I rischi dello sharenting, la nostra mania di pubblicare le foto dei figli

SHARENTING

Che cos’è lo sharenting e in quali situazioni potrebbe rappresentare un rischio attuale o futuro per i nostri figli e le buone pratiche da seguire previste dal Garante.

Al giorno d’oggi è diventata una pratica abbastanza diffusa quella di postare sui social network le foto dei propri figli intenti a fare diverse attività. Chi compie questo gesto lo fa spesso per il semplice desiderio di condividere un momento privato con i propri amici e parenti, ma non sa che potrebbe arrecare un danno ai soggetti ripresi nelle immagini. Quando si posta tanto sui social, infatti, si perde sempre più il controllo di quello stesso contenuto che, nel tempo, lascerà delle evidenti tracce digitali. Ecco dunque che il proprietario dell’immagine e del video ne avrà sempre meno controllo, dando origine al fenomeno definito come sharenting.

Cos’è lo ​​Sharenting

Sharenting è un neologismo coniato negli Stati Uniti d’America con il quale si fa riferimento al fenomeno della condivisione online costante, da parte dei genitori, di contenuti che riguardano i propri figli. Il termine deriva dall’unione di due parole inglesi, ovvero share, condividere, e parenting, inteso come genitorialità. L’esempio classico sono le foto o video dei bambini pubblicati su Facebook e Instagram, ma si arriva anche, nei casi più estremi, alle ecografie e alle immagini di nudo dei minori. Questi contenuti, con il passare del tempo, saranno sempre meno controllabili dai proprietari, andando così ad intaccare l’identità digitale dei soggetti immortalati, cioè i bambini. La costante sovraesposizione online, dunque, porta con sé degli evidenti rischi contro i quali il Garante della privacy è da tempo attivo per rendere edotti i genitori dei pericoli che si corrono. La diffusione non condivisa di immagini sui social rischia, infatti, di incidere sulla formazione della personalità del minore e può anche innescare delle discussioni tra i genitori che non hanno lo stesso punto di vista sul condividere o meno le foto dei propri figli. E ancora, nei casi più estremi, quel materiale fotografico potrebbe essere utilizzato da soggetti terzi per utilizzi impropri, come la pedopornografia, lo scherno o la ritorsione.

I rischi dello sharenting

Ai genitori è chiesto di avere la massima attenzione nel momento in cui fanno circolare in rete le immagini dei propri figli, soprattutto considerando i principali rischi dello sharenting indicati dal Garante della privacy. Questi possono essere così riassunti:

  • c’è un serio problema di violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali e sensibili del minore ogni volta che si pubblica, senza il suo consenso, un’immagine sui social network. Così come stabilito dalla Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, e ribadito più di recente dal Regolamento generale sulla protezione dei dati, Gdpr, la privacy è un diritto non solo degli adulti, ma anche dei bambini e delle bambine. Pubblicando le foto dei propri figli, dunque, i genitori rischiano di lederne il diritto alla privacy;
  • oltre alla violazione della privacy, con la sharenting si concretizza anche il rischio della mancata tutela dell’immagine del bambino. Quest’ultimo, infatti, subisce la perdita del controllo su informazioni e contenuti, con tutto ciò ne consegue per la creazione della sua identità digitale odierna e futura. I contenuti restano online e permangono a disposizione di chiunque;
  • c’è poi il rischio delle ripercussioni psicologiche sul benessere dei bambini che potrebbero iniziare a manifestarsi nel momento in cui i bambini, crescendo, cominceranno a navigare autonomamente. In quel momento, se i genitori non hanno provveduto a tutelare la loro immagine e la privacy, i bambini dovranno fare i conti con quanto è stato pubblicato senza il loro consenso e, dunque, senza che loro stessi abbiano approvato. Pensiamo, ad esempio, ad immagini molto intime come quella del bagnetto di un bambino o ad altre foto che ritraggono il bambino intento a compiere mansioni ironiche o buffe;
  • tra i rischi peggiori dello sharenting c’è poi la possibile alimentazione dei fenomeni pedopornografici. Si pensi a quanto potrebbe essere rischioso inviare la foto di un bambino nudo. Questa, infatti, potrebbe essere sottratta al destinatario oppure essere sottoposta a screenshot da parte di soggetti terzi e fatta circolare in altri ambienti digitali utilizzati dai pedofili e altre persone dal dubbio valore morale. Questo esempio serve a sottolineare, ancora di più, che nel momento in cui si permette la circolazione di un contenuto non si ha la sicurezza di riuscire a controllare a pieno il suo utilizzo e le eventuali condivisioni. Inoltre, grazie a moderni programmi di editing, quelle stesse immagini – apparentemente innocenti – potrebbero essere manipolate ed essere trasformate in materiale pedopornografico;
  • in ultimo, non certo per importanza, condividendo informazioni ed immagini dei propri figli online, c’è il rischio di adescamento. Pensiamo, ad esempio, a quanto si potrebbe agevolare il lavoro di un malintenzionato che intende avvicinare il bambino o adescarlo online fornendogli, per mezzo social, le passioni, le abitudini e altre informazioni dei bambini come la scuola frequentata.

