I nuovi Pfas polimerici sono considerati più sicuri per l’ambiente e la salute umana ma uno studio condotto in Canad sul packaging dei fast food ha scoperto che invece sono più nocivi e persistenti
Sono considerati i sostituiti dei tradizionali Pfas nel realizzare gli imballaggi alimentari, capaci di rappresentare una “barriera” al grasso, all’acqua e all’olio e di non accumularsi inquinare per sempre (come i forever chemicals, ovvero gli inquinanti per sempre come vengono definiti i Pfas, capaci ormai di contaminare anche il cibo) l’ambiente e la salute umana. Eppure i nuovi Pfas polimerici, alla luce di nuovo studio condotto sul packaging dei fast food in Canada, hanno dimostrato di essere addirittura più pericolosi dei Pfas tradizionali.
E pensare che negli Usa come in Europa molte aziende alimentari e catene di fast food si stanno orientando proprio verso i fluoropolimeri perché considerati più resistenti per l’uso alimentare e meno impattanti. Secondo Plastics Europe, come riporta Foodnavigator, i fluoropolimeri soddisfano i criteri Ocse per i polimeri a basso rischio. “Sono chimicamente e biologicamente stabili, non bioaccumulabili e non tossici”, ha osservato Nicolas Robin, direttore del gruppo di prodotti fluoropolimeri presso Plastics Europe, in una comunicazione dello scorso anno.
Il nuovo studio sui polimeri di Pfas
Il nuovo studio invece ha messo in crisi queste certezze. “È chiaro che i polimeri di Pfas non sono l’innocua scorciatoia che l’industria pensava di imboccare”, ha affermato Marta Venier, coautrice del nuovo studio e professoressa all’Università dell’Indiana. “Il loro uso negli imballaggi alimentari porta ancora a Pfas dannosi e persistenti che contaminano il cibo che mangiamo e, dopo che è stato gettato via, la nostra aria e acqua potabile”.
I ricercatori degli Stati Uniti, del Canada e della Svizzera hanno analizzato 42 involucri e contenitori di carta raccolti nei fast food di Toronto. Il composto più abbondante rilevato in questi campioni era il 6:2 Alcool Fluorotelomero considerato tossico. I ricercatori hanno affermato che il Pfas polimerico nei campioni può trasformarsi in questo composto, aumentando così l’esposizione del consumatore ad esso.
Per quanto riguarda la tossicità di tutti i Pfas, solo una “piccola frazione” delle migliaia esistenti è stata testata. Ma tutti i Pfas, compresi i polimeri, sono “estremamente” persistenti nell’ambiente o si scompongono in Pfas estremamente persistenti, come dimostrato dai ricercatori dell’Università dell’Indiana.
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Dagli Usa all’Europa si prova a limitarli
Negli Stati Uniti, le autorità di regolamentazione hanno espresso preoccupazione per il contenuto di Pfas negli imballaggi alimentari. Ad oggi, 11 Stati hanno vietato i Pfas dalla maggior parte degli imballaggi alimentari e alcune aziende di fast food, tra cui McDonalds e Chick-fil-A, si sono impegnate a eliminare i Pfas dalle loro operazioni entro il 2025. È chiaro che molte aziende guardano ai Pfas polimerici come valida alternativa. Ma il nuovo studio è arrivato come una doccia gelata.
Nel frattempo in Europa, le autorità di Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia chiedono restrizioni Pfas. In uno scenario normale, stimano che circa 4,4 milioni di tonnellate di Pfas finirebbero nell’ambiente nei prossimi 30 anni. La stessa Echa, Autorità europea per le sostanze chimiche, ha chiesto la messa al bando di diverse migliaia di molecole Pfas.