Abbandono di rifiuti: quali sono le sanzioni?

ABBANDONO DI RIFIUTI

Il nostro ordinamento prevede sanzioni per coloro che decidano volontariamente l’abbandono di rifiuti al di fuori dei contenitori, ecco quanto può costare un’azione simile.

Negli ultimi anni, anche alla luce della crisi climatica e dell’aumento galoppante delle temperature a livello nazionale e mondiale, la normativa relativa alle tematiche ambientali si è sviluppata ad un ritmo sempre più veloce. In questo contesto ricopre un ruolo molto importante anche tutta la legislazione relativa all’abbandono dei rifiuti, un’attività illecita che può avere gravi risvolti costringendo le autorità a dure sanzioni nei confronti dei soggetti che se ne macchiano.

Ecco dunque a quanto ammontano le multe previste e cosa dice la giurisprudenza nel merito della questione.

Come si configura l’abbandono di rifiuti

Decidere di lasciare dei rifiuti sul suolo senza riporli nei cassonetti e nei contenitori dedicati rappresenta un vero e proprio reato, ai sensi del Testo unico in materia ambientale (TUA), anche conosciuto come Codice dell’ambiente. Poco importa che gli scarti siano liquidi o solidi: la normativa parla chiaro e stigmatizza ogni comportamento in merito che possa in qualche modo ledere l’ambiente.

Il TUA, a proposito, specifica che sussiste il “divieto assoluto di abbandono dei rifiuti sul suolo e nel sottosuolo e parimenti nelle acque superficiali e sotterranee”. Non si tratta ovviamente di un divieto localizzato e limitato ad aree specifiche, ma fa riferimento a centri urbani, centri rurali, ai fiumi, ai laghi, ai mari, al sottosuolo e alle falde acquifere nel loro complesso.

Esistono tre articoli che disciplinano la questione in modo molto puntuale. Il primo è l’art 192, che definisce la fattispecie del reato e che impone il divieto di deposito di rifiuti fuori controllo, con tutti gli obblighi del caso; l’art. 255 stabilisce le sanzioni amministrative del reato; l’art. 256, infine, definisce le sanzioni penali nel caso in cui il reato sia stato commesso da una persona giuridica.

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Per quanto riguarda le sanzioni più nello specifico, secondo la disciplina vigente viene applicata una amministrativa nel caso in cui l’illecito sia stato commesso da un soggetto privato e nel caso in cui il rifiuto abbandonato sia di natura domestica (la classica spazzatura che produciamo ogni giorno, per intenderci), mentre viene applicata una sanzione penale se il responsabile dell’abbandono dei rifiuti è una persona giuridica come un’azienda o un ente e se lo scarto deriva da attività professionali.

Quanto può costare l’infrazione

L’ammontare della sanzione pecuniaria e la gravità della pena dipendono da una serie di fattori. Come anticipato, è necessario prima capire se il reato sia stato commesso da un cittadino o da un’azienda. Successivamente bisognerà chiarire se il rifiuto abbandonato fosse o meno pericoloso per l’ambiente.

Se a commettere l’illecito è un soggetto privato, l’ammenda da pagare potrà essere a seconda dei casi compresa fra i 300 e i 3000 euro, ma questo discorso vale solo nel caso di residui non pericolosi. In caso invece fossero stati abbandonati rifiuti particolarmente dannosi per l’ambiente il discorso cambia: qui il trasgressore può arrivare a pagare anche il doppio, quindi fra i 600 e i 6000 euro.

Cambia invece lo scenario se ci trovassimo di fronte ad un’azienda che ha consapevolmente abbandonato rifiuti: qui si presenterebbe la necessità di una denuncia penale alle autorità con la possibilità dell’arresto da 3 mesi a un anno per i rifiuti non pericolosi e da 6 mesi a due anni per quelli pericolosi. Molto variabili le cifre per le sanzioni: per qualunque tipo di rifiuto si può essere multati dai 2.6000 ai 26.000 euro a seconda dei casi.

