Economia circolare: come funziona il riciclo della plastica

RICICLO PLASTICA

L’incendio all’ex discarica di Malagrotta, ha di nuovo precipitato Roma in una situazione di emergenza. Ma più in generale il consumo di rifiuti nel nostro paese è molto lontano dall’economia circolare. Anche per quanto riguarda il riciclo della plastica. Con alcune eccezioni degne di nota

L’incendio che dal 15 giugno ha interessato per giorni parte dell’ex discarica di Malagrotta,  a Roma, apre numerosi interrogativi sul tema della gestione e trattamento dei rifiuti. Il sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri, ha firmato un’ordinanza disponendo per un periodo non superiore a 48 ore, e per un raggio di 6 km dal focolaio, la sospensione delle attività scolastiche e dei centri estivi, pubblici e privati. Ma anche il divieto di consumo degli alimenti di origine animale e vegetale prodotti nell’area individuata, il divieto di pascolo e razzolamento degli animali da cortile, il divieto di utilizzo dei foraggi e cereali destinati agli animali, raccolti nell’area individuata. I risultati delle analisi di Arpa Lazio hanno verificato che dalle fiamme e dalla densa colonna di fumo nero, si è sprigionata diossina, anche se la situazione non è stata definita preoccupante. In Campidoglio si sta lavorando con la Prefettura e la Regione per trovare una soluzione per le 900 tonnellate di rifiuti. Il rogo ha divorato parte di un impianto dove sono stoccati carta e plastica. Ed è proprio il riciclo plastica il tema centrale della questione. 

Sul sito Economiacircolare.com sono stati diffusi alcuni dati in merito alla produzione di rifiuti a Roma. Bisogna partire dai dati per restituire la fotografia di una grande città da quasi 3milioni di abitanti in difficoltà. 

Nel 2020 i romani hanno prodotto 1.529.044 di tonnellate di rifiuti urbani. Dato in calo a causa della pandemia. Sono 549 i chilogrammi di rifiuti che ogni romano produce ogni anno. 

La percentuale di rifiuti raccolti in maniera differenziata si ferma al 43,8% del 2020. Nel 2016 era il 42%. 

Nel 2020 a Roma sono stati differenziate 20.562 tonnellate di plastica. 

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Nello stesso anno, l’azienda municipalizzata Ama ha speso 128.440.762,51 di euro per trattare fuori città, in assenza di impianti e discariche, la gran parte dei rifiuti prodotti. I carichi di rifiuti prendono la via delle province di Latina, Frosinone, dell’Abruzzo e della Lombardia, o verso gli inceneritori dell’Emilia Romagna quando non partono in treno per quelli austriaci ed olandesi.

Intanto, la città si prepara ad accogliere i fedeli di tutto il mondo per il Giubileo del 2025. Il primo cittadino ha annunciato l’avvio di un nuovo termovalorizzatore da realizzare in tempi rapidi per risolvere l’annosa questione dello smaltimento dei rifiuti prodotti dalla capitale. 

L’impianto, in stile Copenhagen, potrebbe sorgere in prossimità di Santa Palomba, nel quadrante sud della città, al confine del IX Municipio e con Pomezia. Il progetto, un termovalorizzatore da 600mila tonnellate di rifiuti, dovrebbe portare alla chiusura delle discariche ma dovrà scontrarsi inevitabilmente con le barricate che gli ambientalisti sono pronti a organizzare.

La produzione di plastica

Il riciclo plastica è uno dei temi più attuali nel dibattito sulla gestione e smaltimento rifiuti. ECCO Climate, il think tank italiano per il Clima, ha redatto un rapporto in collaborazione con Greenpeac, SPRING, il cluster italiano della Bioeconomia Circolare e le Università di Padova e Palermo. Il rapporto analizza le criticità, le soluzioni e gli scenari futuri per favorire una decarbonizzazione della filiera della plastica che permetta al settore di rimanere competitivo e, allo stesso tempo restare allineato con gli obiettivi di neutralità climatica al 2050.

Dal Rapporto si apprende che l’Italia è il secondo Paese consumatore di plastica in Europa: nel 2020 sono state consumate 5,9 milioni di tonnellate di polimeri fossili, corrispondenti a quasi 100 kg a persona. In Europa, il 99% della plastica vergine viene prodotta utilizzando come materie prime petrolio e gas naturale e i combustibili fossili vengono impiegati anche per la generazione del calore necessario durante il processo produttivo. Ciò comporta l’immissione in atmosfera di circa 1,2 kg di CO2 per ogni kg di plastica, considerando la sola fase di produzione. Se si esaminano anche le emissioni di CO2 relative all’estrazione e alla raffinazione dei combustibili fossili, per la produzione di 1 kg di plastica si ha un totale di circa 1,7 kg di emissioni dirette di CO2.

