazione che  è legato a olive di scarsa qualità o alla cattiva conservazione. Si misura con il livello di acidità oleica, che nei campioni testati è sempre sotto il limite di 0,8%. Tuttavia, alcuni oli mostrano segni di ossidazione, come Tramier, Émile Noël, Monoprix e Cauvin, con valori vicini alla metà del limite (20 mEq O₂/kg). L’olio Carapelli bio si avvicina ai limiti massimi anche nei test UV.

Delusioni sull’igiene dell’olio

Rispetto al test precedente, di giugno 2023, è migliorata la qualità sensoriale, ma ci sono delusioni sull’igiene. 60 Millions de consommateurs ricorda che l’olio extravergine è soggetto a numerose frodi e nel primo trimestre 2024 sono state rilevate ben 50 infrazioni (etichette false, norme violate, origini falsificate, diluizione con altri oli) ai confini Ue.
Rispetto alla quantità di acido oleico, si segnalano tassi variabili in base all’origine e alla varietà dell’oliva. Se prendiamo, la chemlali, una varietà tipica della Tunisia, contiene una maggiore quantità di acidi grassi saturi, da limitare a causa del loro impatto negativo sulle arterie. Si ritrovano in quantità elevate (fino al 20%) in alcuni oli d’oliva di origine “Ue/non Ue”, come quelli dei marchi Cauvin e Tramier, e Terra Delyssa (100% Tunisia). Al contrario, la Vigean è quella con il minor contenuto di acidi grassi saturi del test (14,8%).
Per quanto riguarda gli acidi grassi trans, noti per aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, la loro proporzione totale non supera mai lo 0,05%, quindi ben al di sotto della soglia massima autorizzata del 2%.
Il laboratorio è andato anche alla ricerca di due steroli specifici (uvaolo ed eritrodiolo) che permettono di sapere, in base alla loro percentuale, se c’è stato un miscuglio con olio di sansa, che viene estratto dai residui solidi delle olive mediante solvente. Fortunatamente questi due steroli non sono stati trovati in nessun olio. Anche i fitosteroli (molecole naturali dell’olio) aiutano a identificare eventuali miscele con oli di sansa d’oliva, estratti da residui solidi con solventi. Nessuno degli oli testati è risultato alterato.

Conclusione

Questa indagine dimostra ancora una volta che molti produttori non garantiscono una qualità costante lungo tutta la filiera. La presenza crescente di contaminanti solleva dubbi sulla loro vigilanza. Inoltre, c’è sicuramente un tema di prezzi, visto che i prodotti testati dalla rivista francese arrivano a costare anche 60 euro a litro e, comunque, non scendono sotto i 10 euro. Secondo gli ultimi dati di NielsenIQ, tra febbraio 2024 e febbraio 2025, l’inflazione sull’olio d’oliva è stata dell’11,29%, addirittura oltre il 33% sui prodotti più economici. La causa principale? I prolungati episodi di siccità che hanno drasticamente ridotto la produzione mondiale, in particolare in Spagna, che è il primo paese esportatore al mondo. I prezzi dovrebbero cominciare a scendere durante la primavera, una volta esaurite le scorte del 2024.

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