Posso chiedere il rimborso della tassa sui rifiuti pagata in eccesso?

tassa sui rifiuti

In quali casi il contribuente può riavere indietro le cifre pagate in eccesso per quanto riguarda la tassa sui rifiuti: l’iter da seguire e le scadenze. Un quadro generico anche sugli altri tributi

Non così di rado capita che i contribuenti paghino delle somme sbagliate delle tasse (solitamente più alte) rispetto a quelle che avrebbero dovuto realmente corrispondere. In questi casi, se non è passato troppo tempo dal pagamento, sono previste dall’ordinamento delle modalità per poter avere indietro l’eccedenza.

Supponiamo, ad esempio, che il contribuente abbia pagato per intero la tassa sui rifiuti dovuta per l’anno in corso, ma, dopo aver effettuato il versamento, siano mutate alcune condizioni del suo nucleo familiare che incidono sull’ammontare del tributo. In questi casi il contribuente può segnalare quanto avvenuto agli uffici competenti e recuperare l’eccesso di pagamento portandolo in compensazione con gli altri tributi che dovrà pagare in futuro. A tal proposito si ricorda che la tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti spetta ad ogni soggetto proprietario o possessore di un immobile e dovrà essere versata agli enti locali, al Comune per l’esattezza. Al fine di recuperare le somme pagate in eccesso, il cittadino dovrà dunque verificare quali sono le modalità di rimborso e di conguaglio previste dal proprio Comune in questione. In linea di principio, comunque, e nel rispetto dei tempi previsti, il recupero delle somme eccessive pagate per la Tari è concesso a tutti i cittadini che lo richiedono.

Tassa sui rifiuti, cos’é e come si paga

Prima di addentrarci nello specifico caso del recupero delle somme in eccesso versate per la tassa sui rifiuti, Tari, è necessario avere ben chiara la struttura e i soggetti passivi di questo tributo locale. A partire dal 2014 la Tari deve essere corrisposta da tutti i soggetti proprietari o detentori, a vario titolo, di immobili o locali che siano suscettibili di produrre rifiuti. Con questo tributo, infatti, le amministrazioni comunali coprono i costi annuali necessari per il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Le spese del ciclo di gestione dei rifiuti possono variare al modificarsi di molte variabili che sono principalmente legate alle modalità con cui viene smaltita l’immondizia cittadina. Si tratta di un tributo, anche se nei comuni dotati di una modalità di misurazione puntuale dei rifiuti conferiti dal singolo contribuente può essere intesa come una vera e propria tariffa. In base ai parametri nazionali, è possibile dire che si tratta di una delle spese più alte che devono essere sostenute dalle amministrazioni locali, motivo per cui nel corso degli ultimi anni sono state introdotte, modificate ed adattate diverse forme di tassazione dei cittadini. L’attività di gestione dell’immondizia è di competenza degli enti locali, che possono occuparsene direttamente o affidare questo compito ad un soggetto esterno tramite appalto. Per quel che riguarda il calcolo della tassa sui rifiuti, Tari, è necessario sottolineare che il punto di partenza nella determinazione degli importi è il piano finanziario annuale dell’amministratore locale relativo alla gestione dei rifiuti. È in questo prospetto che viene indicato il costo complessivo che l’ente locale dovrà sostenere nel periodo considerato per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. La somma totale, o onere complessivo, viene successivamente ripartito sulla totalità dei locali o delle aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti, la cosiddetta utenza Tari. La distribuzione tiene conto di due componenti fondamentali del tributo, ovvero:

  • la parte fissa, che è legata alla superficie dell’immobile e al numero di componenti del nucleo familiare;
  • la parte variabile, che è legata al coefficiente di produzione rifiuti associato alla tipologia di utenza. In questo caso si utilizzano dei coefficienti presuntivi che sono legati alla tipologia di utenza e alla ipotetica produzione dei rifiuti. Vi é, invece, più certezza nella definizione della parte variabile della Tari se il Comune utilizza un più efficiente sistema di misurazione puntuale dei rifiuti urbani prodotti.

