Economia circolare, l’Italia peggiora ma rimane prima in Europa

economia circolare

Recuperare e riutilizzare i prodotti che fino a poco tempo fa finivano inesorabilmente in discarica è uno dei pilastri dell’economia circolare, che permette di abbattere emissioni e inquinamento ambientale. Il nuovo Rapporto nazionale sull’economia circolare, realizzata dal Circular Economy Network e Enea, descrive una frenata nel nostro paese

 

Recuperare e riutilizzare i prodotti che fino a poco tempo fa finivano inesorabilmente in discarica è uno dei pilastri dell’economia circolare, che permette di abbattere emissioni e inquinamento ambientale. Il nuovo Rapporto nazionale sull’economia circolare, realizzata dal Circular Economy Network descrive una frenata nel nostro paese.

Nonostante gli allarmi sulle crisi ambientali si rincorrano, infatti, il tasso di circolarità nell’economia mondiale sta diminuendo: in cinque anni siamo passati dal 9,1% al 7,2%. “In altre parole, il Pianeta ricicla e riusa di meno” spiegano gli autori del rapporto, “Tra le prime cinque economie dell’Ue l’Italia rimane il paese più circolare d’Europa, anche se negli ultimi cinque anni perde posizioni mentre altri Stati accelerano: non possiamo sederci sugli allori, occorre fare di più per mantenere la leadership”.

Oltre 3 euro generati per ogni Kg consumato

Il tasso di utilizzo circolare dei materiali in Italia è al 18,4%, resta più alto della media Ue (11,7%) nel 2021 – ultimo dato disponibile – ma eravamo al 20,6% nel 2020 e al 19,5% nel 2019. Per la produttività delle risorse siamo, assieme alla Francia, davanti alle altre principali economie europee con 3,2 euro generati per ogni kg di materiale consumato e anche nella percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, speciali e urbani, siamo in testa con il 72%. Nella classifica complessiva della circolarità delle cinque principali economie dell’Unione Europea (Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia) restiamo dunque leader ma nella tendenza degli ultimi cinque anni perdiamo posizioni: la Spagna ci segue a ruota e sta tenendo un ritmo di cambiamento più veloce dell’Italia.

I benefici per il clima e per l’economia

Il dato da cui parte l’analisi è preoccupante: l’economia globale brucia oltre cento miliardi di tonnellate di materiali l‘anno. “Accelerare la transizione all’economia circolare, dunque, contribuirebbe a migliorare le condizioni del Pianeta perché l’estrazione di materiale vergine potrebbe diminuire di oltre un terzo (-34%) e le emissioni di gas serra potrebbero essere ridotte contenendo l’aumento della temperatura globale entro i 2°C, salvaguardando insostituibili ecosistemi fondamentali per la vita del nostro Pianeta” spiegano gli autori del rapporto, secondo cui “ci sarebbero anche consistenti benefici economici. A partire da un importante contributo alla lotta contro l’inflazione che viene alimentata dai rincari del costo dei materiali e dell’energia: le strategie mirate al recupero di materia ed energia hanno un evidente effetto deflattivo”.

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Secondo Edo Ronchi, presidente del Circular economy network: “Occorre accelerare, anche per combattere l’inflazione. Se il costo delle materie prime e delle risorse aumenta, la circolarità è una risposta concreta alla crisi. Per questo è fondamentale dotarci di tutti gli strumenti utili per sviluppare pienamente l’economia circolare”.

Le misure da adottare

Edo Ronchi, Presidente del Circular Economy Network (CEN), elenca le proposte per migliorare il quadro: “Rispettare il cronoprogramma di attuazione della Strategia nazionale per l’economia circolare, recepire tempestivamente le misure europee, rafforzare il sostegno alle imprese, prevedere misure di fiscalità ecologica nella legge delega. È necessario inoltre sviluppare l’economia circolare delle materie prime critiche, garantire la realizzazione degli impianti previsti dal Pnrr, accelerare i tempi di realizzazione degli impianti di riciclo e dei ‘progetti faro’ già finanziati, per colmare il gap tra Centro-Sud e Nord e garantire un’adeguata dotazione impiantistica. Sui rifiuti è essenziale dare piena attuazione al Programma nazionale di gestione dei rifiuti, aggiornare entro fine anno i Piani regionali per raggiungere gli obiettivi di riciclo e riduzione dello smaltimento in discarica previsti dalle direttive Ue, accelerare e semplificare le normative sull’End of Waste, sviluppare la simbiosi industriale, nonché adottare il programma nazionale di prevenzione dei rifiuti”.

