“La politica degli animali” è il libro scritto da Gianluca Felicetti (Presidente Lav) che indaga sui meccanismi che portano la politica a favorire spesso l’agrobusiness invece che il benessere animale e i diritti dei consumatori. Pubblichiamo un estratto dal capitolo sulle lobby a Bruxelles
“La politica degli animali” è il libro scritto da Gianluca Felicetti (Presidente Lav) che indaga sui meccanismi che portano la politica a favorire spesso l’agrobusiness invece che il benessere animale e i diritti dei consumatori. Pubblichiamo un estratto dal capitolo sulle lobby a Bruxelles, che anticipa alcune parti del documentario “Food for profit” di Pablo D’Ambrosi e Giulia Innocenzi, proiettato in anteprima italiana a Roma (Sala Anica) il 26 febbraio alle 21.00, e a Milano il 27 febbraio alle ore 21.30 (Cinema Beltrade). Di seguito L’anticipazione del capitolo “Una telecamera nascosta svela la pericolosa lobby di Bruxelles”.
Una telecamera nascosta svela la pericolosa lobby di Bruxelles
Cos’è, davvero, una lobby industriale? Basterebbe prendere atto anche solo del voto al ribasso dell’Europarlamento e quindi del “Trilogo” europeo di fine novembre 2023, che ha escluso gli allevamenti bovini – tutti – dall’applicabilità della prossima direttiva sulle emissioni industriali (in vigore solo dal 2030, alla faccia degli Accordi di Parigi sul clima) e ha innalzato la soglia di concentrazione degli animali per gli allevamenti suini, avicoli e cosiddetti “misti”, che inizialmente era di 150 uba (Unità di bestiame adulto), misura che era rapportata alla superficie.
Ma lo prova in maniera ancora più lampante il docufilm “Food for profit” di Pablo D’Ambrosi e Giulia Innocenzi, (presentato a Bruxelles il 22 febbraio 2024, ndr), che Lav ha sostenuto nella realizzazione: un’inchiesta realizzata in Italia, Belgio, Francia, Spagna, Germania e Polonia per svelare i veri interessi della zootecnia. In occasione dei lavori per l’esame dell’ultima proposta di nuova Pac (Politica agricola comune), 387 miliardi di euro in ballo, Giovanni, nome di fantasia, con una telecamera nascosta, si presenta come rappresentante di una sigla di copertura a parlamentari europei, a un funzionario della Commissione e ad altri per far presentare un emendamento, fantasioso ma fino a un certo punto, di editing genetico, di ipersfruttamento, dei suini.
Per prima cosa, Giovanni partecipa a un seminario che è l’esempio perfetto di cos’è una cassa di risonanza, dove lobbisti, scienziati e giornalisti si incontrano per difendere l’industria della carne dalle accuse di causare il cambiamento climatico.
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maria: «Sei italiano?».
giovanni: «Italiano italiano».
maria: «Sei di…?».
giovanni: «Science for Democracy».
maria: «Sei contro le New Breeding Techniques?». giovanni: «Assolutamente no. Qual è la tua posizione al riguardo?».
maria: «Personalmente sono a favore. Sono aperta di mente. Demonizzarle è pura propaganda».
La prima persona che approccia Lorenzo è Maria, una lobbista che lavora per una delle più potenti “agenzie di comunicazione strategica”. In parole povere: una lobby. Si sono fatti un nome aiutando Monsanto a spingere per gli ogm. Nel giro di qualche secondo ha chiesto a Lorenzo se è a favore delle New Breeding Techniques, tecnologie che usano l’editing genetico per aumentare la produttività.
«La Cina mi affascina. Producono più di un miliardo di maiali l’anno. L’idea che non possiamo produrre di più e quindi che dobbiamo controllare la domanda è falsa. Possiamo, dobbiamo e incrementeremo ancora di più la produttività.» A dirlo durante il seminario è Frank Mitloehner, salito agli onori delle cronache dopo aver contestato lo studio della Fao secondo il quale gli allevamenti intensivi hanno un impatto maggiore sul cambiamento climatico rispetto a tutta l’industria dei trasporti. Peccato che il suo studio fosse finanziato in parte dall’Agribusiness. Non proprio quello che chiameremmo scienza indipendente.
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Partecipando a una cosiddetta “cassa di risonanza”, Giovanni è stato in grado di prendere contatti di alto livello con l’intero spettro di quello di cui l’industria della carne ha bisogno per influenzare la politica: scienza, media, lobby.
