Eccesso di ferro: quali sono i sintomi e i rimedi

ferro

Non tutti i “ferri” sono uguali. L’eccesso di questo minerale è una condizione rara, ma che può portare a gravi conseguenze per la salute. Come riconoscere i sintomi (a volte vaghi) e porre rimedi, anche con una dieta “ferrosa”.

 

 

L’eccesso di ferro nell’organismo è una condizione meno frequente rispetto alla carenza di questa sostanza. Colpisce circa il 5% degli adulti e si manifesta con un aumento della ferritina. Le patologie da accumulo di ferro sono varie, con sintomi a volte vaghi o aspecifici, ma rimedi adeguati.

 

Cosa si rischia con il ferro alto?

Gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità associano questa condizione a possibili danni a tessuti e organi, in particolare cuore, fegato e pancreas.

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Inoltre, l’eccessivo accumulo e il malassorbimento possono condurre a una situazione patologica nota come emocromatosi. Tale patologia può essere dovuta ad altri fattori, quali:

·       Non corretta alimentazione;

·       Malattie come anemia, talassemia, epatopatia alcolica;

·       Malattia ereditaria molto frequente, caratterizzata dal difetto di un gene (cosiddetto Hfe), responsabile della regolazione dell’assorbimento del ferro assunto con gli alimenti.

L’aumento della ferritina può essere il sintomo di malattie infiammatorie in corso o malattie metaboliche che mettono a rischio complicazioni cardiovascolari o problemi del fegato.

Questo minerale essenziale viene assorbito a livello del duodeno, ma va distinto in due gruppi:

·       Gruppo eme (Di più facile assorbimento);

·       Gruppo non eme.

 

I sintomi

I medici del Gruppo San Donato chiariscono che i sintomi generalmente associati ad una iperferritinemia, ossia un alto livello di concentrazione di ferritina nel sangue, possono essere vaghi ed aspecifici, perché spesso si manifesta senza una vera e propria sintomatologia. Tuttavia, in alcuni casi, si possono riscontrare:

·       Astenia e debolezza;

·       Dolori sia addominali, sia di natura articolare (associati a un senso di debolezza);

·       Perdita di peso;

·       Pelle di colore grigiastro.

 

Quando il ferro è troppo alto?

Il regime alimentare per sostenere un organismo sano può essere indicativo di questa condizione. Ad esempio, la carne in generale contiene circa il 40% di ferro eme e il 60% di ferro non eme. Del ferro contenuto nella carne, eme e non eme, ne viene assorbito circa il 10-30%, percentuale che sale fino al 40% se si considera il solo elemento eme.

Gli alimenti vegetali contengono solo ferro non eme di più difficile assorbimento (meno del 5%). Una persona priva di carenze assorbe in media circa il 10% del ferro introdotto con la dieta.

Circa l’80% del ferro introdotto con la dieta è incorporato nel gruppo eme, mentre il restante 20% è immagazzinato come sostanza non emica, che deve essere necessariamente nella forma ridotta.

Per rilevare una carenza o un eccesso di questo minerale occorre un esame del sangue che ne misura la quantità circolante. Tramite esami di laboratorio specifici è possibile ottenere i risultati di 3 valori in particolare, importanti per un eventuale approfondimento, e sono:

·       Quantità di ferro o ferritina (La proteina responsabile dell’immagazzinamento del ferro, e che è presente soprattutto nel fegato, nei muscoli e nel midollo osseo;

·       Transferrina (La proteina che trasporta il ferro alle cellule responsabili dell’eritropoiesi, vale a dire la sintesi delle emazie);

·       Sideremia (Valore che indica la quantità di ferro legata alla transferrina).

 

I valori di ferritina considerati normali sono:

·       Fino a 250 ng/mL (nanogrammi per millilitro) per le donne;

·       Fino a 340 ng/mL (nanogrammi per millilitro) per gli uomini.

Tuttavia, occorre considerare anche alcune variazioni fisiologiche. Alcuni fattori possono influenzare i valori della ferritina nel sangue, come:

·       L’età (Si riscontrano livelli più elevati alla nascita e nei primi mesi di vita fino a 600 ng/mL);

·       Il sesso (La ferritina è più alta nell’uomo e più bassa nella donna almeno sino alla menopausa);

·       La gravidanza;

·       La pratica di una regolare ed intensa attività fisica.

Anche il fabbisogno, da coprire con gli alimenti, varia a seconda dell’età e del sesso, ma soprattutto aumenta in caso di gravidanza e allattamento. Un bambino in genere ha bisogno di 7-9 milligrammi (mg) al giorno, un uomo adulto necessita di 10/12 mg giornalieri, una donna circa 18 mg. Può aumentare fino a 20 mg, in particolare per le donne in età fertile, gli sportivi e le persone colpite da disturbi intestinali da malassorbimento o da intolleranze alimentari.

