I pesticidi sparsi in Val Venosta? Non rimangono nei meleti

VAL VENOSTA

Uno studio dell’Università di Vienna ha scoperto che la chimica dai campi arriva anche alle vette delle montagne, colpendo specie non bersaglio e finendo nell’aria che si respira anche lontani dai meleti della Val Venosta

 

La Val Venosta è la più grande regione di coltivazione di mele d’Europa. Nella provincia più settentrionale d’Italia operano oltre 7.000 melicoltori, che producono il 10% di tutte le mele europee.

Tuttavia, dietro alla prosperità delle sue coltivazioni si cela una realtà meno affascinante: l’uso massiccio di pesticidi per proteggere le preziose coltivazioni da parassiti e malattie fungine. Una nuova indagine congiunta condotta dall’Università Kaiserslautern-Landau (RPTU) e dall’Università di Risorse Naturali e Scienze della Vita di Vienna (BOKU), appena pubblicata su Nature, ha gettato nuova luce su questo aspetto controverso dell’agricoltura in Val Venosta. In pratica, al contrario di quanto si pensa comunemente, i pesticidi sparsi dall’agricoltura convenzionale non rimangono nel meleto ma si propagano in zone anche molto lontane da quelle di produzione.

Lo studio in Val Venosta

Lo studio ha adottato un approccio metodologico completo, esaminando undici zone che coprivano l’intera estensione della valle, dal fondovalle fino alle cime delle montagne. Questo metodo ha consentito ai ricercatori di ottenere una visione completa della diffusione dei pesticidi . Campioni di suolo e piante sono stati prelevati in 53 diverse località , consentendo una valutazione dettagliata della presenza e della distribuzione dei pesticidi nell’ambiente.

Pesticidi senza frontiere

I risultati dello studio hanno rivelato una presenza significativa di pesticidi nell’ambiente della Val Venosta. Nonostante una diminuzione della concentrazione di pesticidi con l’altitudine e la distanza dai meleti, i ricercatori hanno rilevato la presenza di sostanze chimiche nocive nel suolo e nella vegetazione, anche in zone remote e apparentemente protette della valle.

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Particolarmente allarmante è stata la scoperta dell’insetticida metossifenozide, vietato in Germania dal 2016 per la sua pericolosità per l’ambiente. Questa sostanza è stata trovata in quasi la metà dei campioni di suolo e piante analizzati, sollevando serie preoccupazioni riguardo agli effetti negativi delle miscele di pesticidi sull’ecosistema e sulla biodiversità.

Ambiente e salute pubblica

Anche alle basse concentrazioni misurate, i pesticidi possono avere effetti cosiddetti subletali, cioè non direttamente letali, su organismi che non sono l’obiettivo del controllo. Per le farfalle, ad esempio, ciò potrebbe significare una riduzione della deposizione delle uova, con conseguente riduzione della popolazione. In un solo luogo i ricercatori non hanno trovato sostanze attive nelle piante: è interessante notare che in quel luogo ci sono anche molte farfalle.

L’analisi condotta dagli esperti mette in luce come la diffusione dei pesticidi nell’ambiente possa avere gravi conseguenze non solo sull’ecosistema locale, ma anche sulla salute pubblica. La presenza di queste sostanze chimiche nocive anche in aree protette come parchi nazionali e riserve naturali solleva seri interrogativi riguardo alla sostenibilità delle pratiche agricole attuali e alla necessità di adottare misure più efficaci per proteggere l’ambiente.

Di fronte a queste scoperte preoccupanti, i ricercatori sottolineano l’importanza di promuovere un’agricoltura più sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Suggeriscono l’adozione di pratiche agricole che favoriscano la biodiversità funzionale, come la promozione degli habitat naturali per i predatori dei parassiti delle mele. Inoltre, raccomandano un monitoraggio continuo dell’ambiente per valutare l’impatto a lungo termine dell’uso dei pesticidi e identificare eventuali misure correttive necessarie.

Rilevati quasi 30 pesticidi

I ricercatori hanno trovato un totale di 27 diversi pesticidi nell’ambiente, ma allo stesso tempo sottolineano che hanno effettuato le loro misurazioni all’inizio di maggio e che altri prodotti vengono utilizzati nel corso della stagione di crescita fino al raccolto. In media, quasi 40 applicazioni di pesticidi sono comuni durante la stagione. Ciò significa che sono probabili miscele più complesse con diverse sostanze e concentrazioni più elevate.  Poco si sa su come l’esposizione cronica ai pesticidi con miscele in basse concentrazioni influisca sull’ambiente e poco si sa sulla possibile interazione tra le diverse sostanze, il cosiddetto effetto cocktail. Nella valutazione del rischio ambientale nell’ambito della procedura di autorizzazione europea, le miscele non vengono valutate, ma le sostanze vengono considerate singolarmente. “Questo non ha nulla a che vedere con la realtà delle applicazioni in campo o nel frutteto e con il loro destino nell’ambiente”, afferma Brühl.

Il test del Salvagente

Oltre a quanto respiriamo e finisce nell’ambiente, poi, ci sono le sostanze che restano sul frutto. Poco più di tre anni fa il Salvagente aveva portato in laboratorio 22 mele vendute da supermercati, discount, negozi bio, perfino fast food come McDonald’s. E trovato perfino 5 sostanze diverse sulla stessa mela.

E a confermarci quanti cicli di chimica subiserro questi frutti era stato Franco Ferroni, responsabile Agricoltura e biodiversità Wwf Italia: “I meleti arrivano ad avere anche 40-50 trattamenti durante il ciclo produttivo, di solito da aprile fino a fine settembre”.