Pfas, la denuncia delle associazioni: “Perché lo studio sugli effetti commissionato dal Veneto non è mai stato fatto?”

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Perché lo studio epidemiologico sulle conseguenze dei Pfas sulla salute degli abitanti deciso dalla Regione Veneto nel 2016 non è mai stato effettuato? A chiederselo sono le Mamme No Pfas e comitati locali che lottano per la bonifica del territorio

Con una lettera indirizzata ai giornalisti, le Mamme No Pfas denunciano la “scomparsa” di uno studio epidemiologico riguardante le sostanze perfluoroalchiliche, tossiche e cangerogene. Il comitato chiede un aiuto per  “comprendere ed approfondire per quali ragioni lo studio epidemiologico dell’istituto superiore di sanità, deciso dalla Regione Veneto nel lontano maggio 2016, sugli effetti della contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche sulla popolazione esposta delle tre province Venete, non è mai partito? Chi lo ha bloccato?” Il comitato di genitori scrive ancora: “In questo momento è in atto o è in progetto uno studio epidemiologico per verificare eccessi di patologie e di mortalità correlate all’esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche in Veneto?”

L’udienza che ha rivelato lo studio prepaato e cancellato

A scatenare le accuse delle Mamme No Pfas l’udienza dello scorso 29 giugno, nel processo che a Vicenza vede imputati di disastro ambientale gli ex vertici della Miteni, la ditta di Trissino accusata di aver riversato per anni Pfas nei corsi idrici della zona tra Vicenza, Padova e Verona, abitata da 350mila persone. Durante l’udienza, il teste Pietro Comba (ex alto funzionario dell’Iss) ha raccontato che la Regione Veneto, l’Istitito superiore di sanità, in accordo con il Ministero della salute, avessero preparato un maxi studio epidemiologico volto a misurare gli effetti dei Pfas sulla popolazione contaminata, a partire da un analogo studio effettuato negli Usa in seguito a una vasta contaminazione in Ohio. Il teste spiegando che poi lo studio non ebbe luogo, ha affermato di non conoscere chi avesse deciso lo stop.

“La Regione renda pubblici tutti i dati che ha”

Come riporta Vicenza Today, Vincenzo Cordiano, il presidente veneto di Isde – medici per l’ambiente durante una tavola rotonda dedicata all’argomento si è detto “basito” per quanto emerso a processo e contestualmente è tornato a chiedere con forza che almeno la Regione Veneto pubblichi i dati raccolti fino ad oggi dal piano di sorveglianza sanitaria che negli anni ha preso corpo. “Se quei dati fossero resi pubblici in maniera chiara noi dell’Isde – ha detto Cordiano – potremmo già pensare di dare vita ad un nostro studio”.

Lo studio di Isde sulla fertilità maschile

Isde ritiene che sia quanto mai attuale la richiesta avanzata già nell’autunno 2013 di effettuare studi epidemiologici ben progettati soprattutto per quanto concerne la popolazione nelle zone impattate. In particolare sono necessari studi che valutino l’incidenza delle patologie Pfas – associate e la correlazione con i livelli ematici di queste sostanze nonché la mortalità per le principali cause di morte, come ad esempio tumori e malattie cardiovascolari. “La mancanza di tali studi, originariamente prefigurati dalla Regione Veneto ma mai fatti partire, rappresenta un serio ostacolo al progresso delle conoscenze scientifiche ed impedisce la valutazione delle responsabilità degli inquinatori” spiega Isde.

In assenza di una presa in carico da parte delle Istituzioni pubbliche, i medici Isde e le Mamme no PFas hanno deciso di rispondere attivamente a questa mancanza e necessità. La sezione di Vicenza Isde ha dato avvio l’anno scorso, grazie all’impegno e alla messa in atto del dottor Francesco Bertola, ad uno studio epidemiologico che vuole comprendere se c’è una associazione tra le concentrazioni di Pfas sierici e seminali e la fertilità nei maschi nati o residenti nella zona rossa del Veneto. Lo studio ha ricevuto il parere favorevole del comitato etico provinciale di Vicenza (C.E.S.C.).

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Ad oggi sono stati studiati circa 850 maschi, tramite un esame del sangue, uno spermiogramma, un’ecografia testicolare, una densitometria ossea, e una visita urologica. Questo progetto non è solo funzionale alla raccolta di dati e studio degli esiti, ma è orientato a diffondere consapevolezza e cultura della prevenzione nelle generazioni più giovani. Inoltre questi studi mirano ad accrescere la conoscenza dei medici di base, così supportando salute individuale e collettiva.

Diritti umani negati

L’esigenza di circoscrivere i problemi di salute della popolazione, porterà le Mamme no Pfas, nel mese di settembre, a chiedere alla Regione Veneto accesso a tutte le informazioni rilevanti sulla contaminazione. La richiesta di trasparenza dei dati non è solo dettata dal dovere di informare i cittadini. È finalizzata anche ad imparare dagli errori del passato, a creare buone pratiche e precauzioni mediche.

“Si tratta di informazioni ambientali che, come dicono norme internazionali, europee e nazionali, assicurano il diritto di conoscere e il dovere di informare, devono essere divulgate ed accessibili. In fondo questo è lo scopo delle istituzioni pubbliche: tutelare la popolazione e l’ambiente. Mancanza di informazione completa e trasparente assieme a mancata tutela dell’ambiente e della salute sono diritti umani negati” spiega l’associazione in una nota riportata da Cillsa, Cittadini per il Lavoro, la Legalità, la Salute e l’Ambiente.

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