Il rimborso Irpef, in caso di imposte pagate in più del dovuto, può scattare in automatico o può essere richiesto in modalità telematica, tramite cassetto fiscale o direttamente allo sportello di Agenzia delle entrate. Ecco come fare.
Il governo ha varato alcune novità per la dichiarazione dei redditi 2023 modello 730. Il modulo precompilato sarà disponibile fino al 2 ottobre. Mentre, dal 2 maggio le dichiarazioni già compilate dell’Agenzia entrate (AdE) potranno essere consultate, e dal 11 giorno 11 maggio sarà possibile accettare, modificare o inviare il 730 e il modello Redditi.
Ma cosa succede se si pagano tasse in più? È possibile ottenere il rimborso dell’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche)? Accade, e molto più frequentemente di quanto si pensi. Per questo, il rimborso dell’imposta si può ottenere. Ecco come.
Come si paga l’Irpef
Ogni anno i contribuenti e lavoratori italiani possono versare l’imposta tramite un acconto suddiviso in una o due rate, e un saldo. In particolare, si versa il saldo relativo all’anno precedente e un acconto inerente all’anno in corso.
L’acconto Irpef è dovuto se l’imposta dichiarata nell’anno in corso (riferita, quindi, all’anno precedente) è superiore a 51,65 euro una volta sottratte le detrazioni, i crediti d’imposta, le ritenute e le eccedenze.
L’acconto è pari al 100% dell’imposta dichiarata nell’anno oppure dell’imposta inferiore che il contribuente prevede di dover versare per l’anno successivo.
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L’acconto per l’anno in corso deve essere versato in una o due rate, a seconda dell’importo, nella seguente modalità:
· Unico versamento entro il 30 novembre dell’anno di imposta se l’acconto è inferiore a 257,52 euro;
· Due rate, quando l’acconto è pari o superiore a 257,52 euro. La prima è pari al 40% e va versata entro il 30 giugno dell’anno di imposta (insieme al saldo dell’anno precedente), la seconda è del restante 60% e va versata entro il 30 novembre dello stesso anno.
Invece, i soggetti che devono applicare gli Indici sintetici di affidabilità (Isa) e i soggetti che rientrano nel regime forfetario effettuano:
· Un unico versamento entro il 30 novembre se l’importo totale dovuto non supera 206 euro;
· L’acconto in due rate di pari importo entro le stesse scadenze previste per gli altri contribuenti (30 giugno e 30 novembre).
Dunque, il saldo e l’eventuale prima rata di acconto devono essere versati entro il 30 giugno dell’anno in cui si presenta la dichiarazione, oppure entro i successivi 30 giorni pagando una maggiorazione dello 0,40%. La scadenza per l’eventuale seconda o unica rata di acconto è invece il 30 novembre.
Tutti i contribuenti (lavoratori autonomi, dipendenti, datori di lavoro, commercialisti e Caf per contro dei contribuenti) pagano le imposte tramite il modello F24.
I soggetti non residenti possono pagare le imposte anche con altre modalità, per esempio bonifico bancario o attraverso i servizi online AdE.
E se pago più del dovuto?
Succede di pagare più del dovuto. Tramite le dichiarazioni già compilate, dal giorno 11 maggio sarà possibile accettare, modificare o inviare il 730 e il modello Redditi. Ma potrebbe sfuggire qualcosa e superare i termini di scadenza. A questo punto si può chiedere il rimborso.
Come chiedere il rimborso Irpef
Bisogna fare una distinzione tra chi ha già presentato il 730 e, soltanto in seguito si accorge dei versamenti Irpef in eccesso e chi invece dipende dal datore di lavoro o ente pensionistico.
Nel primo caso, per ottenere il rimborso, è possibile presentare un modello 730 integrativo e ottenere il conguaglio della somma spettante da parte del sostituto d’imposta con la consueta procedura.
L’istanza di rimborso relativa alle imposte dirette o a imposte sul reddito può essere presentata all’ufficio dell’Agenzia entrate competente in base al domicilio fiscale del contribuente al momento in cui è stata (o avrebbe dovuto essere) presentata la dichiarazione dei redditi da cui si genera il rimborso.
L’istanza di rimborso per versamenti eccedenti o non dovuti relativi all’imposta di registro e alle altre imposte indirette diverse dall’Iva deve essere presentata all’ufficio territoriale dell’AdE dove è stato registrato l’atto o la successione a cui è collegato il versamento di cui si chiede il rimborso. Altrimenti, in mancanza di un atto registrato, all’Ufficio territorialmente competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente.
Laddove il contribuente dovesse inoltrare l’istanza di rimborso ad un ufficio non competente a riceverla, sarà cura di quest’ultimo provvedere alla trasmissione della richiesta alla struttura competente.
La richiesta di rimborso, in carta semplice, ove non sia prevista la presentazione di un apposito modello, deve contenere l’indicazione dell’importo richiesto, i motivi in base ai quali si ritiene di aver diritto al rimborso e i documenti utili a dimostrare la fondatezza della richiesta, se non già in possesso della pubblica amministrazione.