Il 42% della plastica consumata nel nostro Paese viene utilizzata nel settore degli imballaggi e dell’usa e getta, il 12% nell’edilizia e il 7% nel settore automotive.

In Italia poco più del 30% dei rifiuti plastici viene destinato al riciclaggio e le bioplastiche rappresentano quasi il 6% del mercato (in termini di produzione). 

Il Rapporto e i dati parlano chiaro: “Affinché il settore della plastica continui a rivestire un ruolo chiave nel tessuto produttivo italiano, contribuendo al tempo stesso agli obiettivi ambientali e climatici, è fondamentale che ci sia una politica industriale che fornisca policy efficaci. Al momento, la visione politica per questo comparto industriale è insufficiente e questo vuoto va colmato al più presto per dare un indirizzo chiaro agli attori del settore. Il grande ricorso agli imballaggi e la mancanza di proposte legislative nella filiera dell’usa e getta sono due esempi di come si rischi di non orientare l’industria italiana verso attività economiche compatibili con gli obiettivi climatici di lungo periodo”.

La soluzione al problema deve passare da un allineamento dei processi industriali. Oltre che da:

  • Riduzione dei consumi di plastica;
  • Incremento del tasso di riciclo e di riutilizzo;
  • Impiego maggiore di bioplastiche.

Quando parliamo di processi industriali da rivedere, oltre ai consumi e agli stili di vita di ciascuno di noi, ci viene in mente l’Economia Circolare e il riciclo plastica. 

Cosa è l’Economia circolare

Per definizione, l’Economia circolare è un termine che definisce un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua ecosostenibilità. Secondo la definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation, in un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: 

  • Quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera;
  • Quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.

L’Economia circolare è un modello di produzione e consumo attento alla riduzione degli sprechi delle risorse naturali e consistente in condivisione, riutilizzo, riparazione e riciclo di materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto, laddove possibile, vengono reintrodotti nel ciclo economico e possono essere continuamente riutilizzati all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore. 

I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato su uno schema opposto: estrarre, produrre, utilizzare e gettare. Tale modello, sensibile a mere ragioni di gettito e di prelievo, dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali ed energia facilmente reperibili e a basso prezzo.

Riduzione rifiuti e riciclo

L’incentivazione dell’economia circolare si fonda su due capisaldi:

  • La riduzione della quantità di rifiuti da gestire, raggiungibile sia attraverso misure di prevenzione da applicare non solo durante il processo produttivo, ma già in sede di progettazione dei beni, sia selezionando con attenzione quegli scarti di lavorazione che possono essere qualificati come sottoprodotti e dunque idonei alla commercializzazione;
  • La diffusione, tramite il riciclaggio e le operazioni di recupero, dei procedimenti e dei trattamenti volti alla cessazione della qualifica di rifiuto.

L’esempio del car sharing

Uno dei principi fondanti dell’Economia circolare si basa sul presupposto che gran parte della materia trasformata in oggetti giace inutilizzata per la maggior parte della sua vita. Magazzini colmi di macchinari in attesa di essere dismessi, scatoloni in cantina pieni di vestiti con scarso valore affettivo, oggetti comprati e usati una volta l’anno. L’economia circolare guarda ai processi di condivisione di prodotti e oggetti (economia collaborativa). Ad esempio un’automobile giace inutilizzata per circa il 90% del suo tempo contro il 60% di un’auto del car sharing, ossia il mezzo in condivisione, che riduce al massimo lo spreco d’uso del prodotto. 

Una nuova definizione di rifiuti urbani 

I primi interventi legislativi in materia di economia circolare si sono avuti con la Legge numero 166 del 19 agosto 2016, sul contrasto allo spreco di beni alimentari e di farmaci invenduti. 

Riciclo plastica e economia circolare (Circular Economy for Plastics)

La plastica, come tutti gli altri materiali, è entrata nella nuova definizione di rifiuti urbani introdotta dalla direttiva dell’Unione Europea del 20218. 

Il 16 gennaio 2018 la Commissione Europea ha pubblicato una comunicazione che istituisce una strategia europea per la plastica nell’economia circolare. 

