Inchiesta della Procura di Roma che ipotizza il reato di ricettazione per una cinquantina di ristoratori che hanno acquistato coscientemente olio contraffato con la clorofilla e poi venduto come extravergine. L’olio “colorato” usato anche nella mensa del ministero dell’Istruzione
Acquistavano a 3 euro un olio di semi colorato con la clorofilla e addizionato con il beta-carotene per mascherare il sapore e lo impiegavano come extravergine “made in Italy” nei propri ristoranti. Per questo motivo la Procura di Roma contesta a una cinquantina di ristoratori della Capitale il reato di ricettazione e il falso extravergine sarebbe addirittura stato impiegato nella mensa del Miur, il ministero dell’Istruzione e della ricerca.
Ha riportare la notizia il quotidiano la Repubblica che spiega il meccanismo fraudolento: “Sono decine i ristoratori che negli ultimi mesi lo hanno acquistato sapendo di comprare un prodotto di fatto adulterato e pericoloso per la salute, identico solo alla vista all’originale e vagamente simile nel sapore. Ovviamente il prezzo da saldo (circa 3 euro invece dei 9, ndr) a cui viene venduto l’olio contraffatto lo rende, agli occhi dei ristoratori irresponsabili, una merce appetibile. Soprattutto se paragonata al costo reale dell’oro liquido”.
L’inchiesta è guidata dal dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo che indaga per i reati di contraffazione di sostanze alimentari e ricettazione e che si è avvalso dei carabinieri del Nas. “L’inchiesta – scrive la Repubblica – è partita dal produttore clandestino che aveva la sua base in Puglia. Il Nas di Roma, seguendo la filiera, ha colpito prima il produttore e poi molti dei ristoratori suoi clienti. Per gli investigatori uno dei nodi dell’indagine sta nel prezzo. L’olio sotto inchiesta viene venduto a 3 euro al litro contro una media di 9 euro per un extravergine autentico. Meno del doppio. Il prodotto veniva distribuito a quintali, un centinaio di bottiglie alla volta e recapitato direttamenteall’ingresso del ristorante con un furgoncino”.
La novità di questa inchiesta è che oltre alla centrale della contraffazione a finire nel mirino della procura ci sono gli acquirenti, i ristoratori, “compratori consapevoli di un prodotto falso e dannoso per la salute“. Per questo i pm contestano a molti ristoratori il reato di ricettazione.