Il tubero del topinambur è la migliore alternativa alla patata, e non contiene glutine. Possiede numerose proprietà benefiche e si può coltivare nell’orto di casa. Ha bisogno solamente della luce del sole ed è molto versatile in cucina.
A differenza del girasole è una pianta perenne, tanto da guadagnarsi un posto tra i simboli dell’amore duraturo, che perdura nel tempo. È versatile in cucina e possiede proprietà benefiche per l’organismo umano. Eccolo, raggiante come il sole: il topinambur, un tubero dalle infiorescenze luminose e radiose, e dai tuberi commestibili, che rievocano lo zenzero o la patata (tanto da chiamarsi impropriamente “patata americana“).
Il nome botanico “Helianthus tuberosus” non a caso richiama l’antico greco: “helios” significa “sole” e “anthos” vuol dire “fiore”, ad indicare la tendenza di queste piante ad essere eliotropiche, ossia a girare sempre il capolino (il fiore) verso la nostra stella più splendente. Mentre il nome specifico “tuberosus” indica la pianta perenne, il cui organo di sopravvivenza è un tubero, la parte che contiene nutrienti e si può mangiare.
I topinambur si possono coltivare nell’orto familiare, per averne una scorta sempre disponibile, grazie alla loro capacità di adattamento su terreni marginali, l’importante è che siano soleggiati. La pianta, infatti, è molto rustica e può diventare addirittura invasiva. La coltivazione si riduce, praticamente, alla piantagione.
In inverno, una volta seccata la parte aerea della pianta, sarà possibile raccogliere i tuberi scavando a mano, lasciando quelli più piccoli a continuare la coltivazione, che può avvenire per molti anni sullo stesso terreno senza problemi.
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Un altro metodo è quello di raccogliere tutti i tuberi e rimetterne una quota nel suolo, coltivandoli ordinati a file per facilitare la raccolta dell’anno successivo.
Nella vulgata popolare si è guadagnato diversi appellativi: da “carciofo di Gerusalemme” a “girasole del Canada”, ma anche “rapa tedesca” o “elianto tuberoso”.
Proprietà e benefici
Il nome “topinambùr” deriva presumibilmente dal derivato francese del nome della tribù sudamericana dei Tupinamba, alcuni membri della quale furono esposti a Parigi nel 1613. I venditori della pianta sfruttarono il grande scalpore suscitato da questo evento rinominando il prodotto, proveniente in realtà dal Canada, per aggiungere del fascino esotico. Dunque, i possibili benefici erano noti già all’epoca.
La radice della pianta è originaria dell’America Centrale appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Nell’Europa occidentale e nelle regioni Mediterranee viene spesso utilizzato come fosse una patata, ma rispetto a quest’ultima è più povero di amido e più ricco di fibre.
I nutrizionisti dell’Irccs Humanitas ne elencano i nutrienti. Una porzione da 100 grammi apporta appena 73 calorie, contiene betacarotene, ed è così composta:
· 78,01 gr di acqua;
· 2 gr di proteine;
· 0,01 gr di lipidi (tra cui: 0,004 gr di grassi monoinsaturi e 0,001 gr di grassi polinsaturi);
· 17,44 gr di carboidrati;
· 9,60 gr di zuccheri;
· 1,6 gr di fibre;
· 20 UI di vitamina A;
· 4 mg di vitamina C;
· 1,3 mg di niacina;
· 0,397 mg di acido pantotenico;
· 0,200 mg di tiamina;
· 0,19 mg di vitamina E;
· 0,077 mg di vitamina B6;
· 0,060 mg di riboflavina;
· 13 microgrammi di folati;
· 0,1 microgrammi di vitamina K;
· 429 mg di potassio;
· 78 mg di fosforo;
· 17 mg di magnesio;
· 14 mg di calcio;
· 4 mg di sodio;
· 3,40 mg di ferro;
· 0,140 mg di rame;
· 0,12 mg di zinco;
· 0,060 mg di manganese;
· 0,7 microgrammi di folati.
Questo bulbo è dunque ricco di sali minerali, in particolare potassio, magnesio, fosforo, ferro, selenio e zinco.
Fra i principali benefici derivanti dal suo consumo è incluso l’elevato apporto di fibre, che oltre a promuovere il benessere intestinale aiutano anche a proteggere la salute cardiovascolare.
Inoltre, è una buona fonte di inulina, fibra solubile che agisce come prebiotico e aiuta a ridurre l’assorbimento intestinale di grassi e zuccheri. In questo modo la sostanza aiuta a proteggere la salute cardiometabolica da eccessi di glucosio e colesterolo nel sangue. Perciò, è una pianta molto indicata nella dieta di persone diabetiche, in quanto funge da ottima riserva di carboidrati (in sostituzione all’amido) indipendentemente dall’insulina.
Passa per lo stomaco e il primo tratto dell’intestino senza venire digerito; solamente nell’ultimo tratto intestinale sono presenti bifidobatteri e lattobacilli in grado di rompere le lunghe molecole dell’Helianthus tuberosus, il cui carattere fibroso ha un effetto molto positivo sulla flora batterica.
È anche un antiossidante, grazie al contenuto di vitamine A, C ed E, selenio e manganese, di vitamine importanti per il metabolismo (appartenenti al gruppo B).
