Unione italiana food tranquillizza sul miele ma dimentica le api

MIELE

Una lettera del presidente del Gruppo Miele dell’Unione italiana food sottolinea la sicurezza dei prodotti sul fronte pesticidi (e non solo). Neppure una parola, però, sul fatto che siano stati rintracciati neonicotinoidi, le molecole che uccidono le api

“Gentilissimo Direttore,

Le scrivo in merito al test effettuato sul miele Millefiori e al relativo articolo dal titolo “Dolce inganno” pubblicato sul numero di marzo a firma di Enrico Cinotti, nel quale si espongono i risultati ottenuti dell’indagine sulla qualità, in termini di freschezza del prodotto, origine geografica e contaminazione da pesticidi, di 14 mieli millefiori prelevati al banco delle più importanti catene della GDO italiana”.

Inizia così la lettera che ha voluto inviarci Raffaele Terruzzi il presidente del Gruppo Miele e altri prodotti dell’alveare di Unione Italiana Food che, “con l’obiettivo di garantire una corretta informazione nei confronti del consumatore e restituirgli una visione quanto più autentica e veritiera in merito all’impegno delle aziende italiane in materia di sicurezza alimentare”, ha ritenuto di fornire chiarimenti “al fine di riequilibrare alcuni messaggi”.
Sulle quantità di pesticidi trovati nelle nostre analisi, dato che come abbiamo scritto nel servizio, si tratta sempre di tenori ampiamente sotto i limiti di legge il presidente evidenzia “l’inopportunità di allarmare il consumatore, enfatizzando accanto ai marchi dei prodotti la presenza di tracce di pesticidi, sapendo che i livelli di concentrazione riportati nell’articolo, sia per le sostanze riscontrate a valori superiori al LOQ che a livello di tracce, si devono ricondurre a contaminazione ambientale accidentale, causata dall’impiego di tali prodotti in agricoltura e quindi indipendente dalla volontà dell’apicoltore e/o del confezionatore di miele”.
Anche sull’Hmf, l’analisi sulla freschezza che abbiamo condotto, la precisazione è dello stesso tenore: “Premesso che l’HMF non è un parametro di sicurezza alimentare e che l’eventuale superamento dei valori di HMF non comporta alcun un pericolo per la salute umana (basti considerare che altri prodotti alimentari sono normalmente commercializzati con tenori di HMF anche più alti di quelli ammessi per il miele), condividiamo la posizione espressa dalla nostra associata Casentinese. Spesso la formazione di elevati livelli di HMF avviene, infatti, durante la fase di commercializzazione del miele, che non rientra nel perimetro della responsabilità legale del confezionatore, in condizioni di mantenimento del prodotto peraltro a lui sconosciute”.

Il dottor Terruzzi ci invia anche una relazione del dottor Giancarlo Quaglia, massimo esperto di miele e prodotti dell’alveare, chimico analitico e direttore del laboratorio Floramo/Lifeanalytics, nonché  membro di importanti commissioni tecniche sul miele.  Al di là dell’autorevolezza della fonte (chi volesse leggere il suo apporto integrale lo trova qui), il tema è sempre lo stesso “si può ragionevolmente asserire che i mieli oggetto di indagine non presentano irregolarità legislative e quindi nessun rischio per la salute dei consumatori”.

Dunque a parte la comprensibile non condivisione delle tabelle del Salvagente (che detto per inciso da sempre riportano esattamente quello che emerge dai laboratori a cui affidiamo le analisi) si ripercorre quanto i nostri lettori avevano avuto modo di leggere ampiamente nel servizio di Enrico Cinotti.

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Quello che incomprensibilmente manca, invece, è anche una sola parola sui neonicotinoidi trovati nel miele, italiano e non. E usiamo l’avverbio incomprensibilmente perché, per quanto non sia nello statuto del Gruppo Miele dell’Unione italiana food, la difesa delle api dovrebbe pur essere negli interessi di chi produce e vende miele. E trovarne nel prodotto finale non può che significare che l’ape è stata esposta a quello che oramai è riconosciuto come un killer per questi insetti. E magari accanto agli insetti che poi lo hanno trasformato nel dolce millefiori che è finito nei barattoli analizzati, ci sono molte altre api che sono rimaste vittime di sostanze come l’acetamiprid. Ecco, su questo ci saremmo attesi un impegno diverso dal Gruppo Miele. Fosse solo per ribadire che queste sostanze non dovrebbero più essere autorizzate nei campi italiani, tantomeno nei momenti di fioritura. In fondo anche questo dovrebbe essere l’interesse delle aziende italiane e non solo quello degli ambientalisti o di chi produce biologico. Il presidente del Gruppo Miele ci consenta un’iperbole: se per fare un prosciutto dovessero morire 10 maiali per una contaminazione “accidentale” non sarebbe compito dei prosciuttifici difendere gli animali con cui realizzano le loro eccellenze?