Così il decreto Lollobrigida ammette il glifosato nel cibo bio

lollobrigida glifosato

Per spiegare gli effetti del decreto che il ministero dell’Agricoltura sta preparando sul biologico partiamo da un caso concreto: le analisi sulle farine e la contaminazione da glifosato che pubblicheremo nel prossimo numero il 25 ottobre

Al ministero dell’Agricoltura è in gestazione un decreto ministeriale, noto come decreto Contaminazioni ma che,per gli effetti che avrà, abbiamo ribattezzato Ammazza bio, che interviene nei controlli sul cibo biologico in caso di contaminazioni accidentali da pesticidi.

Le conseguenze le abbiamo spiegate e denunciate in diversi articoli. In concreto: con l’articolo 3 si usa il bastone bloccando e sanzionando, cosa mai vista prima né in Italia né in Europa, il cibo biologico per la presenza accidentale di un pesticida in traccia (in concentrazione cioè al di sotto dello zero tecnico ovvero di 0,01 mg/kg); dall’altro con l’articolo 5 si usa la carota concedendo una tolleranza, anche questa inedita nel panorama del bio, alla presenza accidentale di pesticidi in quantità maggiori (superiori a 0,01 mg/kg). Tra questi il glifosato, l’erbicida probabile cancerogeno per la Iarc-Oms, che sarebbe tollerato fino a 20 volte il consentito in alcune colture.

Facciamo un esempio concreto partendo dai risultati delle analisi che ogni mese riceviamo dai nostri laboratori sui cibi oggetto dei nostri test comparativi. Come quelle sulla farina che pubblicheremo sul prossimo numero il 25 ottobre prossimo.

In diversi casi abbiamo riscontrato glifosato in tracce, sotto lo 0,01 mg/kg (o ppm), tra 0,003 e 0,009 (in tanti altri casi la contaminazione è superiore, ma questa è un’altra storia che pubblicheremo il 25 ottobre).

Mettiamo di avere una farina biologica, ottenuta con grano bio 100% italiano, con un tenore di glifosato pari a 0,005 mg/kg. Il motivo della contaminazione? Non intenzionale: l’agricoltore del campo vicino lo spruzza sul suo grano convenzionale non rispettando le distanze di sicurezza oppure è effetto della deriva cioè del vento che ha trasportato la molecola probabile cancerogena per chilometri di distanza. Morale: ci ritroviamo questa traccia dello 0,005 mg/kg.

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Oggi che succederebbe? 

Nulla, essendo una concentrazione al di sotto dello zero tecnico, è riconosciuta la contaminazione accidentale e quella farina non viene declassata né bloccata.

Con l’articolo 3 del futuro decreto contaminazioni cosa succederebbe?

La farina in presenza della sola traccia di glifosato (se si arriva a due il prodotto è automaticamente declassato) viene messa in quarantena e il coltivatore ha 40 giorni di tempo per dimostrare l’accidentalità (è il vicino che non rispetta le distanze minime) e che non si ripeterà più (come si fa a fermare il vento?). Se l’organismo di controllo (il certificatore) conferma le due condizioni sopra elencate, la farina può tornare in commercio, altrimenti lo declassa (pensiamo agli effetti sul fresco come ortaggi e frutta: dopo 40 giorni sarebbero marciti completamente e il coltivatore bio ne pagherebbe le conseguenze) e il produttore è sottoposto a salata sanzione pecuniaria.

Con l’articolo 5 del futuro decreto cosa succederebbe?

Qui scatta il cortocircuito: una farina bio con una traccia di glifosato fino a 0,009 mg/kg (e queste concentrazioni si trovano purtroppo) può essere tranquillamente messa in vendita perché, recita il primo comma dell’articolo 5:

  1. Un prodotto non può essere commercializzato come prodotto biologico, quando il residuo di antiparassitario riscontrato è:
    1. superiore a 0,010 mg/kg per valori di LMR inferiori o uguali a 10 mg/kg (LMR ≤ 10 mg/kg).

Nella farina (ma anche nel grano e i derivati) Lmr, il Limite massimo di residuo ammesso, è pari a 10 mg/kg).

In quarantena o conforme?

A questo punto quale dei due articoli verrebbe applicato? Quello che sanziona le tracce e imporrebbe la quarantena alla nostra farina oppure l’articolo 5 che tollera il glifosato fino allo 0,01?

Il glifosato nell’olio di semi di girasole: un altro esempio

Facciamo un altro esempio per capire ancora meglio i margini di tolleranza offerti alla presenza accidentale di pesticidi non ammessi nel biologico. Restiamo sempre sul glifosato e immaginiamo di controllare un olio di girasole: Lmr ammesso è 20 mg/kg (nel convenzionale). L’articolo 5 stabilisce: qualora Lmr è superiore a 10 mg/kg e fino a 100, quindi il nostro caso, la contaminazione accidentale è tollerata nel bio fino all’1% dell’Lmr quindi, nel nostro esempio, fino a 0,2 mg/kg. A questo punto all’olio di girasole bio viene consentita una presenza di glifosato fino a 20 volte il limite attuale che è, ricordiamo, di massimo 0,01 mg/kg.

A chi conviene “sporcare” il biologico? Il sospetto è che faccia gli interessi di chi vuole rendere indistinguibili i prodotti bio (che scelgono di non utilizzare la chimica di sintesi) ai convenzionali da agricoltura integrata che vantano “residuo zero” o ridotto. E se questo può rientrare nella strategia di Coldiretti resta davvero difficile capire come le associazioni di categoria, Federbio e Aiab in primis, non alzino la voce su questa nuova tolleranza ammessa. Si rendono conto che “domani” qualsiasi presenza accidentale di glifosato nel bio rischia di mandare all’aria la fiducia dei consumatori nel cibo senza pesticidi costruita in anni?