 

Quali sono i rischi

Quando gli aumenti del valore di ferritina risultano contenuti rispetto alla norma, possono essere la spia di stati infiammatori acuti o cronici o dismetabolici.

Davanti a rialzi più significativi si può già parlare di un sovraccarico di ferro nel sangue. Questa condizione è generalmente riconducibile a possibili:

·       Disturbi del fegato;

·       Emocromatosi (Malattia originata da alcuni difetti nei meccanismi di relazione del ferro che ne producono un accumulo);

·       Infezioni acute e croniche;

·       Patologie di natura autoimmune come Lupus eritematoso, Artrite reumatoide;

·       Post trasfusione;

·       Etilismo;

·       Alcuni tumori.

Un deposito eccessivo di ferro nel nostro organismo può rappresentare un rischio dal momento che potrebbe depositarsi negli organi, soprattutto cuore, fegato, testicoli, e nelle articolazioni, con conseguenze ben più serie.

Inoltre, alti livelli di ferritina sono associati ad un maggior rischio di diabete mellito di tipo 2.

 

Quali sono i sintomi dell’emocromatosi

Capitolo a parte merita questa malattia, che si manifesta con sintomi più tardivi ed è dovuta a difetti nei meccanismi di regolazione del metabolismo del ferro. Se non diagnosticata e trattata in tempo può provocare danni anche seri a fegato, pancreas e cuore, alle ghiandole connesse alla sfera sessuale e alle articolazioni.

I medici dell’Irccs Humanitas registrano due forme della malattia:

·       Ereditaria (Quella più diffusa);

·       Secondaria (Dovuta a cause diverse).

Quella ereditaria, detta anche emocromatosi primitiva o emocromatosi idiopatica, è classificata in 4 tipologie: emocromatosi di tipo 1, di tipo 2, di tipo 3 e di tipo 4. L’emocromatosi di tipo 2, conosciuta anche come emocromatosi giovanile, è una forma piuttosto severa che insorge precocemente e, se non trattata, può portare alla morte entro i 30 anni di età.

La patologia può però avere alla base diverse altre cause; malattie come le anemie sideroblastiche, la talassemia e l’epatopatia alcolica. Oppure altre condizioni come l’eccessiva assunzione di ferro: in questi casi si parla di emocromatosi secondaria.

L’eccesso di ferro nell’organismo può arrivare a provocare gravi danni come cirrosi epatica, diabete, scompenso cardiaco, aritmie, artropatie e osteoporosi.

Nell’uomo può portare a impotenza e nella donna all’amenorrea, e in entrambi può provocare la sterilità.

L’organo che soffre maggiormente per l’accumulo di ferro è il fegato. Infatti, nei soggetti con emocromatosi il rischio di sviluppare malattie epatiche come cirrosi, fibrosi e carcinomi è superiore a quello della popolazione sana.

Ad eccezione dell’emocromatosi di tipo 2, caratterizzata da insorgenza precoce e severa, generalmente la sintomatologia fa la sua comparsa dopo i 40-50 anni di età- Il ferro svolge la sua azione tossica in modo lento e progressivo, per questo motivo la malattia non presenta sintomi specifici nelle prime fasi e si manifesta solo negli stadi avanzati, quando spesso i danni sono ormai gravi.

Il sintomo più caratteristico è la colorazione della pelle, che acquista tonalità bronzee. Altri sintomi sono stanchezza, dolori articolari, perdita della libido, dolori addominali, ipogonadismo, diabete, aumento di volume del fegato (epatomegalia).

In genere, i soggetti affetti da sovraccarico lieve di ferro sono asintomatici. Altri avvertono tipicamente debolezza e affaticamento.

Invece, la condizione più grave, può provocare:

·       Cirrosi;

·       Diabete;

·       Cute bronzea;

·       Disfunzione erettile;

·       Insufficienza cardiaca (occasionale);

·       Dolori articolari;

·       Maggiore rischio di tumore del fegato;

·       Infertilità;

·       Tiroide poco attiva (ipotiroidismo).

 

Quali rimedi?

Curare la causa esatta che determina il rialzo di questo minerale nel sangue è clinicamente difficile ma, in generale, si tende a monitorare e a contenere il relativo sovraccarico epatico che ne consegue.

L’alimentazione è importante. È possibile procedere con:

·       Una dieta a basso contenuto di ferro;

·       E una totale astensione dal consumo di alcol.

In alcuni casi è necessario il ricorso alla flebotomia terapeutica (l’antico salasso di sangue) o ad una terapia a base di farmaci ferrochelanti.

Ma anche la combinazione di alcuni alimenti può fare la differenza. Esistono associazioni nutrizionali che ostacolano l’assorbimento.

