Il mercato “gonfiato” degli iperproteici

iperproteici

Gli scaffali dei supermercati si sono riempiti di prodotti che puntano sulle proteine, particolarmente amati da chi fa fitness o è a dieta. Ma basta dare un’occhiata all’etichetta per far emergere diverse perplessità. Nel numero in edicola abbiamo analizzato 20 prodotti iperproteici

Avanzando di fretta tra le corsie dei supermercati, da un po’ di tempo a questa parte, gli italiani si ritrovano spesso davanti un nuovo scaffale dedicato alla moda del momento: i prodotti iperproteici. Nel numero in edicola (acquistabile qui in copia digitale) abbiamo analizzato l’etichetta di ben 20 prodotti.

I “senza glutine”, che comunque resistono anche perché dedicati a persone affette da patologia o da vere allergie, impallidiscono rispetto alla potenza di fuoco di barrette, cereali da colazione, yogurt, e degli infiniti assortimenti di prodotti che promettono di aumentare l’apporto proteico.
A testimoniare il boom ci sono i dati: secondo quelli raccolti a dicembre 2022 da GfK Italia Consumer panel, 7,4 milioni di famiglie italiane consumano i prodotti iperproteici, contribuendo a un fatturato di 1,2 miliardi di euro l’anno (+8,4%), grazie anche a un assortimento diversificato che nel giro di un anno è cresciuto del 18%. Anche sul fronte della vastità delle referenze commerciali iperproteiche presenti nel commercio i numeri non mentono: oltre 2.600 prodotti che evidenziano in etichetta la loro ricchezza in proteine.
Che siano esposti su scaffali dedicati o sparsi nei vari settori del supermercato, i prodotti iperproteici, come tutti quelli che in maniera varia da anni promettono di migliorare l’aspetto nutrizionale della dieta dell’acquirente (dai gluten e sugar free a quelli addizionati con vitamine), costano mediamente di più dei corrispettivi tradizionali. Sempre secondo Gfk, acquistare un prodotto iperproteico costa oltre i 4 euro, senza particolare differenza tra discount e supermercati di fascia medio-alta. Due milioni di famiglie italiane spendono 70 euro l’anno per pasta, yogurt, biscotti, cereali, latte, dessert addizionati di proteine.
Il cliente tipo è lo sportivo, soprattutto l’amante del fitness e del sollevamento pesi. La vulgata è che riducendo pesantemente i carboidrati e aumentando al massimo le proteine, si dimagrisca mettendo su massa muscolare. C’è senz’altro una base di verità, ma l’autogestione delle diete iperproteiche può essere un disastro dal punto di vista sanitario, oltre che pressoché inutile da quello della resa in palestra.

Il nostro confronto

Per poterlo verificare, siamo andati in alcuni supermercati alla ricerca di prodotti iperproteici per approfondire le voci più interessanti in etichetta, e abbiamo chiesto lumi a degli esperti nutrizionisti. Il risultato, che trovate nel servizio del numero in edicola, racconta di una moda che forse non sarà passeggera, ma che dal punto di vista di concreto benessere ha ben poco da aggiungere.

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Prima di addentrarci nell’analisi delle etichette, bisogna ricordare che il “fissato” del cibo proteico è un consumatore che va al sodo, e i produttori lo sanno bene. Per questo, molto spesso sulle confezioni di questa categoria merceologica a troneggiare, stampata in caratteri enormi rispetto al resto, è una sola parola: “proteine”, o “protein” nella versione inglese, accompagnata dalla quantità di grammi presenti complessivamente o per porzione. Quasi a dire che il resto è importante fino a un certo punto. Ma c’è claim e claim, quando si parla di iperproteico, e lo stesso vale per l’elenco degli ingredienti e la tabella nutrizionale.

Per questo abbiamo selezionato 20 prodotti pubblicizzati come ricchi di proteine, reperibili nei supermercati, da 10 categorie merceologiche: dessert, yogurt e analoghi da bere, pasta, biscotti, latte, bevande di soia, cereali per la colazione, alternative vegan alla carne e creme spalmabili. Come mostrano le schede pubblicate nel numero in edicola, abbiamo spulciato le informazioni in etichetta, condividendole anche con un esperto, il nutrizionista e tecnologo alimentare Dario Vista, che ci ha aiutato a trovare le contraddizioni più evidenti.

Oltre alle proteine cosa c’è?

