Cos’è la galattorrea e quali sono le cure

GALATTORREA

Si tratta di una patologia caratterizzata dalla secrezione di materiale lattescente al di fuori dell’allattamento, in genere la galattorrea è dovuta ad un adenoma ipofisario e può presentarsi anche nei maschi e nei bambini

La secrezione può riguardare individui di sesso maschile o femminile, talvolta anche i bambini. In questo caso in genere il problema è temporaneo, ed è associato ad alterazioni di tipo ormonale che dovrebbero risolversi nell’arco di alcune settimane. La galattorrea, quindi, comporta secrezione di latte dal seno e la diagnosi in genere si basa sul dosaggio dei livelli di prolattina. La condizione può presentarsi durante la gravidanza o in seguito all’allattamento, ma può anche essere sintomo di un’infiammazione, di un trauma al seno, di ipotiroidismo, tumori o assunzioni di alcune erbe o farmaci. Le patologie più frequentemente associate a questa condizione sono:

  • acromegalia
  • cancro al seno
  • insufficienza renale
  • ipotiroidismo
  • papilloma intraduttale
  • seno fibrocistico
  • sindrome dell’ovaio policistico
  • sindrome di Paget.

Da cosa dipende la galattorrea

La causa principale è solitamente la presenza di un adenoma ipofisario che secerne prolattina, noto anche come prolattinoma. La prolattina viene prodotta infatti nelle cellule lattotrope, che costituiscono circa il 30% dell’ipofisi anteriore. Nelle donne, la maggioranza dei tumori al momento della diagnosi è rappresentata da microadenomi, che hanno un diametro inferiore ai 10 mm. Solo raramente si tratta invece di macroadenomi, che hanno invece un diametro superiore ai 10 mm. La frequenza dei microadenomi nell’uomo è invece molto più bassa, probabilmente a causa di un riconoscimento tardivo. Anche lesioni ipofisarie non funzionanti (quindi, non secernenti) possono aumentare i livelli di prolattina, andando a comprimere il peduncolo e riducendo così l’azione della dopamina, inibitore della prolattina.

Altre cause della galattorrea vanno ricercate nell’ingestione di farmaci, tra cui fenotiazine e altri antipsicotici, così come antipertensivi e oppiacei. Anche l’ipotiroidismo primitivo può provocare iperprolattinemia e galattorrea, dato che l’aumento dei livelli di tireotropina stimola sia la secrezione della prolattina che quella del Tsh. Chiaramente, in assenza di valori elevati di ormone stimolante la tiroide, si può facilmente escludere la presenza di un ipotiroidismo primario. Ulteriori cause sono:

  • insufficienza renale, dovuta alla compromissione della clearance renale alla prolattina;
  • cause fisiologiche: ipoglicemia, periodo post-partum, stress, stimolazione del capezzolo e gravidanza sono tutte cause fisiologiche di aumentata secrezione;
  • patologie ipotalamiche, come tumori ipotalamici, post-encefaliti e traumi cranici;
  • patologie ipofisarie come la sindrome della selle vuota;
  • endocrinopatie come la sindrome di Cushing;
  • lesioni della parete toracica come traumi, tumori, cicatrici chirurgiche o herpes zoster;
  • ipogonadotropismo e ipogonadismo, condizioni spesso associate alla galattorrea a causa dell’inibizione del rilascio dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRh);
  • disturbi di altri apparati come nefropatia cronica, produzione ectopica di prolattina o malattia epatica.

Sintomi

Il primo e più evidente sintomo è sicuramente una lattazione anormale, che però non può essere definita in senso quantitativo. Di fatto, è lo stesso rilascio di latte che risulta inappropriato, persistente e preoccupante per il paziente. Altri sintomi che si possono riscontrare nella patologia sono:

  • amenorrea e oligoamenorrea;
  • sintomi e segni di ipoestrogenismo, come dispareunia e riduzione della libido, dovuti all’inibizione della pulsatilità della secrezione di ormone luteinizzante e follicolo-stimolante;
  • in presenza di produzione di estrogeni normale, si possono osservare segni di iperandrogenismo e irsutismo;
  • altri disturbi del ciclo mestruale, come ovulazione infrequente e disfunzioni del corpo luteo;
  • negli uomini, spesso si trovano cefalea e disturbi visivi, oltre che calo della libido e disfunzione erettile.

Diagnosi

La diagnosi di galattorrea prevede in primo luogo il dosaggio dei livelli di prolattina, che risultano superiori a 5 volte la norma, anche se spesso molto più elevati. Tali livelli sono in genere correlati alle dimensioni del tumore ipofisario, e possono essere utilizzati per il follow-up dei pazienti. Se la massa ipofisaria non è funzionante, viceversa, i livelli di prolattina non sono troppo elevati. Perché sia fatta una distinzione tra lesioni funzionanti (secernenti) e non, è opportuno procedere con una terapia con agonisti della dopamina. In particolare, nonostante in entrambe le condizioni i livelli di prolattina diminuiscano, soltanto le lesioni secernenti diminuiscono di dimensioni al contrario delle non secernenti. Andranno dosati anche i livelli di tiroxina e di Tsh, e potrebbero essere utili ai fini diagnostici anche Tc o Rm. Una riduzione delle dimensioni della lesione in seguito a trattamento farmacologico può fornire un’ulteriore conferma diagnostica.