Favorisce lo sviluppo del sistema nervoso durante la gestazione (poiché contiene folati).
Il ferro è importante per la produzione dei globuli rossi e di calcio e fosforo, alleati di ossa e denti.
L’altro beneficio è dettato dal fatto che non risultano interazioni tra il consumo e l’assunzione di farmaci o altre sostanze.
Come si mangia il topinambur
Può essere utile nella dieta di alcune forme di diabete. Secondo la medicina popolare i tuberi presenterebbero le seguenti proprietà medicamentose:
· Colagoga (facilita la secrezione biliare verso l’intestino);
· Diuretica (facilita il rilascio dell’urina);
· Stomachica (agevola la funzione digestiva);
· Tonica (rafforza l’organismo in generale).
Si possono acquistare facilmente d’inverno. A seconda della stagione della raccolta, varia la lunghezza delle molecole di inulina e quindi la loro solubilità. Meglio se acquistati appena raccolti da ottobre a marzo. È in questo periodo che i bulbi sono molto nutrienti e si cuociono come si fa con le patate.
Possono essere consumati anche crudi, conditi con sale e pepe, tagliato a fette e in carpaccio. Oppure sbollentato per 10 minuti.
Nella cucina piemontese sono tipici con la bagna càuda, con la fonduta o anche trifolati, tanto che in Piemonte, nella cui lingua si chiama “ciapinabò”, è protagonista di sagre dedicate nel periodo autunnale.
Nella tradizione culinaria siciliana trovano un uso sporadico come farcitura di focacce.
Può essere usato grattugiato e condito con aggiunta di olio di mandorle per praticare un peeling delicato e nutriente.
Dal tubercolo si può ricavare della farina ottima per la preparazione di pane, pizza e dolci.
Nella regione tedesca del Baden-Württemberg più del 90% della produzione viene utilizzata per ottenere un liquore chiamato “Topi” o “Rossler”. I bulbi vengono lavati ed essiccati in forno e poi fatti fermentare nell’alcol. Infine si distilla il liquido alcolico. Il “Topi” è considerato un digestivo, utilizzato anche contro la diarrea o i dolori addominali. Possiede un aroma piacevolmente fruttato, tra il gusto di carciofo e la nocciola, con piacevole nota terrosa.
Proprietà erboristiche
Un consumo moderato non espone a problematiche. Ma, in caso di consumo abbondante, l’elevato apporto di inulina, che ricordiamo è un carboidrato non disponibile, può causare fastidiosi effetti collaterali a livello intestinale, in particolare gas.
Dal passato ereditiamo presunte proprietà erboristiche, tanto che viene utilizzato per realizzare diversi integratori ricostituenti, stimolanti per il sistema immunitario, per la funzionalità dell’intestino, per rinforzare pelle e capelli.
Il Lactobacillus contenuto nella pianta potrebbe essere utile per l’allattamento, o come energetico, ma si adatta anche nell’alimentazione degli anziani, dei convalescenti e dei bambini. Ne deriva una sua utilità anche per chi soffre di cattiva digestione e stitichezza.
Lo ritroviamo anche nell’industria cosmetica ed è ottimo come foraggio naturale per l’alimentazione del bestiame, soprattutto la parte verde degli steli delle foglie.
Il fiore piace alle api dal quale attingono polline essenziale per la produzione del miele.
Come riconoscerlo nei terreni incolti
Il tipo corologico è nord americano. Ma, dato l’alto grado di diffusione spontanea della pianta, non è facile definire quale sia la sua distribuzione originale, che ritroviamo praticamente in tutta Italia, tranne in Sardegna. Ad esempio non è difficile riconoscerlo sulle Alpi, dove è ugualmente presente, a parte in alcune province occidentali. Sui rilievi si può trovare fino a 800 metri di altitudine, ma frequenta anche i piani vegetazionali collinare e planiziale, a livello del mare.
Oltreconfine è presente sulle catene alpine in Francia, in Austria e in Slovenia. Sugli altri rilievi europei si trova nella Foresta Nera, Vosgi, massiccio del Giura, Pirenei e Carpazi.
È una pianta molto vitale, quasi infestante, che predilige terreni umidi e conquista spazi vicini a corsi d’acqua. Si trova anche nei megaforbieti e nei popolamenti a felci. Il substrato preferito è sia calcareo sia siliceo con pH neutro, con alti valori nutrizionali, mediamente umido.
I fiori sono capolini terminali eretti e sub-corimbosi su peduncoli non ingrossati, e distribuiti in numero da 3 a 15 per pianta. Non tutti gli arbusti raggiungono la fioritura. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo sorregge un involucro emisferico composto da più brattee (o squame) a disposizione embricata, poste in diverse serie che fanno da protezione al ricettacolo lievemente convesso e munito di pagliette avvolgenti i semi, sul quale s’inseriscono due tipi di fiori: quelli esterni ligulati (da 10 a 20) di colore giallo, disposti in un unico rango; quelli interni tubulosi (oltre 60) di colore arancione o giallo scuro.
Il tubercolo, la parte commestibile, somiglia molto allo zenzero, o a una patata irregolare, che appunto può essere tagliato a fette e consumato crudo. Pesa fino a 100 grammi e ha un sapore dolciastro che ricorda quello del carciofo.