“Questi prodotti attirano l’attenzione sulla presenza di proteine, ma sorvolano sul contributo nutrizionale che danno altri elementi come gli zuccheri e gli edulcoranti”, spiega Vista. Per esempio, lo yogurt Highpro 25 g protein della Danone, promette: “Se ti alleni come un pro, HiPro è l’alleato proteico che stavi cercando”, mentre sorvola su quanto incida in termini di zuccheri bere una bottiglietta da 300 grammi che corrisponde ad assorbire il 64% della dose giornaliera raccomandata dall’Oms per un adulto (25 grammi). Nel caso dei bambini, per cui l’Oms raccomanda non più di 12,5 grammi di zuccheri al giorno, una sola porzione (16 grammi) basta a superare ampiamente questa soglia.
Altri prodotti, se associati agli alimenti con cui vengono normalmente consumati, arrivano a percentuali ancora più alte. Prendiamo, per esempio, i cereali Special K Protein di Kellogg’s. Considerati i 12,5 grammi di zuccheri in una tazza di latte da 250 ml, si arriva a quasi il 70% di dose giornaliera raccomandata dall’Oms. Non poco considerando che dopo la colazione si ha davanti un’intera giornata e almeno un paio di altri pasti.
E attenzione, perché “spesso, poi – spiega Dario Vista – la versione proteica di un prodotto è scarsa dal punto di vista organolettico. Magari lo yogurt pubblicizza le tante proteine ma sorvola sui tanti sostituti dello zucchero, come lo sciroppo di glucosio, il dolcificante con più alto indice glicemico, oppure sugli edulcoranti, come l’aspartame, l’acesulfame K, che così come le gomme, usate come addensanti, comportano un rischio di alterare la flora intestinale”.
L’aspartame (sigla dell’additivo: E951), in particolare è sospettato di essere cancerogeno come dimostrano gli studi dell’Istituto Ramazzini di Bologna. È vero che l’Efsa (l’Autorità per la sicurezza alimentare europea) continua a ritenerlo “sicuro” ma nuove ricerche ne sottolineano la dannosità. Uno degli studi più recenti risale al marzo 2022 e mette sotto accusa, insieme all’aspartame, l’acesulfame-K (E950) e il sucralosio (E955). Fa parte di una indagine più ampia di un team di ricercatori guidato da scienziati dell’istituto Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale) e dell’Università Sorbona di Parigi.

Troppi dolcificanti

“Gli studi sui rischi per la salute, valgono anche per i prodotti naturali come stevia e eritritolo – spiega Dario Vista – perché è proprio la molecola alla base a essere problematica. Anche loro alterano la flora intestinale e se se ne fa un abuso possono in alcuni casi portare a insulino-resistenza”.
Il tecnologo alimentare ricorda anche che l’amido, “tecnicamente è un addensante, ma una volta assorbito libera glucosio, cioè zuccheri a tutti gli effetti”. La metilcellulosa, presente nelle salsicce vegetali Unconventional 100%, invece, “serve a gonfiare il prodotto, trattenendo i liquidi, non fa bene all’intestino, può creare aria all’interno”. A proposito dei sostituti vegan della carne, l’ingrediente da non perdere di vista, invece, è il sale, spesso in quantità considerevole.
Ci sono poi dei produttori che puntano su parole poco comprensibili per ammaliare i possibili clienti. In alcuni casi, pur se oscura, l’informazione può essere interessante, come con le “proteine idrolizzate”. “Si tratta in genere delle sieroproteine, scarti di produzione di formaggi (in alcuni casi indicate in etichetta come whey protein, ndr) che contengono gli amminoacidi essenziali (Bcaa). Le idrolizzate sono strutturalmente più frammentate rispetto alle isolate e quindi più facili e rapide da assimilare, e digerire” spiega Dario Vista.
In altri casi, invece, non è così: “Contiene glucosio e galattosio in conseguenza della scissione del lattosio” come leggiamo sull’etichetta del latte senza lattosio Milk pro high protein 40 g, sottolinea il tecnologo alimentare, “è una finezza per dire che il fatto che non ci sia lattosio non vuol dire che non ci siano zuccheri derivati dal latte”. Appunto, una finezza che in pochi riescono a decifrare.
“In generale” secondo Dario Vista, “andrebbero evitati i claim fuorvianti. Tipo ‘Ricotta ricca di proteine’, lo è sempre. Oppure pubblicizzare l’assenza di glutine in prodotti che normalmente non ne contengono”. E sugli alimenti iperproteici, l’esperto è lapidario: “Per me sono inutili, a meno di diete che abbiano particolari necessità, quell’apporto di proteine in più si può ottenere tranquillamente con i normali prodotti disponibili in commercio”.