Condomini morosi: quali sono le regole sulla privacy

Cosa succede in casi di condomini morosi e quali accortezze deve avere l’amministratore di condominio per tutelare la privacy dei propri assistiti. Il ruolo del creditore e come questo può muoversi per vedere onorate le proprie somme dovute. I dati sulla morosità in Italia.

Chi vive in un condominio è tenuto al pagamento di alcune spese comuni, da quelle per la pulizia delle aree condivise, come scale o androne, fino a quelle che riguardano l’elettricità o l’acqua utilizzata in condivisione da tutti i condomini. A gestire tali procedure di pagamento è l’amministratore di condominio che, nel corso del suo mandato, è tenuto anche a governare una lunga serie di dati dei condomini, come i loro riferimenti anagrafici, i numeri di telefono o gli indirizzi email. Appare evidente che, trattandosi di dati sensibili della privacy, l’amministratore ha il compito di gestirli della maniera quanto più idonea e rispettosa, soprattutto al verificarsi di situazioni particolari, quale, ad esempio, la morosità di un condomino.

Condomini morosi: le regole sulla privacy

In linea di principio è possibile dire che l’amministratore di condominio non dovrebbe mai divulgare al pubblico i dati sensibili dei propri assistiti. Ha dunque il compito di riceverli e conservarli nel modo più opportuno, potendo comunicarli a soggetti terzi soltanto dopo aver ottenuto espresso consenso da parte del diretto interessato. Tale fattispecie assume ancor più rilievo nel momento in cui qualcuno che vive all’interno dello stabile gestito dall’amministratore diventa moroso. Chi ricopre il ruolo di amministratore, infatti, è chiamato ad occuparsi anche delle finanze del condominio e, dunque, anche dei morosi. Nel momento in cui un condomino non paga delle spese comuni dovute, come quelle per la pulizia delle aree comuni, l’amministratore, così come più volte precisato dal Garante per la privacy, non può rendere pubblica la notizia – ad esempio mettendo un annuncio in bacheca o in altro spazio comune – ma deve rivolgersi direttamente al soggetto moroso per sollecitare il pagamento delle somme dovute. Il Garante ha altresì previsto che tutte le comunicazioni tra le parti debbano verificarsi in forma privata, così da non ledere le norme sulla riservatezza. L’amministratore di condominio, però, è legittimato dall’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione al codice civile, ad informare gli eventuali creditori ancora non soddisfatti dei dati inerenti i condomini che risultano morosi. Non solo, può comunicare i nomi dei condomini morosi ai partecipanti al condominio, in quanto contitolari della gestione e quindi portatori di un interesse tutelato. Ma non può fornire questi dati a terzi estranei, tranne quando a farne richiesta sono i creditori del condominio dopo aver ottenuto un decreto ingiuntivo. Questa comunicazione può avvenire anche in assemblea, sempre che siano presenti solo i condomini: in questo caso non viola la legge sulla privacy.

Le comunicazioni in bacheca

Da quanto detto, appare evidente che l’amministratore debba mostrare grande attenzione nella gestione dei dati e delle informazioni sensibili dei propri assistiti in caso di morosità. A tutela della privacy, le comunicazione pubbliche inerenti il condominio, solitamente affisse nella bacheca all’ingresso dello stabile, possono riguardare soltanto le informazioni di pubblica utilità, come l’orario di accensione del riscaldamento centralizzato, i giorni della pulizia scale, eventuali interruzioni di servizi comuni e così via. Non è invece consentito affiggere i verbali delle assemblee, in quando contengono dei dati sensibili. Tali documenti potranno però essere imbucati nella cassetta delle lettere private dei singoli abitanti dello stabile. I discorsi fin qui affrontati per la corretta gestione della bacheca condominiale possono essere adattati anche alle pubblicazioni sul sito internet del condominio (qualora ne fosse dotato). Sul portale web di riferimento l’amministratore potrà dunque pubblicare nell’area riservata i documenti approvati dalle delibere assembleari, con ciascun condomino che potrà consultarli e scaricarli semplicemente inserendo username e password.

Cosa succede in caso di morosità

Nel momento in cui un condomino non paga delle spese comuni dovuti, diventa moroso. L’amministratore dovrà dunque provvedere al recupero dei crediti, con un procedimento che, per sua struttura, è decisamente più lento e complesso rispetto a quello previsto per altri tipi di debito. Per comprendere tale passaggio, può essere utile fare un esempio: se l’affittuario non paga il canone mensile, può essere soggetto a sfratto già dopo un mese. Se la morosità, invece, riguarda le spese comuni di condominio, i tempi previsti dal codice civile sono decisamente più lenti. L’amministratore, in quest’ultimo caso ha l’obbligo, e non la semplice facoltà, di agire contro chi non ha pagato entro un massimo di 6 mesi che decorrono dall’approvazione del piano di riparto da parte dell’assemblea. Chi gestisce un condominio dovrà, nello specifico, nominare un avvocato di propria fiducia (anche senza chiedere l’autorizzazione all’assemblea), il quale avrà il compito di chiedere al tribunale un decreto ingiuntivo che dovrà essere notificato al moroso. Soltanto dopo la notifica dell’atto di precetto, scatterà un ultimo avvertimento a pagare entro 10 giorni le somme dovute non ancora corrisposte. Qualora al termine di questo lasso di tempo dovesse confermarsi l’inadempimento, potranno essere avviate delle azioni esecutive anche di tipo immobiliare. Su quest’ultimo aspetto si sottolinea che a nulla vale che la casa sia inserita in un fondo patrimoniale o soggetta all’ipoteca della banca, in quanto il procedimento può essere sempre intentato, anche per debiti relativamente piccoli.

