Cosa fare se ci punge un calabrone

CALABRONE

La puntura di un calabrone è molto dolorosa ma se non si è allergici non causa conseguenze letali. Ecco come intervenire

I calabroni, insetti che fanno parte della categoria degli imenotteri, possono rappresentare un pericolo da non sottovalutare, in quanto una loro puntura oltre ad essere dolorosissima potrebbe in alcuni casi avere delle conseguenze anche molto gravi.

Nonostante la maggior parte delle persone non manifestino particolari tipi di problemi dopo essere state punte, è necessario conoscere i rischi che questo tipo di animali presentano per gli esseri umani e anche come affrontare eventuali situazioni rischiose. Ecco dunque tutto quello che bisognerebbe sapere nel merito della questione.

Che cosa sono i calabroni?

La vespa crabro, anche detta aponale o cravunaro rosso, rappresenta la varietà di vespa europea dalle dimensioni più considerevoli. Si tratta di un insetto carnivoro che tende a divorare altri insetti, nonostante non disdegni cibarsi anche di sostanze zuccherine.

Gli esemplari adulti presentano un colore bruno rossiccio, con macchie e strisce gialle, e per quanto riguarda la variante europea e nordamericana hanno una lunghezza compresa fra i 20 e i 25 millimetri. L’animale tende a vivere in grandi nidi esterni di forma circolare, impastati con legno e saliva.

Questo animale è tendenzialmente diurno, nonostante non sia poi così raro trovarlo anche di notte, attirato dalle luci artificiali. Di norma, l’insetto non ha interesse ad attaccare di sua sponte l’uomo, al quale è in realtà piuttosto indifferente. Tuttavia, soprattutto se si sente minacciato, può colpire animali e individui troppo vicini al suo alveare: a essere dotate di un lungo pungiglione sono le femmine, che quando pungono rilasciano anche delle sostanze, i feromoni, che agiscono da “magnete” per gli altri elementi della colonia. Ciò significa che dopo essere stati punti è possibile finire vittima di un attacco di gruppo.

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In natura esistono anche altri tipi di calabroni, come il celebre calabrone gigante asiatico, che si distingue dagli altri per le sue ragguardevoli dimensioni: un esemplare può raggiungere i 4,5 centimetri, con un’apertura alare di 7,5 cm e un pungiglione che può arrivare ai 6 millimetri. Nativo di alcune regioni dell’Asia centrale e tropicale, è il calabrone più grande al mondo: fino ad oggi, in ogni caso, non ne è mai stata segnalata la presenza in territorio europeo, mentre ci sono state sporadiche segnalazioni negli Stati Uniti.

Gli effetti della puntura

Chi è stato punto da uno da questi imenotteri difficilmente potrà dimenticare l’esperienza vissuta. Il livello di dolore che si prova è infatti molto intenso, lancinante, pulsante, e provoca una reazione cutanea praticamente immediata, con rossore e gonfiore diffuso nella zona dove è stato iniettato il pungiglione (e il relativo veleno).

L’inserimento del pungiglione dell’animale dà agli esseri umani la sensazione di essere “trafitti da un ago incandescente“, anche a causa delle sostanze tossiche che vengono iniettate al momento dell’attacco. Bisogna inoltre ricordare che la differenza sostanziale che intercorre fra questi animali e le comuni api, per esempio, è il fatto che uno stesso esemplare può essere in grado di pungere anche più volte, poiché il suo pungiglione rimane quasi sempre attaccato al suo addome (le api, invece, muoiono subito dopo avere punto).

C’è un motivo preciso se la puntura è così dolorosa. Nel corpo dell’animale sono infatti presenti istamina e acetilcolina, oltre ad altre sostanze chimiche come le chinine che sono capaci di dilatare i vasi sanguigni causando gonfiore e dolore. Rispetto alle api inoltre questi insetti possono iniettare la tossina mastoparan e le fosfolipasi, che combinate insieme indeboliscono le cellule immunitarie e innescano un’importante infiammazione. Quando ci si riferisce ai calabroni asiatici, in modo particolare, è necessario segnalare il rischio di entrare in contatto anche con certe neurotossine in grado di avere effetti deleteri sugli impulsi nervosi.

Generalmente, dopo essere stati punti si percepisce un forte bruciore (associato, di solito, anche a prurito) nell’area interessata destinato a durare per diversi minuti, ma che si risolve nella maggior parte dei casi entro una mezz’ora.

A seconda degli individui e della loro suscettibilità al veleno dell’animale, è possibile che la reazione allergica relativa si protragga fino a un massimo di 10 giorni. Per il resto, circa il 10% delle persone manifestano dei sintomi sistemici, estesi quindi a tutto l’organismo.

Non è raro che successivamente ad un attacco da parte di un calabrone si manifestino un’orticaria generalizzata (estesa ad un’area del corpo superiore ai 10 centimetri di diametro), dispnea e difficoltà respiratoria, un forte calo di pressione, nausea e vomito.