Il rimborso per la tassa sui rifiuti 

Come si diceva in apertura, può accadere che il contribuente corrisponda una Tari in eccesso rispetto a quanto realmente dovrebbe pagare. Esempi tipici in tal senso si registrano nei casi in cui nel corso dell’anno si verificano dei cambiamenti che vanno ad incidere sulla determinazione del tributo (come nel caso di una riduzione del numero dei componenti del nucleo familiare), oppure quando l’immobile su cui è calcolata la Tari dovrebbe essere esentato dalla tassa sui rifiuti poiché non ne produce. E ancora, altro caso tipico di pagamento in eccesso della Tari è quello in cui il contribuente la paghi per sbaglio. Ma cosa fare in questi casi per recuperare le cifre versate in eccesso? Il primo passo da fare è quello di consultare il regolamento del proprio Comune di residenza, o comunque quello in cui si è soggetti alla Tari, per comprendere come viene disciplinato questo tributo. È tuttavia possibile dire che, salvo specifiche disposizioni dei Comuni, le variazioni che incidono sull’ammontare della tassa sui rifiuti, e si verificano nel corso dell’anno, vengono recepite e conteggiate dall’ente locale in sede di conguaglio compensativo e, se le modifiche si sono verificate dopo l’emissione degli avvisi di pagamento, la compensazione si verifica già nella seconda rata della Tari. Come evidente, dunque, al verificarsi delle suddette situazioni, può esserci un recupero o un rimborso della somme della tassa sui rifiuti.

A livello strettamente operativo, il contribuente che vanta un eccesso di pagamento, riceverà un modulo per la richiesta del rimborso Tari, con tutte le istruzioni necessarie per la sua compilazione. Il rimborso verrà gestito interamente dal Comune o dal gestore che, entro 180 dalla richiesta, provvederanno ad erogarlo. Questo è l’iter classico, anche se l’ente locale, prima della restituzione delle somme al contribuente, verifica se, nei periodi precedenti, non vi siano stati degli arretrati di pagamento della Tari da parte dello stesso. Qualora questa verifica trovasse riscontro, la cifra in eccesso verrà trattenuta come compensazione del dovuto e, eventualmente, verrà liquidata soltanto la porzione eccedente residua.

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Inoltre, se il contribuente ha pagato la Tari pur non dovendolo fare, questo avrà diritto al rimborso completo o alla compensazione con altri avvisi Tari non ancora pagati nel limite temporale di 5 anni che decorrono dal momento del pagamento o da quello in cui è stato accertato in maniera definitiva il diritto alla restituzione.

Il diritto al rimborso della Tari

In base a quanto previsto dalla legge Finanziaria del 2007, tutti i contribuenti possono richiedere il rimborso delle somme versate e non dovute. Nel caso della Tari, per farlo il limite di tempo è di 5 anni dal giorno del versamento, con l’ente responsabile (il Comune) che deve provvedere al rimborso entro 180 giorni dalla data di presentazione dell’istanza. Il contribuente, inoltre, è tutelato nei casi in cui gli venga negato il giusto rimborso da parte dell’ente. In questi casi, infatti, i cittadini hanno la facoltà di presentare ricorso alla commissione tributaria provinciale territorialmente competente entro 60 giorni di tempo. La richiesta deve essere necessariamente inviata con raccomandata a/r o con la posta elettronica certificata, pec, e dovrà essere comprensiva dei dati e della firma del titolare dell’utenza. Andranno poi citati gli estremi dell’interrogazione parlamentare “n. 5-10764 del 18 ottobre 2017” e allegati una serie di documenti che permettano di evidenziare, in maniera chiara, il diritto al rimborso. Nel caso della Tari, si tratta nello specifico:

  • del riepilogo degli importi dovuti con specifico dettaglio alle somme richieste;
  • dei dati catastali dell’immobile su cui viene calcolata la tassa sui rifiuti;
  • della superficie tassata;
  • del numero degli occupanti dell’immobile;
  • della specifica sulla quota fissa e variabile del tributo, diversa per ogni unità immobiliare.

