Troppi ritardi per regolarizzare le persone straniere: il Consiglio di Stato condanna la grave e sistematica inefficienza dell’azione del Ministero dell’Interno e della Prefettura in materia di emersione
Troppi ritardi per regolarizzare le persone straniere: il Consiglio di Stato condanna la grave e sistematica inefficienza dell’azione del Ministero dell’Interno e della Prefettura in materia di emersione. Vittoriosa dunque la class action promossa dalle associazioni, tra cui l’Associazione per gli studi giuridirici sull’immigrazione (Asgi), e il ricorso presentato da oltre un centinaio tra persone straniere e datori di lavoro.
La sentenza
Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 20 settembre 2024, n. 7704, accoglie, per la prima volta in materia di immigrazione, un’azione collettiva (class action) contro la Pubblica amministrazione (in particolare la Prefettura di Milano) per i gravi e sistematici ritardi nella definizione della procedura di emersione, spesso attivata tramite i click day. Un’azione finalizzata a “ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio”, promossa da Asgi, Oxfam, Cild, Spazi circolari, Naga e oltre 100 cittadini stranieri ed italiani, con il supporto di Attiva Diritti e sostenuta da un ampio collegio di avvocati: oltre che da quelli in procura, da Gennaro Santoro, Giulia Crescini, Valeria Capezio, Nicola Datena, Giulia Vicini, Maria Teresa Brocchetto, Francesco Mason, Benedetta Tonetti, Pietro Di Stefano. Il Consiglio di Stato conferma la sentenza n. 2949/2023 del Tar Lombardia e, dopo aver affermato la piena legittimazione delle associazioni del settore a presentare questo tipo di azione, condanna la Pubblica amministrazione per il ritardo maturato nella gestione delle domande di emersione, ribadendo il principio giurisprudenziale secondo cui il termine massimo per concludere la procedura di emersione non può mai superare i 180 giorni.
Ritardo grave e sistematico
Il ritardo è stato grave e sistematico e ha assunto, a parere dei giudici di Palazzo Spada, “proporzioni di vero e proprio “fenomeno” di diffusa e cronicizzata mala gestio amministrativa”, tali per cui la sentenza del Tar Lombardia di accoglimento del ricorso non poteva che essere confermata. Nello specifico, in presenza di adeguate risorse finanziarie, come nel caso della procedura di emersione per la quale sono stati stanziati mezzi economici ad hoc, – spiega Asgi – l’inefficienza della Pubblica amministrazione non può essere giustificata da presunte difficoltà derivanti dall’elevato numero di domande o dalla presunta presenza di numerosi tentativi di falsificazioni.
Correttivi tardivi
Anzi, il Consiglio di Stato chiarisce che, nella gestione delle procedure di regolarizzazione delle persone straniere, le misure correttive – di tipo organizzativo, semplificatorio ed acceleratorio – sono state intempestive, cioè “tardivamente adottate” dalla Pubblica Amministrazione solo dopo la diffida presentata ex art. 3 del D.lgs. n. 198/2009, mentre avrebbero dovuto e potuto essere adottate “ab origine o quanto meno…prima della presentazione dell’odierno ricorso”.
Asgi: sentenza fondamentale
Secondo Asgi: “La sentenza è di fondamentale importanza anche perché, come anticipato, conferma la legittimazione e l’interesse ad agire delle associazioni del settore, chiarendo che l’azione collettiva contro l’inefficienza dell’azione amministrativa ‘recepisce una istanza di tutela di ordine trasversale, che intercetta – laddove la situazione di inefficienza cui essa si prefigge di rimediare assuma carattere costante e generalizzato – una molteplicità di singole procedure amministrative'”. Il Consiglio di Stato, dunque, ricorda che la class action ha una funzione sanzionatoria e correttiva e che, quindi, in definitiva, rappresenta un prezioso strumento per ripristinare il corretto funzionamento della pubblica amministrazione anche nel settore del diritto dell’immigrazione. “Questa importante sentenza lancia un messaggio che incoraggia il ricorso alle azioni collettive strategiche da parte di un crescente gruppo di soggetti della società civile che vedono nei ritardi e nelle inadempienze della Pubblica amministrazione uno snodo cruciale della sistematica violazione dei diritti delle persone straniere, ma non solo” continua Asgi.
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I danni provocati
I gravissimi e sistematici ritardi del Ministero dell’Interno (nella specie delle sue articolazioni: Prefetture e Questure), – spiega Asgi – nel rilasciare alle persone straniere documenti imprescindibili per il loro vivere quotidiano, provocano gravissimi danni, quali, solo a titolo esemplificativo, la perdita del lavoro, la mancata iscrizione al Servizio sanitario, l’impossibilità di esercitare i diritti sociali collegati alla titolarità del permesso. Ritardi che finiscono per collocare sempre più spesso le persone straniere in una condizione di marginalità sociale, che poi diventa, inevitabilmente, “materiale” di propaganda politica.
L’inchiesta del Salvagente
Lo scorso marzo il Salvagente aveva dedicato un’inchiesta alla disastrosa situazione dei click day e delle regolarizzazioni in Italia. Individuavamo come esempio lampante la gestione delle richieste presentate per la sanatoria 2020. Circa 220mila migranti con un datore di lavoro pronto a firmare un regolare contratto di lavoro l’hanno presentata nel giugno di quell’anno, ma la maggior parte di essi sono ancora in attesa di una convocazione che li farebbe uscire da un limbo giuridico kafkiano. A raccontarci le storture del sistema è Marcello Buono, titolare di un ufficio che gestisce le pratiche per l’immigrazione a Roma: “A giugno 2020 il governo ha deciso una sanatoria per l’emersione dal lavoro nero di domestici e badanti. Una cosa che doveva essere rapidamente evasa, ma siamo a gennaio 2024 e solo a Roma ci sono 40mila pratiche ancora ferme, in attesa di giudizio”. Secondo Buono, tra le tante problematiche della sanatoria, la più assurda è che per le pratiche che hanno ottenuto tutti i pareri favorevoli, “attualmente le convocazioni sono per giugno 2025”. La sanatoria, infatti, prevedeva che la questura desse un parere positivo, dopo aver verificato l’assenza di pendenze con la giustizia. Dopodiché, l’ispettorato del lavoro doveva verificare la capacità reddituale del datore di lavoro e la prefettura doveva convocare i richiedenti.“Ma se ti tu trovi a dover aspettare tutto questo tempo, soprattutto per i badanti che lavorano con gente anziana, capita che il datore di lavoro nel frattempo muoia” spiega Marcello Buono, “e a questo punto il richiedente si trova solo con un foglio di carta in mano, che non è altro che la ricevuta della domanda”.
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