 

Cibi e comportamenti che riducono il ferro

Tutti i cibi che contengono buone quantità di calcio (latte e latticini) e di tannini (caffè, tè), se assunti assieme ai cibi ricchi di ferro non-eme, ne riducono l’assorbimento poiché formano con esso dei complessi insolubili che inibiscono l’assimilazione del ferro stesso.

Inoltre, la presenza di fitati (sostanze che inibiscono l’assorbimento di nutrienti) in alimenti di origine vegetale contenenti ferro, come legumi e cereali integrali, può ostacolarne ulteriormente l’assorbimento.

Per ridurre la presenza dei fitati nei cereali e nei legumi è sufficiente cuocerli dopo averli lasciati a bagno in acqua tiepida con mezzo limone per diverse ore.

Per diminuire i tannini del tè basterebbe ridurre il tempo di infusione e aggiungere succo di limone. Per i tannini del caffè sarebbe sufficiente berlo lontano dai pasti.

Per ridurre gli effetti del calcio, sarebbe utile non eccedere nel consumo di latticini durante i pasti.

Gli alimenti di origine vegetale più ricchi di ferro non-eme sono:

·       Legumi;

·       Funghi secchi;

·       Frutta secca (ad esempio, le albicocche secche);

·       Cereali integrali (come il riso);

·       Farina di soia;

·       Verdure a foglia verde scuro (come il crescione e il cavolo riccio).

In un regime alimentare di questo tipo occorre eliminare alimenti contenenti grandi quantità di ferro, come:

·       Crostacei;

·       Carne rossa e fegato;

·       Carne di tacchino;

·       Broccoli;

·       Quinoa;

·       Lenticchie.

Gli spinaci fanno aumentare troppo il ferro?

Da piccoli, siamo cresciuti con gli insegnamenti di Braccio di Ferro, il mitico personaggio che agguantava la sua amata Olivia con la sola forza del bicipite tonico e forte, dopo aver ingurgitato scatole intere di spinaci.

Tuttavia, quel genio creativo del fumettista statunitense Elzie Crisler Segar deve aver esagerato un po’ con le riserve di spinaci, quando ha inventato il personaggio immaginario di Popeye. Gli spinaci, sì, sono tra le verdure a più alto contenuto di ferro. Ma si tratta di quella particolare tipologia di minerale “non-eme”, quindi più difficile da assimilare.

 

 

Come si cura l’emocromatosi

Di solito, il salasso (flebotomia) è il trattamento migliore. Questa tecnica, è illustrato sul Manuale medico Msd, previene ulteriori danni all’organo, anche se non risolve quelli già esistenti. Inizialmente la flebotomia viene eseguita una volta o talvolta ogni due settimane.

Vengono prelevati 500 millilitri (1 unità) di sangue, fino a normalizzare il livello di ferro e la percentuale di sostanza nella transferrina. La flebotomia viene quindi eseguita periodicamente per mantenere le riserve di ferro a livelli normali.

I soggetti devono essere trattati se soffrono di diabete, insufficienza cardiaca, disfunzione erettile o altre complicanze. I pazienti cirrotici devono sottoporsi a ecografia epatica ogni 6 mesi per lo screening di tumori epatici.

I soggetti colpiti dalla malattia possono consumare una dieta normale ed equilibrata, compresi cibi contenenti ferro. I medici possono invitare a limitare il consumo di alcol, perché questo può aumentare l’assorbimento di ferro oltre al rischio di cirrosi.

Mediante la diagnosi precoce e il trattamento dell’emocromatosi, è possibile garantire una vita lunga e in buona salute.

 

L’acqua potabile è sicura?

Il ferro si può trovare come contaminate naturale nelle fonti d’acqua potabile. Il ministero rassicura che, in genere, la sua concentrazione non supera gli 0,3 mg per litro, ma può essere più elevata nell’acqua trattata e distribuita, come conseguenza del suo impiego come coagulante o a seguito del suo rilascio dalle tubature dei sistemi di distribuzione per corrosione. Un’eccessiva quantità può indicare problemi nelle tubazioni della rete idrica interna oppure di pozzo/sorgente.

In realtà, sono proprio gli alimenti la principale fonte di assunzione del ferro per l’uomo, mentre l’acqua potabile contribuisce solo parzialmente.

Inoltre, la normativa italiana stabilisce che le acque, nel punto in cui vengono rese disponibili per il consumo umano, rispettino requisiti minimi di salubrità e qualità fisica, chimica, microbiologica e radiologica. La rispondenza delle acque ai requisiti di legge è regolamentata dalla sorveglianza operata dai gestori idrici e dalle autorità sanitarie. Sono infatti stabiliti programmi di “controlli interni”, che il gestore è tenuto ad effettuare e di “controlli esterni” svolti dall’Azienda Sanitaria Locale (Asl) competente sul territorio.