Cambiamento climatico, bocciati Eni e gli altri colossi petroliferi: promesse non mantenute

Greenpeace Italia e ReCommon contro Eni

Le grandi compagnie petrolifere, tra cui Eni, hanno fatto promesse clamorose per ridurre le loro emissioni di gas serra e affrontare la crisi climatica, ma un nuovo rapporto suggerisce che questi piani non resistono a un esame approfondito. il colosso italiano fallisce in tutti e 10 gli obbiettivi

 

Le grandi compagnie petrolifere, tra cui Eni, hanno fatto promesse clamorose per ridurre le loro emissioni di gas serra e affrontare la crisi climatica, ma un nuovo rapporto suggerisce che questi piani non resistono a un esame approfondito. A scriverlo è il quotidiano inglese The Guardian, che riporta i risultati del lavoro del gruppo di ricerca e advocacy Oil Change International, il quale ha esaminato i piani climatici dei principali otto produttori internazionali di petrolio e gas basati negli Stati Uniti e in Europa – Bp, Chevron, ConocoPhillips, Eni, Equinor, ExxonMobil, Shell e TotalEnergies – e ha riscontrato che nessuno di questi è compatibile con gli obbiettivi di limitare l’aumento di riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, soglia definita dalla comunità scientifica come massima per evitare catastrofi climatiche. Secondo David Tong, responsabile globale delle campagne industriali di Oil Change International e coautore dell’analisi, “Non ci sono prove che le grandi compagnie petrolifere e del gas stiano agendo seriamente per essere parte della transizione energetica”.

La valutazione

Gli autori del rapporto hanno utilizzato 10 criteri e valutato ogni aspetto del piano di ciascuna compagnia su un range che va da “completamente allineato” a “gravemente insufficiente” e hanno riscontrato che tutte e otto le compagnie erano classificate come “gravemente insufficiente” o “insufficiente” in quasi tutti i criteri. Le aziende statunitensi Chevron, ConocoPhillips ed ExxonMobil, addirittura, hanno ottenuto tutte una classificazione “gravemente insufficiente” in tutti e 10 i criteri.

Il focus su Eni

All’interno del report c’è un capitolo dedicato ad Eni e all’analisi critica delle sue promesse, classificate come “grossolanamente insufficienti” su sei criteri principali. Eni ha dichiarato profitti per 8,3 miliardi di euro nel 2023, in calo rispetto ai 13,3 miliardi del 2022. E nonostante l’urgenza di una transizione dai combustibili fossili, Eni ha aumentato la produzione di petrolio e gas del 3% nel 2023 rispetto al 2022. Inoltre, più dell’85% dei capitali di Eni nel 2023 è stato destinato ai segmenti del petrolio e del gas. Dal 1950, Eni ha causato emissioni cumulative di circa 9,1 miliardi di tonnellate di CO2, collocandosi all’11º posto tra i più grandi emettitori storici di gas serra.

I sei criteri principali

L’analisi si concentra poi sui sei criteri principali. Il primo criterio riguarda l’ambizione di ridurre la produzione di combustibili fossili. Eni ha un obiettivo di produzione assoluta di petrolio e gas, ma prevede di ridurre la produzione di petrolio del 15% entro il 2030 rispetto al 2025, mentre aumenterà quella di gas. Secondo il report, una strategia che non è in linea con gli accordi di Parigi. Il secondo criterio esamina l’integrità dei metodi utilizzati per ridurre le emissioni di gas serra. Eni prevede di compensare le emissioni con il programma REDD+ e progetti di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs), ma non vi è alcuna garanzia di successo a lungo termine, come anche raccontato dal Salvagente. Il terzo criterio riguarda l’impegno verso una transizione giusta e “centrata sulla popolazione”.

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Nonostante alcune iniziative, secondo il report, Eni non soddisfa i criteri di base per una transizione giusta per i lavoratori e le comunità. Il quarto criterio esamina le emissioni assolute di gas serra. Eni ha un obiettivo di zero emissioni nette per il 2050, ma le emissioni attuali sono in aumento. Il quinto criterio riguarda le emissioni di metano: Eni ha ridotto l’intensità delle emissioni di metano, ma non ha obiettivi chiari per ridurre le emissioni di metano in termini assoluti. Infine, il sesto criterio esamina le politiche di lobbying. Eni è stata criticata per il suo coinvolgimento in attività di lobbying contro le politiche climatiche efficaci. In conclusione, il documento rileva che, nonostante alcune iniziative, le azioni di Eni non sono sufficienti per affrontare la crisi climatica e sono lontane dall’essere compatibili con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.

Le conseguenze sul clima

Tornando alle riflessioni generali, gli autori hanno scoperto che i piani attuali di estrazione di petrolio e gas delle compagnie potrebbero portare a un aumento della temperatura globale superiore ai 2,4°C, che probabilmente causerebbe devastazioni climatiche. Le otto compagnie da sole sono sulla buona strada per utilizzare il 30% del budget globale di carbonio rimanente per mantenere l’aumento della temperatura media globale a 1,5°C, ha rilevato lo studio.

6 big su 8 prevedono di aumentare la produzione di petrolio e gas

Sei delle otto compagnie – tutte tranne Shell e BP – hanno obiettivi espliciti di aumentare la produzione di petrolio e gas. Shell, nel frattempo, prevede di mantenere stabile la produzione di petrolio aumentando al contempo la produzione di gas, suggerendo che la compagnia potrebbe anche aumentare la produzione complessiva. Shell ha tecnicamente ridotto il volume di produzione di combustibili fossili negli ultimi anni. Ma lo ha fatto vendendo asset ad altre compagnie che hanno continuato l’estrazione anziché chiuderli. È un approccio che non è coerente con le linee guida per il calcolo delle emissioni aziendali secondo il Protocollo GHG, uno standard globale per misurare l’inquinamento che riscalda il pianeta, e potrebbe anche mettere le corporazioni fuori sincronia con i Principi Guida delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani, dicono gli autori. BP, nel frattempo, ha prodotto il 2,6% in più di petrolio e gas nel 2023 rispetto al 2022 e prevede di aumentare la produzione quest’anno, ma mantenerla stabile nel 2025. Entrambe le compagnie hanno anche avviato importanti nuovi progetti di estrazione negli ultimi anni.

Tutte e otto le aziende non hanno inoltre soddisfatto i “criteri di base per piani di transizione giusti per i lavoratori e le comunità in cui operano” e nessuna ha soddisfatto i “criteri di base” per i diritti umani. Sebbene alcune abbiano politiche sui diritti umani nei documenti ufficiali, nessuna ha dimostrato piani sufficienti per aderirvi, affermano gli autori. Il rapporto è stato sostenuto da oltre 100 gruppi climatici a livello internazionale. Segna il quarto “Controllo della realtà del grande petrolio” annuale di Oil Change International. Dalla prima edizione del rapporto nel 2020, molte compagnie petrolifere hanno ridimensionato le promesse climatiche in mezzo all’aumento dei prezzi dei combustibili fossili.”I dati del Controllo della realtà del grande petrolio illustrano l’impegno pericoloso di queste compagnie a fare profitto a tutti i costi”, ha dichiarato Tong.

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