La Commissione descrive la sua visione per una nuova economia della plastica in Europa, in cui, tra l’altro, tutti gli imballaggi di plastica dovrebbero essere riprogettati in modo da consentirne il riciclaggio o il riutilizzo entro il 2030.

Per raggiungere tale obiettivo, la strategia ridefinita da Bruxelles presenta un ampio ventaglio di misure incentrate in quattro ambiti:

1) migliorare gli aspetti economici e la qualità del riciclaggio della plastica; 

2) ridurre i rifiuti di plastica e arginare il loro abbandono nell’ambiente; 

3) promuovere gli investimenti e l’innovazione nella catena del valore della plastica; 

4) sfruttare le azioni globali.

Gli esempi virtuosi: la bioraffineria di Sesto San Giovanni

Mentre a Roma brucia la plastica di Malagrotta, un esempio di impianto a economia circolare ci viene da Sesto San Giovani, nell’hinterland milanese. Là dove un tempo i rifiuti si polverizzavano tra le “fiamme” di un inceneritore, adesso serviranno a produrre energia a zero emissioni. È proprio il caso di dire che risorgerà dalle “ceneri”. Proprio qui, a Sesto, sorgerà la prima bioraffineria non inquinante. Il primo polo di economia circolare progettato per trasformare i fanghi da depurazione e la Forsu (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano). All’interno del processo di lavorazione, i rifiuti saranno riconvertiti in energia pulita, biometano, fertilizzante e calore.

Il progetto è della ZeroC, società pubblica della quale sono soci il Gruppo Cap (che gestisce il servizio idrico integrato nella Città metropolitana di Milano) e i comuni di Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Cormano, Pioltello, Segrate e Sesto San Giovanni. Città che potranno attingere energia da questo nuovo riconvertito impianto.

Questo progetto è una delle risposte concrete a una domanda tornata prepotentemente d’attualità in questi mesi di guerra tra Russia e Ucraina: come può l’Europa dipendere meno dai Paesi dell’Est?

La biopiattaforma di via Manin, a Sesto, sarà carbon neutral (senza emissioni di CO2) e a zero odori. Prenderà il posto del camino bianco e rosso del termovalorizzatore Core, spento dopo vent’anni di attività. L’assessore regionale all’Ambiente, Raffaele Cattaneo, lo aveva salutato con queste parole: “In Lombardia ci sono oltre 3mila imprese autorizzate al trattamento dei rifiuti. La nostra Regione ha avuto il coraggio di fare gli impianti necessari. Non tutte le altre hanno avuto lo stesso coraggio. Oggi facciamo un passo in più: spegniamo uno dei più termovalorizzatori più vecchi e piccoli, quindi meno efficienti, tra quelli che abbiamo in Lombardia e accendiamo un percorso nuovo che porterà verso la biopiattaforma. Ma la logica è la stessa: occorrono gli impianti per fare in modo che l’economia circolare non sia solo uno slogan ma diventi realtà”.

Energia pulita e fertilizzanti rari

Il nuovo termoimpianto sarà collegato al vicino depuratore e potrà valorizzare 65mila tonnellate l’anno di fanghi umidi, producendo oltre 11mila Mwh di calore per il teleriscaldamento. Nel contempo potrà generare il fosforo necessario per la produzione di fertilizzanti naturali e rari in Europa, tanto è vero che il nostro continente è costretto ad importarli per oltre l’80% del fabbisogno. Ancora: l’impianto accoglierà 30mila tonnellate all’anno di rifiuti organici da raccolta differenziata, per la produzione di biometano.

Insomma, un esempio concreto di come funziona l’economia circolare: dalla produzione, al consumo, al riciclo che rigenera. 

A che punto siamo? Il progetto R.E.S. in Molise

Il Rapporto 2021 sull’economia circolare della plastica dell’EEA, Agenzia Europea per l’Ambiente (Plastics, the circular economy and Europe′s environment – A priority for action) aveva segnalato l’aumento dei rifiuti di plastica durante la pandemia da Covid-19. A oggi, solo il 9% della plastica nel mondo viene riciclato. Il riciclo plastica secondo le “leggi” dell’Economia circolare di fatto è ancora un miraggio. Intanto, in Molise sta partendo il progetto R.E.S. (Recupero Etico Sostenibile) dell’azienda molisana Smaltimenti Sud. Un altro esempio concreto di come l’Economia circolare riesca a dare nuova vita ai rifiuti di plastica, in questo caso nel mondo della moda, del fashion e del luxury, trasformando il polimero in tessuti.