Possono essere inviate tramite Pec, e-mail o posta ordinaria, ma anche con i servizi telematici (Qui: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/area-riservata) del proprio cassetto fiscale, o ancora direttamente allo sportello, unitamente all’eventuale documentazione a supporto e copia del documento di identità in corso di validità.
In caso di delega, è necessario presentare la copia di un documento di identità sia del delegante che del delegato, entrambi in corso di validità.
In particolare, gli utenti abilitati ai servizi telematici possono presentare, anche per conto di un’altra persona, documenti e istanze utilizzando il servizio web “Consegna documenti e istanze”, disponibile al percorso “Servizi – Istanze – Istanze e Certificati”, e ottenere la ricevuta di protocollazione.
Entro quando chiedere il rimborso?
I tempi sono già stabiliti e così organizzati:
· Dichiarazione integrativa (Entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione da correggere);
· Presentazione di una istanza di rimborso relativa a imposte sui redditi, quindi Irpef, ma anche Ires, ecc. (Entro 48 mesi quando il versamento è stato effettuato in una data in cui era insussistente il presupposto. Oppure 48 mesi dalla data di ogni singolo versamento, nel caso di più versamenti: acconti, saldo rateizzato, ritenute mensili).
Quando il rimborso Irpef scatta in automatico?
La procedura sopra descritta non dovrebbe essere sempre necessaria, poiché il rimborso scatta in automatico, nei seguenti casi:
· Credito d’imposta da riscuotere nella dichiarazione dei redditi;
· Minor debito rispetto a quello preventivato e calcolato in acconto.
Quando si paga in più sul modello 730, il rimborso viene effettuato direttamente dal datore di lavoro (in caso di contribuente dipendente) o dall’ente pensionistico per i pensionati. Cioè quando il datore di lavoro o l’ente pensionistico agiscono direttamente come sostituto d’imposta, perciò avviene il cosiddetto conguaglio fiscale.
La somma in eccedenza viene accreditata in busta paga o sul cedolino della pensione nel mese di luglio per i lavoratori dipendenti che hanno presentato la dichiarazione entro giugno e nel mese di agosto per i pensionati.
Per coloro che dovessero presentare le dichiarazioni successivamente, il rimborso slitta fino a un massimo di 4 mesi.
In alternativa, è possibile scegliere di utilizzare il proprio credito in compensazione, per pagare altre imposte mediante modello F24.
E se la richiesta venisse respinta?
Il rimborso Irpef potrebbe essere negato. La richiesta, respinta dall’AdE che, in tal caso, dovrebbe inviare al contribuente una notifica o comunicazione all’indirizzo di posta o sul cassetto fiscale, con provvedimento esplicito di diniego di riconoscimento del rimborso.
Ma può esserci anche il “silenzio-rifiuto” dopo 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso. Non aver ricevuto risposta vale come diniego della richiesta.
Cosa fare a quel punto? Il proprio commercialista o Caf di riferimento, ma anche il contribuente stesso, potrebbero impugnare il diniego, esplicito o tacito, di accoglimento del rimborso facendo ricorso alla Corte di giustizia tributaria di primo grado, entro 60 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione o dal silenzio rigetto.
L’istanza di rimborso di un tributo deve essere rivolta contro l’ente impositore in quanto il sostituto d’imposta resta estraneo al rapporto obbligatorio controverso, che vede il contribuente nella veste di debitore e l’ente impositore in quella di creditore. Questa regola è stata ribadita dalla Commissione tributaria per la Liguria che ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle entrate in un caso specifico di un contribuente che aveva opposto ricorso.
Qui la modulistica https://www.giustiziatributaria.gov.it/gt/modulistica e le informazioni sulle modalità di presentazione dei ricorsi https://www.giustiziatributaria.gov.it/gt/modalita-di-presentazione-del-ricorso .
E se il rimborso è maggiore o minore di quanto richiesto?
A seguito dei controlli dell’AdE, può risultare un rimborso di importo differente (maggiore o minore) rispetto a quello richiesto dal contribuente con la presentazione della dichiarazione dei redditi.
In particolare, l’Agenzia invia al contribuente una comunicazione sull’esistenza di un possibile maggior credito emerso dalle operazioni di liquidazione automatizzata delle dichiarazioni, che potrà essere confermato o come credito per la dichiarazione successiva o come rimborso per l’anno in corso.
In generale, se il rimborso riconosciuto non corrisponde a quanto il contribuente ha richiesto, è possibile ricevere maggiori informazioni rivolgendosi all’ufficio territoriale (Qui la mappa: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/siti-web-regionali ).
In ogni caso, il contribuente può opporsi seguendo le regole del contenzioso (Qui le varie modalità per procedere: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/schede/accertamenti/contenzioso-e-strumenti-deflativi/infogen-cont-strum-defl).