Lo shock anafilattico e il rischio di morte concreto

È per fortuna molto difficile che un singolo attacco di un calabrone possa portare un individuo sano alla morte, questo perché il suo veleno non è sufficientemente potente e viene comunque iniettato in quantità ridotte. Diverso è il discorso, invece, se si dovesse essere disgraziatamente vittime di un attacco di un intero alveare: si pensa che la morte in un adulto possa sopraggiungere in questi casi con circa un migliaio di punture, mentre per un bambino ne potrebbero bastare circa 500.

Tuttavia, una persona allergica al veleno di questi imenotteri può morire anche soltanto con una semplice puntura. Esistono infatti delle persone che possiedono anticorpi specifici contro alcune delle sostanze presenti nel veleno dei calabroni (come per esempio la stessa istamina).

Se si è consapevoli di essere soggetti allergici alle punture di questi insetti è fondamentale portare sempre con sé (soprattutto nel caso di scampagnate all’aperto) una fiala di adrenalina iniettabile, che andrà a limitare i danni nell’immediato. Nel caso in cui si dovesse presentare lo scenario di una puntura, comunque sia, sarà importantissimo recarsi nel più breve tempo possibile all’ospedale per tutti gli accertamenti del caso.

La celerità è un elemento chiave: tutti i decessi registrati fino ad oggi rispetto alle punture di questi insetti sono infatti avvenuti entro la prima ora dall’attacco. Vale inoltre la pena ricordare che la maggior parte dei casi di decessi sono avvenuti alla luce di una puntura sulla testa o sul collo.

Come comportarsi in caso di puntura

Se di dovesse essere punti da uno di questi insetti (vale lo stesso discorso anche per le api o le vespe) il primo consiglio è non perdere la calma: agitandosi troppo o effettuando gesti inconsulti si potrebbe infastidire ulteriormente l’animale, che potrebbe dunque attaccare di nuovo come naturale reazione di difesa.

Il primo step dovrebbe essere innanzitutto la rimozione del pungiglione dell’animale, nel caso esso fosse rimasto all’interno della ferita. Si tratta di un’evenienza particolarmente comune nel caso in cui ad attaccare sia stata un’ape, che come si è visto perde questa parte del corpo. Il pungiglione appare come un piccolo puntino nero al centro della zona arrossata che sarà facilmente rimovibile attraverso un paio di pinzette o anche soltanto con le unghie. Quest’operazione è fondamentale sia per evitare eventuali infezioni, sia perché l’addome dell’animale continuerà a iniettare il veleno anche dopo la puntura.

Nella maggior parte dei casi la reazione sarà di poco conto e per prendersene cura basterà applicare sulla zona colpita un cubetto di ghiaccio, che aiuterà a ridurre l’infiammazione e l’effetto del veleno. Bisognerebbe inoltre evitare di grattarsi, perché con quest’operazione si potrebbero inserire nella ferita dei batteri infetti (sempre meglio non rischiare di doversi sottoporre ad una terapia antibiotica successiva).

Se la reazione dovesse essere molto estesa sarà possibile utilizzare subito un farmaco cortisonico o un antistaminico. Naturalmente va consultato un medico.

Quando è necessario preoccuparsi

I soggetti più a rischio, come si è visto, sono quelli allergici. Non è da escludere che reazioni importanti alla puntura possano presentarsi anche in persone particolarmente fragili, o se le punture sono state numerose e se la vittima è stata colpita in specifiche aree del corpo.

Nel caso siano avvenute almeno 8-10 punture è sempre necessario far intervenire il personale del pronto soccorso, in quanto il veleno dell’animale può essere iniettato in quantità tali da provocare pericolose reazioni. Oltre ai sintomi già citati in precedenza, un attacco particolarmente grave può comportare anche febbre alta, vertigini, convulsioni e svenimento.

Un’intossicazione da veleno di imenotteri potrebbe persino condurre a seri danni da un punto di vista cardiaco, renale o ancora muscolare.

All’interno di una struttura ospedaliera specializzata, nel caso di reazioni particolarmente serie, sarà quindi possibile impostare un’immunoterapia particolare, anche chiamata vaccino desensibilizzante (nonostante la terminologia non sia propriamente corretta). Tale terapia, vale la pena di sottolinearlo, potrebbe essere anche di lunga durata (si parla di anni) e ha come obiettivo quello di ridurre la sensibilità del paziente a certi tipi di allergeni nel corso del tempo.

Come proteggersi

Esistono pochi e semplici accorgimenti che ci possono evitare il rischio di entrare in contatto con questi animali potenzialmente pericolosi.

Conoscere il loro habitat e le loro abitudini è fondamentale per non dover rischiare fastidiose conseguenze.

Gli esperti consigliano dunque di evitare di sostare troppo a lungo vicino ad alberi da frutto, di camminare o correre scalzi a piedi nudi sull’erba, di indossare profumi troppo dolci che potrebbero attirare gli insetti (così come abiti dai colori troppo sgargianti) e di lasciare residui cibi e bevande all’aperto.