I reati ambientali: cosa dice la Comunità europea

Sul tema si è espressa l’Unione europea, tramite la direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente. Il documento prende in analisi tutte le possibili azioni che potrebbero avere effetti sulla salute dell’uomo e del mondo animale e include:

  • Lo scarico o l’emissione di materiali pericolosi nell’aria, nel terreno o nell’acqua
  • La raccolta, il trasporto, il recupero o smaltimento di rifiuti pericolosi
  • La spedizione di quantità rilevanti di rifiuti
  • La gestione degli impianti industriali impegnati in attività pericolose o che hanno in deposito sostanze pericolose (pensiamo per esempio alle aziende che producono rifiuti chimici, vernici etc.)
  • La produzione, il trattamento, l’immagazzinamento o lo smaltimento di materiale nucleare e materiale radioattivo pericoloso
  • L’uccisione, il possesso o il traffico di quantità importanti di specie protette di flora e fauna;
  • I danni ad habitat protetti
  • La produzione, il commercio o l’utilizzo di sostanze che riducono lo strato di ozono (ne sono un esempio gli estintori o i solventi per la pulizia)

In base alle indicazioni della Comunità europea, gli Stati membri si devono impegnare su questi fronti applicando sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive, e questo principio vale sia in caso di gravi negligenze sia di abbandono intenzionale.

Le direttive europee sono obbligatorie per i paesi membri e devono essere applicate in tutte le loro parti. Il nostro paese ha quindi accolto tale indicazione comunitaria con la legge numero 68 del 2015 che ha introdotto nuovi reati all’interno del nostro codice penale.

Tale legge:

  • Ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo specifico reato legato all’ambiente
  • Ha modificato il codice dell’ambiente, dettagliando la disciplina che si occupa dell’estinzione di illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale
  • Prevede la responsabilità amministrativa delle aziende anche quando l’abbandono dei rifiuti è avvenuto a opera dei dipendenti
  • Inasprisce le sanzioni riguardo ad alcuni illeciti inclusi dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie vegetali e animali a rischio estinzione

Il delicato tema delle discariche illegali

Esiste chiaramente una netta distinzione fra l’abbandono sporadico di piccole quantità di rifiuti (che costituisce un illecito in ogni caso) e l’abbandono sistematico e organizzato di quantità ingenti di scarti che, com’è ovvio, possono avere un impatto devastante sull’ambiente circostante e sulla salute di esseri umani e animali. Si parlerà in questo caso di vera e propria discarica non autorizzata.

In questa situazione l’illecito risulta essere ben più grave: il nostro sistema legislativo da questo punto di vista a livello sanzionatorio vanta l’articolo 256 del decreto Lgs n. 152/2006, che riporta:

“Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi”

Si tratta di un argomento particolarmente complesso e delicato, visto e considerato che molto spesso dietro alla gestione illecita di rifiuti e alle discariche abusive ci sono organizzazioni criminali.

Gli ultimi dati sulle Ecomafie, a proposito, destano grande sconcerto. Stando ai più recenti rapporti stilati da Legambiente, infatti, nemmeno la pandemia sarebbe riuscita a fermare i criminali.

Nonostante ci sia stata una diminuzione del 17% dei controlli, anche nel 2020 i reati ambientali hanno raggiunto quota 34.867, con un + 0,6% rispetto all’anno precedente. Si tratta, nello specifico, di un reato ambientale commesso ogni 4 ore.

L’impatto è stato significativamente più elevato e in crescita nelle regioni tristemente note per le loro infiltrazioni mafiose (come la Campania della Terra dei fuochi, la Sicilia ma anche la Puglia) che rappresentano il 46,6% del totale. Sempre secondo Legambiente nel solo 2020 sono aumentate sia le persone denunciate (con un +12%) sia gli arresti (+14,2%, con la Lombardia che ha fatto da capofila). Ad oggi il mercato illegale legato alle ecomafie vale oltre 10 miliardi di euro.

Sono numeri importanti che devono far riflettere le istituzioni e l’opinione pubblica rispetto a pericoli che non sono soltanto economici e/o legati alla sicurezza dei cittadini: i reati ambientali costituiscono un serio rischio per il futuro stesso del nostro pianeta e quello delle prossime generazioni.