Si tratta, purtroppo, di rischi concreti e non così distanti da ciò che quotidianamente si verifica nella società. Il Garante, proprio per questo, ha in più occasioni invitato alla massima attenzione nei confronti della tutela dei dati sensibili, propri e dei propri figli.

Sharenting, i consigli del Garante

Nella sua Relazione annuale del 2021, il Garante della privacy ha sottolineato come in presenza di sharenting si possa agevolare il fenomeno del cyberbullismo, in quanto quando un contenuto compare su uno schermo può essere catturato e riutilizzato a propria insaputa da chiunque, anche per scopi impropri o per attività illecite. L’Autorità, dunque, invita i genitori a fare sempre un ragionamento prima della condivisione di una foto o di un video che ritrae un minore, ovvero porsi la semplice domanda: “Mio figlio/a in futuro potrebbe non essere contento/a di ritrovare questa immagine a disposizione di tutti o non essere d’accordo con l’immagine di sé stessi che si potrebbe andare a costruire pubblicando quel contenuto?”. Lo stesso Garante ha poi fornito agli adulti una serie di accorgimenti da tenere bene in mente ogni volta che si pubblica un’immagine che riguarda i propri figli. Tra le accortezze troviamo:

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  • il rendere irriconoscibile il viso del minore, provvedendo dunque a pixellarlo o a coprirlo con un adesivo. A tal scopo è bene sottolineare che ci sono tantissime applicazioni sicure che, in pochi semplici passaggi, permettono di coprire il volto dei bambini;
  • limitare, quanto più possibile, le impostazioni di visibilità delle proprie immagini sui social network. Si potrà scegliere, ad esempio, di mostrarle solo ai propri amici più stretti e ai familiari, impedendo così che quel contenuto inizi a circolare oltre il dovuto. Si tratta, naturalmente, soltanto di una limitazione che, infatti, potrebbe non condurre al risultato sperato. Pensiamo, ad esempio, al caso in cui un amico o un familiare decida di scaricare quella stessa immagine del minore e farla circolare in autonomia, sui propri profili social, magari privi delle restrizioni sperate;
  • evitare di creare dei profili social del minore che, per quanto simpatici e carini, potrebbero portare alla creazione di un’immagine digitale non desiderata dal minore stesso;
  • avere un’ottima conoscenza dei mezzi di diffusione e condivisione che si utilizzano. È bene dunque conoscere le informative sulla privacy dei singoli social network che si utilizzano, specie in relazione alla disciplina sui minori.

A questi aspetti di protezione e tutela dell’immagine digitale dei propri figli, possono essere affiancate anche altre buone pratiche:

  • l’impostazione di notifiche di avviso che si attivano nel momento in cui il nome dei propri figli appare nei motori di ricerca. Ci sono molti strumenti che agevolano in tale pratica, tra cui forse il più diffuso è Google Alert;
  • fare una netta distinzione tra le immagini private – che devono rimanere tali – e quelle pubbliche. L’immagine di un bambino in una foto di gruppo avrà sicuramente una pericolosità minore rispetto a quella che lo vede ritratto da solo, magari mentre svolge delle attività che sarebbe meglio lasciare private;
  • limitare la diffusione di informazioni sugli usi e le abitudini del bambino. Dagli orari in cui esce di casa alla scuola che frequenta, fino ad arrivare alle attività ludico ricreative che svolge;
  • informare le persone che frequentano abitualmente il bambino, come i nonni, altri parenti e amici, del proprio punto di vista in merito alla pubblicazione delle foto del minore. Solo rendendo ben chiare le regole e informando le altre persone dei rischi, si potrà avere un pieno controllo sulla diffusione in rete di informazioni e immagini dei propri figli;
  • educare i propri figli ad un corretto utilizzo dei social ed informarli dei rischi che possono essere corsi nel momento in cui li si usa con leggerezza e senza controllo. Solo in questo modo, infatti, nel corso del tempo si potrà acquisire una maggiore conoscenza del  fenomeno e si limiterà l’impatto attuale dello sharenting.