Il nome più citato è stato quello di Paolo De Castro. È una figura chiave della Commissione Agricoltura. Ex deputato nazionale e senatore, due volte ministro dell’Agricoltura, è un politico molto autorevole. I suoi più grandi sostenitori sono quelli dell’Agribusiness, soprattutto ora che il Parlamento europeo deve votare per la nuova Politica agricola comune. È un insieme di regole con cui vengono allocati quasi 400 miliardi di euro di sussidi pubblici all’agricoltura nei 27 Paesi membri. C’è molto in ballo, e il settore ha bisogno che i politici siano dalla loro parte, visto che l’opinione pubblica sta cominciando a questionare il modello degli allevamenti intensivi.
ex senatore: «Greenpeace attacca la Pac perché vengono finanziati gli allevamenti intensivi in maniera massiccia».
De castro: «Sì, tutti, non solo Greenpeace. Certamente l’allevamento contribuisce alla co2. Perché queste povere vacche, non c’è un c***o da fare, scoreggiano. Però da qui a fare una linea di demarcazione fra “intensivo” ed “estensivo” è tutto da dimostrare scientificamente».
Il Parlamento europeo non ha mai approvato una definizione ufficiale di “allevamento intensivo” e questo è di grande aiuto all’industria della carne. Ancora a luglio 2022 non ha inserito, come avrebbe dovuto, gli allevamenti più inquinanti fra le attività da controllare secondo la direttiva sulle emissioni industriali, nonostante – secondo i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente – il settore zootecnico da solo sia responsabile del 54 per cento di tutte le emissioni di metano di origine antropica dell’Ue, soprattutto a causa dei bovini. Gli allevamenti inquinano anche l’acqua, l’aria e il suolo attraverso le emissioni di ammoniaca e ossido di azoto, e sono responsabili del 73 per cento dell’inquinamento idrico dell’agricoltura dell’Ue. L’allevamento intensivo in Europa è responsabile del 94 per cento delle emissioni di ammoniaca e, in Italia, costituisce la seconda causa di formazione di polveri sottili.
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De Castro consiglia a Giovanni di incontrare un’altra eurodeputata. Clara Aguilera, dopo aver lavorato per più di un decennio per un’associazione che tutela gli interessi degli al- levatori in Andalusia, in Spagna, è diventata assessore regionale all’Agricoltura e, dal 2014, siede al Parlamento europeo, giocando un ruolo chiave nella Commissione Agricoltura.
aguilera: «La gente critica come vengono tenuti i suini negli allevamenti intensivi, ma poi mangiano tutti il prosciutto. Nessuno può toccare il prosciutto! Penso che occorra distinguere…».
assistente aguilera: «Penso che chiunque si metta contro il prosciutto perda in partenza».
ex senatore: «È vero che ci sono dei politici che prendono i soldi dalla Politica agricola comune? Perché c’è Greenpeace che sta per pubblicare i nomi degli eurodeputati che…».
aguilera: «Sì, di sicuro c’è anche il mio nome. E se c’è un conflitto di interesse, bene. Ci sono molti eurodeputati nella Commissione Agricoltura che prendono i soldi della pac perché sono proprietari terrieri. Capisco che ci può essere chi non è d’accordo, visto che dobbiamo decidere anche dei sussidi della pac. Ma per ora è legale, trasparente e viene dichiarato».
Giovanni fissa un appuntamento con Pekka Pesonen, segretario generale di copa-cogeca, la lobby della carne più potente in Europa. Pesonen: «Prima di cominciare le confesso che mi chiamavano Mr. Ogm. Divertente. Comunque… Dicevo, l’editing genetico potrebbe essere positivo anche per il benessere animale. Voglio dire, questo è quello che dovremmo fare… la decornazione. Basta cambiare il dna. Accendi o spegni, e a seconda di come lo fai all’animale non crescono le corna. Esatto. Non devi più tagliarle. Puoi avere i bovini senza corna e… Sì, ma poi subentrano le questioni etiche. Anche perché Israele sta già facendo i polli senza piume. L’idea dietro allo sviluppo di questo tipo di uccello è che creerà un pollo più conveniente anche dal punto di vista energetico e senza il bisogno del processo di spiumatura, che si tradurrà in un ulteriore risparmio al macello. Potresti farlo con i metodi convenzionali, ma ci vorrebbero un centinaio di generazioni. Ma è la velocità a fare la differenza. Non ha senso: noi ci mettiamo cento generazioni a fare la stessa cosa che i cinesi ottengono in due generazioni. Ecco perché stiamo spingendo gli Stati membri affinché convincano la nuova Commissione a adottare un pacchetto che ci permetterebbe di poter disporre di alcune di queste tecnologie, visto che tanto i nostri competitor lo fanno comunque».