Il problema dell’importazione delle materie critiche

“L’Italia importa oltre il 99% delle materie prime critiche, mostrando una dipendenza dall’estero ancora più drammatica di quella europea”, ha dichiarato Roberto Morabito, Direttore del Dipartimento Enea di Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali. “Le materie prime critiche sono fondamentali per le filiere hi-tech più legate alla transizione energetica, circolare, digitale e alla qualità della vita in generale. A seguito delle emergenze degli ultimi anni, la richiesta di materie prime a livello globale si è bruscamente impennata, così come il loro prezzo, determinando un aumento del rischio di approvvigionamento con conseguente impatto negativo sulla competitività delle nostre filiere produttive, che rappresentano oltre il 30% del Pil nazionale. Per un paese come l’Italia, decisamente più povero di materie prime rispetto ai principali competitor, è ineludibile puntare sulla circolarità, dall’eco-design dei prodotti al recupero e riciclo, sfruttando le nostre miniere urbane, che sono la fonte potenziale di materie prime critiche più prontamente accessibile”.

Rifiuti ed energia

La percentuale di riciclo dei rifiuti nel 2020 è stata del 53% in Europa e del 72% in Italia, uno dei tassi di riciclo più alti nell’Ue. Rispetto alle altre principali economie europee, l’Italia nel 2020 ha consolidato il suo primato, superando di circa 17 punti la Germania. Il tasso di crescita negli ultimi dieci anni è invariato per l’Ue, mentre è salito dell’8% in Italia e del 3% in Spagna. Per quanto riguarda i valori pro capite, è prima l’Italia con ben 969 kg/abitante l’anno avviati a riciclo, seguono Germania (921), Polonia (726), Francia (625) e Spagna (472).

Meno positivo per il Belpaese l’andamento del tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo (il rapporto tra l’uso circolare di materia e l’uso complessivo, cioè da materie prime vergini + materie riciclate). Nell’Ue nel 2021 questo valore è stato in media dell’11,7%, – 0,1% rispetto al 2020. Per la prima volta l’Italia nel 2021 ha subito un calo, attestandosi al 18,4% (2,2% in meno rispetto all’anno precedente), perdendo il primato tra le cinque principali economie europee, superata dalla Francia, in testa con 1,4 punti % in più. Nel 2021 in media, in Europa, a parità di potere d’acquisto, per ogni kg di risorse consumate vengono generati 2,1 euro di PIL. Anche per questo indicatore l’Italia (-7% nell’ultimo biennio) è stata raggiunta dalla Francia: ambedue sono a 3,2 €/kg. Seguono Germania (2,7 €/kg) e Spagna (2,6 €/kg), mentre staccata è la Polonia (0,8 €/kg).

Le aziende che riparano diminuiscono

Nel 2020 l’Italia, con quasi 24.000 aziende che svolgono attività di riparazione, è al terzo posto tra le cinque economie più importanti d’Europa, dietro alla Francia (35.300 imprese) e alla Spagna (29.100). Negli ultimi dieci anni, però, le nostre aziende sono diminuite: 2.622 in meno rispetto al 2011, quasi -10%. Calano anche in Polonia, mentre crescono in Spagna, Francia e Germania.

Il sondaggio sulle abitudini degli italiani

È stata presentata oggi, sempre in occasione della Conferenza sull’economia circolare, un’indagine, realizzata da Circular Economy Network e Legacoop in collaborazione con IPSOS, su un campione rappresentativo di cittadini, che conferma l’interesse degli italiani per l’economia circolare. Negli ultimi 3 anni, infatti, quasi un italiano su 2 (il 45% degli intervistati) ha acquistato un prodotto usato e uno su 3 (il 36% del campione) un prodotto ricondizionato o rigenerato. Oltre l’80% delle persone intervistate pensa che ridurre il packaging sia importante. Leasing, noleggio e sharing sono utilizzati più della media (+ 10-11%) dalla fascia di popolazione di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Gli under 30, però, sono i più scettici circa le proposte per incentivare un approccio più circolare alle scelte d’acquisto, hanno poca fiducia nella capacità di migliorare la governance del settore.

QUI una scheda con alcuni risultati in sintesi (il testo integrale su https://circulareconomynetwork.it).