Secondo un nuovo studio americano l’esposizione ad elevati livelli di biossido di azoto e di pm2.5 aumenta la probabilità di ricovero dei neonati in terapia intensiva fino al 35%. Il pediatra Ghirga dell’Isde ci spiega com’è la situazione in Italia
Un’aria inquinata fa male a tutti, soprattutto ai bambini e alle donne incinta. Ma il dato che arriva da un recente studio, pubblicato su Scientific Reports, ci mette di fronte a un quadro piuttosto allarmante: l’esposizione, durante l’ultimo mese di gravidanza, ad elevati livelli di biossido di azoto (NO2) e di particolato fine (pm2.5) aumenta la probabilità di ricovero dei neonati in terapia intensiva rispettivamente del 30–35% e dell’11–22%.
Lo studio è americano ed è stato condotto su 3,6 milioni di bambini nati nel 2018, di cui l’8,1%, quasi 295mila, è stato ricoverato in terapia intensiva. I dati di nascita sono stati confrontati con i livelli di inquinanti atmosferici misurati via satellite nel mese precedente alla nascita, evidenziando una correlazione molto forte, indipendentemente dal periodo dell’anno.
Per le donne in gravidanza e per i neonati, l’esposizione agli inquinanti atmosferici esterni, anche a breve termine, può aumentare il rischio di parto prematuro e basso peso alla nascita e può contribuire a gravi complicazioni della gravidanza, come diabete gestazionale, squilibri ormonali, difetti congeniti e disturbi ipertensivi. Queste condizioni spesso si verificano durante la fase avanzata della gravidanza e richiedono il ricovero in terapia intensiva dei piccoli. Inoltre, l’esposizione all’inquinamento atmosferico durante la gravidanza e la prima infanzia è stata associata a danni nello sviluppo cerebrale e cognitivo dei bambini.
Nelle zone più inquinate il rischio aumenta
Nelle zone, come il Midwest e la regione del medio Atlantico, dove si registra una maggiore esposizione al biossido di azoto, c’è anche un maggior rischio di ricovero. Per il pm2,5 i rischi sono elevati per tutto il paese durante l’estate, mentre d’inverno sono maggiori nel nord-est.
“Nonostante i livelli di esposizione relativamente bassi-moderati negli Stati Uniti, gli inquinanti legati al traffico verso la fine della gravidanza sembrano aumentare i rischi complessivi per la salute dei neonati, sottolineando la necessità di ridurre l’esposizione prenatale agli inquinanti ambientali”, affermano i ricercatori.
I risultati confermano altri dati che evidenziano i rischi per la salute legati all’inquinamento atmosferico, in un momento in cui si prevede un aumento dei ricoveri in terapia intensiva negli Stati Uniti, con fino al 13% dei neonati bisognosi di cure. Secondo un rapporto di settembre 2024 l’esposizione prenatale all’inquinamento atmosferico porta a più ospedalizzazioni e prescrizioni di farmaci nei primi 10 anni di vita. Un altro studio, pubblicato qualche giorno fa su Ecotoxicology and Environmental Safety, suggerisce che il particolato atmosferico è legato a difetti congeniti, tra cui anomalie della cistifellea, dei dotti biliari, del fegato e degli organi riproduttivi.
Qual è la situazione in Italia?
Per capire qual è la situazione in Italia abbiamo rivolto alcune domande al pediatra Giovanni Ghirga, membro del comitato scientifico Isde Italia
In Italia ci sono dati che attestano questa situazione, soprattutto nelle aree della pianura padana, dove, è ormai noto a tutti, si registrali i livelli più elevati di inquinanti?
“Il concetto non è una sorpresa in quanto l’esposizione agli stessi inquinanti nell’ultima parte della gravidanza è già noto provocare problemi enormi di salute ai bambini. L’argomento è enorme e, purtroppo, l’esposizione delle madri è praticamente quotidiana. Posso citare alcuni studi precedenti che conosco, come quello pubblicato nel 2022, intitolato “Prenatal air pollution exposure and neonatal health”, che analizza l’impatto causale dell’esposizione prenatale al particolato fine (pm10) sulla salute neonatale in Italia negli anni 2000. Utilizzando variazioni nelle precipitazioni come strumento per misurare l’esposizione all’inquinamento, i ricercatori hanno scoperto che un aumento di 10 unità nel livello medio di pm10 riduce il peso alla nascita di circa lo 0,5% e l’età gestazionale dello 0,16%. Inoltre, aumenta la prevalenza di basso peso alla nascita del 22% e di nascite pretermine del 16%. Gli effetti sono più pronunciati durante il terzo trimestre di gravidanza e tra le madri meno istruite.
Un altro studio del 2013 ha valutato gli effetti delle emissioni di 8 inceneritori di rifiuti solidi urbani nella regione Emilia-Romagna sugli esiti riproduttivi, tra cui il rapporto tra i sessi, nascite multiple, nascite pretermine e bambini piccoli per età gestazionale (SGA). Analizzando 21.517 nascite tra il 2003 e il 2010, i risultati non hanno mostrato associazioni significative tra l’esposizione all’inquinamento da inceneritori e il rapporto tra i sessi, nascite multiple o frequenza di SGA. Tuttavia, è emerso un aumento del rischio di nascite pretermine associato all’esposizione alle emissioni degli inceneritori. Infine, uno studio di qualche anno fa ha investigato l’impatto dell’inquinamento atmosferico sugli esiti della gravidanza a Como. I risultati hanno indicato che l’esposizione a livelli elevati di inquinanti atmosferici è associata a un aumento del rischio di esiti avversi della gravidanza, come nascite pretermine e basso peso alla nascita.”
Quali sono i principali rischi che corrono le donne incinta e, di conseguenza, i loro figli appena nati, se sottoposti a elevati livelli di queste sostanze?
“Alcuni dei più importanti al momento sono i disturbi del neuro-sviluppo come il disturbo dello spettro autistico e il disturbo caratterizzato da riduzione dell’attenzione e iperattività”.
I ricercatori americani consigliano alle donne in gravidanza di limitare il tempo all’aperto nei giorni con scarsa qualità dell’aria, ma è questa l’unica soluzione o si possono mettere in atto altre azioni?
“Si possono utilizzare purificatori d’aria indoor per ridurre l’esposizione a inquinanti interni, adottare sistemi portatili di monitoraggio dell’aria per programmare le attività nei momenti con minore inquinamento, evitare le strade con traffico intenso, incoraggiare l’uso di mascherine nei giorni critici per coloro che devono uscire. Tuttavia, quello che è fondamentale, è la prevenzione attraverso il controllo delle emissioni industriali adottando tecnologie più pulite e politiche ambientali più stringenti, migliorare l’efficienza energetica e promuovere fortemente le fonti rinnovabili, come eolico e solare, ridurre la dipendenza dai fossili, piantare alberi e proteggere gli spazi verdi, i quali aiutano a filtrare l’aria e ridurre il livello di inquinamento dell’aria. Affrontare la qualità dell’aria a livello strutturale è la vera soluzione per proteggere non solo le donne in gravidanza, ma l’intera popolazione e l’ambiente”.