In contemporanea all’Iter appena descritto, può verificarsi che uno dei creditori decida di agire contro il condominio per il pagamento della propria fattura ritenuto insoddisfacente. Il creditore, in questo caso, ha anche la facoltà di chiedere un decreto ingiuntivo in tribunale e, dunque, avviare le azioni esecutive. Queste agiscono inizialmente contro il conto corrente del condominio, ma poiché questo è verosimilmente vuoto, il creditore potrà esigere dall’amministratore l’elenco completo di tutti i condomini in stato di mora e, così, potrà agire direttamente contro di loro. L’amministratore è dunque tenuto a fornire tutti i dati dei propri assistiti morosi, così come previsto dal già citato art. 63 delle Disposizioni di attuazione al codice civile. Se il creditore non dovesse essere soddisfatto dai condomini morosi, potrà agire contro gli altri proprietari in regola con i pagamenti.

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Amministratore e privacy

Volendo andare a riassumere quanto detto finora in tema procedimenti contro la morosità dei condomini e la tutela della loro privacy prevista dal Garante, possiamo dire che l’amministratore:

  • non può comunicare ad estranei lo stato di messa in mora di un condomino, a meno che il soggetto terzo non sia il creditore del condominio che ha ottenuto dal tribunale il decreto ingiuntivo;
  • può però farlo in assemblea, sempre che siano presenti solo i condomini;
  • non può esporre nella bacheca condominiale, sul sito internet dedicato al condominio o, comunque, in qualsiasi luogo accessibile a tutti, delle richieste di pagamento. Tale divieto deriva dal fatto che la morosità di un condomino rappresenta un dato che deve restare riservato.

Lo scenario della morosità condominiale

Purtroppo in Italia i casi di morosità condominiale non sono così rari, con il fenomeno che si acuisce nei momenti di crisi economica  e di forte inflazione. Nelle grandi città capoluogo di provincia, in particolar modo, si registrano i maggiori numeri di casi. Il motivo dipenderebbe non tanto dalla presenza di un numero maggiore di cittadini, ma dal fatto che le spese condominiali abbiano raggiunto delle vette molto impegnative. Un’indagine condotta da “Immobiliare.it”, ad esempio, ha evidenziato come Milano sia la città più cara d’Italia in merito alle spese condominiali. La media mensile è di 171 euro, contro quella nazionale di 92 euro. Stando a quanto riferito da un’altra indagine condotta da “Confabitare”, cioè l’associazione dei proprietari immobiliari, sulla morosità condominiale, l’importo medio nazionale delle morosità è pari a 1.250 euro a nucleo familiare. Lo studio ha analizzato il fenomeno in tutti capoluoghi di provincia italiani, riscontrando che la città dove si verifica maggiormente il fenomeno in esame è Bologna, con un +38%, seguita da Roma Capitale, con un + 33%, e da Napoli con un + 32,7%. Fuori dal triste podio, ma comunque in posizione preoccupante, troviamo altre importanti capoluoghi di provincia:

  • Torino con un +31,8 %;
  • Milano con un+30%;
  • Catania con un +29,6%;
  • Firenze con un +28%;
  • Genova con un +26,5%;
  • Cagliari con un +24,8%;
  • Palermo con un +23,7%;
  • Bari con un + 22,6%;
  • Padova con un + 21,3%;
  • Venezia con un +19%.

La morosità condominiale ha dunque una diffusione abbastanza trasversale in tutta Italia e non risente troppo del numero di abitanti del capoluogo. L’indagine ha anche evidenziato le ragioni che portano i condomini a non pagare le spese dovute: per una larga fetta che diventa morosa per concrete ed oggettive difficoltà economiche, ce n’è un’altra, altrettanto ampia, nella quale trovano spazio i cosiddetti furbetti, cioè coloro che sfruttano la generale condizioni di crisi e precarietà economica per non onorare gli adempimenti dovuti. Si tratta di un problema non di poco conto, visto e considerato che l’inadempienza del singolo può portare dei danni all’intera comunità. Il creditore insoddisfatto dal condomino moroso, infatti, può decidere di rifarsi sull’interno condominio e, dunque, anche su coloro che avevano provveduto a pagare regolarmente le somme dovute.