Rimborso delle tasse in eccesso: le tempistiche

In base a quanto previsto dalla legge, per poter ottenere il rimborso delle tasse in eccesso è necessario rispettare dei termini di prescrizione, trascorsi i quali, si perderà il diritto a riavere indietro le somme. A livello generale, il termine di prescrizione ordinario per le tasse in eccesso è di 10 anni, ma in realtà l’istanza per richiedere le cifre versate  deve essere presentata in termini decisamente più brevi, a pena di decadenza. Più nel dettaglio, l’istanza deve essere presentata entro:

  • 48 mesi dalla data di esecuzione dei versamenti in eccesso di Irpef e altre imposte sui redditi. Lo stesso tempo viene considerato anche dal prelevamento eccessivo di ritenute alla fonte da parte del sostituto d’imposta;
  • 36 mesi dalla data di versamento delle imposte indirette, ad esempio l’imposta di registro o quella sulle successioni e donazioni;
  • 24 mesi in tutti gli altri casi residuali, con decorrenza dalla data di avvenuto pagamento o dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

Si sottolinea inoltre che, per evitare di non rispettare i ristretti termini descritti, il contribuente può presentare una dichiarazione integrativa dei redditi entro e non oltre il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione originaria e che si intende correggere.

L’istanza di rimborso per le tasse pagate in eccesso

Ci siamo occupati del caso specifico della Tari pagata in eccesso, mentre ora estendiamo il discorso delle somme pagate non dovute anche ad altri tributi, con specifico riferimento alla più volte citata istanza di rimborso. Questa, in presenza di problemi nell’ammontare pagare per imposte indirette (Ires, Irpef, Irap) o indirette (imposta di registro, di bollo, sulle successioni e sulle donazioni), deve essere presentata all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente o presso il quale è stato registrato l’atto che ha generato il debito d’imposta versato non dovuto. Nel caso della Tari, invece, l’ente competente cui riferirsi era il Comune, essendo la tassa sui rifiuti un tributo locale.

All’Agenzia delle Entrate, l’istanza di rimborso deve essere presentata in carta semplice e può essere recapitata dal contribuente sia di persona, ad un sportello, che utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata. Altra modalità di consegna è quella che prevede l’utilizzo servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate nell’area riservata del proprio portale. In quest’ultimo caso sarà necessario che il contribuente acceda al proprio cassetto fiscale utilizzando le credenziali Spid, Sistema pubblico di identità digitale, Cie, Carta d’identità elettronica, o Cns, Carta nazionale dei servizi. La legge prevede inoltre che in questo tipo di situazioni, il cittadino possa avvalersi della collaborazione di intermediari abilitati, vale a dire commercialisti e Caf.

Rispetto ai discorsi fin qui affrontati, particolare specifica è richiesta per il rimborso dell’Iva versata in eccesso. Le modalità di richiesta, infatti, sono molto diverse con il contribuente che deve formulare la propria domanda nella dichiarazione Iva annuale oppure in quella di liquidazione periodica, sia questa mensile o trimestrale. La richiesta, inoltre, potrà essere inviata solo ed esclusivamente in via telematica. E ancora, i rimborsi Iva che prevedono cifre superiori a 30mila euro, possono essere condizionati da una garanzia patrimoniale, come una fideiussione bancaria o assicurativa.

Come avviene il rimborso 

Quando si presenta la domanda all’Agenzia delle Entrate per ottenere il rimborso di cifre pagate in eccesso, questa potrà essere accolta oppure respinta. Nel primo caso, il contribuente riceverà l’accredito della somma sul proprio conto corrente o, se ne è privo, gli verrà inviato al domicilio fiscale un assegno vidimato emesso da Poste Italiane. Nel solo caso dell’Iva, invece, il rimborso viene erogato sul conto fiscale del titolare della partita Iva o della società. Se nel frattempo tale conto è stato chiuso, l’accredito avverrà sul conto personale del richiedente.

Nei casi in cui, invece, la domanda di rimborso viene bocciata, per rigetto esplicito o silenzio rifiuto, al contribuente che intende recuperare le somme in eccesso non resta altro da fare che presentare un ricorso alla Corte di Giustizia tributaria competente per territorio entro 60 giorni da quando si è appreso del rigetto o, nel caso di silenzio rifiuto, entro il termine di prescrizione decennale.