Nuovi Ogm, il via libera del Crea preoccupa gli ambientalisti: “Primo passo per la coltivazione in Italia”

ogm editing

Nonostante i pareri contrari di numerosi esperti e alcuni studi molto critici, Il centro per la ricerca in agricoltura (Crea) ente pubblico vigilato dal ministero per le politiche agricole, si esprime a favore di un allentamento della normativa sui cosiddetti nuovi Ogm. La protesta degli ambientalisti

Nonostante i pareri contrari di numerosi esperti e alcuni studi molto critici, Il centro per la ricerca in agricoltura (Crea) ente pubblico vigilato dal ministero per le politiche agricole, si esprime a favore di un allentamento della normativa sui cosiddetti nuovi Ogm. “L’Italia ha investito sulle Tecniche di evoluzione assistita (Tea) da almeno cinque anni con il progetto Biotech finanziato dal ministero, che si è concluso e che ha prodotto varietà di vite, pomodori, melanzane, mele che sono molto resistenti a determinate fitopatologie e più resilienti. Il problema è che la legge attuale, che risale al 2003, associa le nuove tecniche che utilizzano lo stesso Dna ai vecchi Ogm che invece non c’entrano nulla” a dirlo è Stefano Vaccari, direttore generale del Crea, a margine della presentazione del documento (position paper) “Nuove tecniche genomiche ovvero Tea” elaborato dal Cluster Agrifood Nazionale, dal Crea e da Federchimica Assobiotec. Secondo Vaccari, “Purtroppo la legge è molto vecchia bisogna cambiarla perché altrimenti non si può fare la sperimentazione in campo perché si può vedere se la sperimentazione funziona nei diversi areali italiani”.

La questione europea si porrà per la commercializzazione di queste tecniche. I prodotti ottenuti da ‘genome editing’ in questo momento sono legati alla normativa Ogm anche in Europa. – ha aggiunto Vaccari – Ci sarà una norma europea ma dubito che arriverà prima della fine della legislatura europea. E quando arriverà dobbiamo essere pronti con i prodotti”.

Crocevia: “Rischio di un primo passo verso la produzione in Italia”

La posizione del Crea si inserisce in maniera pesante all’intero di quella italiana, storicamente più improntata al rispetto del principio di precauzione su tecnologie di manipolazione genetica che riguardano il settore agroalimentare. “Il legame pericoloso che si sta stringendo tra ricerca pubblica, industria biotecnologica, politici e grandi organizzazioni agricole rischia di portare presto i nuovi Ogm alla sperimentazione in pieno campo, oggi vietata nel nostro paese – dichiara Stefano Mori, coordinatore del Centro internazionale Crocevia, Ong che da anni difende i diritti degli agricoltori sulle sementi in tutto il mondo – Sarebbe il primo passo verso la produzione di Ogm in Italia, con due rischi: l’impossibilità per il consumatore di riconoscerli se non saranno etichettati in modo trasparente e il pericolo per gli agricoltori che non li usano di incorrere in condanne penali e vedere distrutta la loro produzione, in caso di contaminazione da Ogm”.

I possibili incidenti tra campi vicini

Se le varietà geneticamente modificate e brevettate del campo di un vicino verranno trasportate dagli agenti atmosferici o dagli impollinatori nei campi non Ogm, secondo Mori, “le imprese sementiere potranno sporgere denuncia di violazione della proprietà intellettuale e ottenere risarcimenti e sanzioni per un problema creato da loro stesse. Non è tempo di fughe in avanti, ma di adottare, oggi più che mai, il principio di precauzione“.

La sentenza della Corte di Giustizia Ue che li accomuna agli Ogm

Il Centro internazionale Crocevia chiede che venga rispettata la sentenza del 2018 della Corte di Giustizia Ue, che tratta i prodotti Ngt come gli altri Ogm, obbligandoli a valutazione del rischio, tracciabilità ed etichettatura. Va ricordato che a febbraio 2023, la stessa Corte ha fatto retromarcia. Già un articolo su Nature nel 2018 aveva dimostrato che il CRISPR/Cas può causare modifiche genetiche indesiderate molto più vaste di quanto ipotizzassero gli esperti.

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“Non è con la manipolazione genetica o con l’illusione di creare soluzioni rapide in laboratorio che risolveremo la crisi di biodiversità nei campi, né l’impatto del cambiamento climatico. Sostenere l’agroecologia, garantire i diritti degli agricoltori sulle sementi e incentivare chi lavora rispettando i cicli naturali è la vera strada per rispondere alle enormi sfide che abbiamo davanti” conclude Stefano Mori