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Esami alterati possono comprendere i livelli sierici di gonadotropine e di estradiolo nelle donne, che potranno essere bassi o normali; analogamente, il testosterone potrà essere basso negli uomini. La Rm rappresenta comunque lo strumento d’elezione, dato che permette facilmente l’identificazione di microadenomi.

Trattamento

Il trattamento di questa condizione dipende da molteplici fattori, quali età, sesso, eziologia, sintomi e altri parametri. Talvolta è sufficiente modificare l’assunzione di alcuni farmaci, utilizzare creme ad uso topico o assumere medicinali. In genere il trattamento iniziale prevede l’uso di un agonista della dopamina, che come detto è in grado di diminuire i livelli di prolattina. Le indicazioni al trattamento, per le donne, includono:

  • desiderio di gravidanza
  • amenorrea o oligomenorrea significativa
  • irsutismo
  • scarsa libido
  • galattorrea fastidiosa.

Negli uomini, viceversa, la galattorrea è raramente così fastidiosa da richiedere un trattamento. Tuttavia, in caso di ipogonadismo, disfunzione erettile, scarsa libido o infertilità, vi è indicazione a procedere con il trattamento.

Generalmente, in entrambi i sessi, si procede somministrando un dopamino agonista come la bromocriptina, da 1.25 a 5 mg per via orale 2 volte al giorno. In alternativa può essere scelta anche la cabergolina a lunga durata d’azione, da assumere per via orale 1 o 2 volte a settimana. Si tratta di un farmaco meglio tollerato rispetto alla bromocriptina, dato che ha una minore frequenza di effetti avversi, è più potente e ha una maggiore durata d’azione. I pazienti che, contestualmente, presentano ipogonadismo, dovrebbero essere trattati anche con estrogeni, con o senza progestinico, o con testosterone. Un’ultima opzione farmacologica è rappresentata dalla quinagolide, un nonergot derivato dopamino agonista. In genere viene iniziata alla dose di 25 mcg per via orale 1 volta al giorno, e titolata nei 7 giorni fino alla dose abituale di mantenimento di 75 mcg una volta al giorno. Tale farmaco non può però essere utilizzato in gravidanza.

Microadenomi: trattamento

Nel caso di microadenomi (microprolattinomi), i pazienti asintomatici e con livelli di prolattina inferiori a 100 mcg/ml e con risultati normali alla Tc o alla Rm, possono essere semplicemente tenuti sotto osservazione. In genere, i livelli di prolattina si normalizzano entro qualche anno senza trattamento specifico. Le valutazioni dovrebbero essere effettuate ogni 3 mesi mediante dosaggi ormonali, oltre che con la ripetizione annuale di Tc o Rm. La frequenza delle indagini radiodiagnostiche può essere progressivamente ridotta se i livelli di prolattina non aumentano.

Trattamento dei macroadenomi

Nel caso dei macroadenomi, viceversa, il trattamento iniziale d’elezione è con dopamino-agonisti anche in caso di tumori molto grandi con invasione e compressione del chiasma ottico. Di solito, questi farmaci permettono una riduzione del tumore funzionante. Se i livelli di prolattina si riducono e la sintomatologia si risolve, potrebbe non essere necessario ricorrere ad altra terapia. In genere, però, le lesioni funzionanti necessitano di trattamenti supplementari, spesso di intervento chirurgico. Una controindicazione dei trattamenti a base di dopamino-agonisti è che questi sono stati associati allo sviluppo di vulvopatia cardiaca in alcuni pazienti già affetti da malattia di Parkinson. La possibilità dovrebbe quindi essere trattata con i pazienti e si dovrebbe valutare una sorveglianza ecoardiografica, specie quando siano utilizzate dosi superiori ai 3 mg a settimana. Ulteriore controindicazione delle terapie a base di agonisti della dopamina è che possono indurre cambiamenti comportamentali e psichiatrici, con una maggiore impulsività e occasionalmente psicosi. La chirurgia, per questo motivo, può essere un’opzione per questi pazienti o per coloro che sono resistenti agli agonisti della dopamina. La terapia radiante, invece, deve essere applicata soltanto a soggetti con malattia progressiva e che non rispondo ad altre forme di trattamento. Spesso, in seguito all’irradiazione, si sviluppa però ipopituitarismo per cui è indicato un monitoraggio della funzione endocrina e imaging sellare, almeno una volta l’anno.

Trattamento in gravidanza

Nel caso in cui donne affette da galattorrea inizino una gravidanza, si dovrebbe sospendere il trattamento con agonisti della dopamina al momento del test positivo. Il rischio potenziale di danno fetale del farmaco supera, infatti, il rischio di crescita del tumore ipofisario. C’è da aggiungere che, di norma, è fisiologico un aumento della prolattina durante la gravidanza. Esistono però delle indicazioni per la ripresa della terapia farmacologica. Durante la gravidanza è infatti possibile che i microadenomi si ingrandiscano e che il tessuto ipofisario normale si espanda. Se vi è quindi evidenza clinica di espansione del tumore, e l’ingrandimento è confermato anche dalla Rm, la terapia dopaminergica deve essere ripresa. In generale, le linee guida dell’Endocrine Society raccomandano l’utilizzo della bromocriptina in gravidanza; tuttavia, molti esperti prediligono la cabergolina, specie se è stata già utilizzata prima della gravidanza, dato che non ci sono prove di esiti avversi né per il feto né per la madre.