Neofobia alimentare: come fare se il bimbo rifiuta i cibi che non conosce

NEOFOBIA ALIMENTARE

Il dialogo tra genitori e bambini è fondamentale per superare la neofobia alimentare, ossia la paura di nuovi piatti e il rifiuto del cibo che non si conosce. Ecco alcune strategie da attuare

Più dialogo tra bambini e genitori. Lo stile di vita sano e il consumo di frutta e verdura dipendono anche e soprattutto da questa condizione imprescindibile. Dal dialogo genitoriale dipende anche il superamento della cosiddetta neofobia alimentare, ossia il consueto (nei primi anni di vita è normale) rifiuto selettivo di alcuni alimenti, specialmente dei cibi nuovi che vengono proposti ai nostri bambini.

Occorrono strategie per evitarla o superarla. A sostenere tutto questo è un recente studio del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, sui comportamenti alimentari infantili durante e dopo la pandemia pubblicato nel dicembre 2022 sulla rivista Frontiers in Nutrition.

Che cos’è la neofobia alimentare?

I bambini tendono a selezionare i cibi. Viene definita “selettività alimentare” e rappresenta una fase normale e transitoria dello sviluppo del piccolo. È una reazione protettiva inevitabile che di solito si manifesta intorno all’età di 2 o 3 anni e diminuisce con l’età.

Secondo stime, circa 3 bambini su 4 diventeranno selettivi verso i 2 anni di vita. Prima di quell’età non si manifesta alcuna neofobia alimentare. Diventa più rigida, con sintomi di rifiuto vero e proprio tra i 4 ei 7 anni, per poi diminuire nella maggior parte dei casi in modo graduale, fino ai 10 o 11 anni.

La selettività alimentare si manifesta anche per paura di mangiare e provare nuovi cibi (cosiddetta ansia da incorporazione). Il bambino o l’adulto diventa riluttante ad assaggiare cibi non familiari, ne prova disgusto e quindi consuma una varietà molto limitata di prodotti che possono essere limitati, a volte il rifiuto riguarda cibi che si presentano in determinate consistenze o colori poco invitanti, o somministrati in modo coercitivo, forzato.

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I sintomi della neofobia alimentare

Alcuni atteggiamenti tipici e osservabili dall’esterno, nel bambino selettivo, possono aiutare i genitori e gli insegnanti a intercettare questo comportamento, quali ad esempio:

  • Girare la testa;
  • Smistare il cibo;
  • Fare smorfie;
  • Sputare;
  • Spingere la forchetta.

Il più delle volte i cibi rifiutati sono frutta, verdura, carni, cibi dai gusti decisi. Dietro questo rifiuto spesso si innesca un meccanismo di difesa che corrisponde ad un atavismo di protezione contro l’ingestione di cibi tossici.

Diventa disturbo quando persiste fino all’età adulta, ma si può prevenire adottando accorgimenti e strategie per avvicinare i più piccoli al consumo di cibi sani e dal gusto naturale.

Come evitare la neofobia alimentare nei bambini

Lo studio redatto dal Crea punta su un maggiore coinvolgimento dei figli nella preparazione dei cibi e nei comportamenti alimentari. Gli esperti hanno stilato una serie di strategie e si rivolgono direttamente ai genitori.

Una regola da cui cominciare è fondamentale:

  • Coinvolgere i figli più piccoli nella preparazione dei pasti in modo giocoso li convince a consumare più frutta e verdura, limitando forme estreme di neofobia alimentare.

Questa convinzione è maturata a seguito dei risultati emersi dall’indagine del team di ricercatori del Crea. Lo studio si è concentrato su un campione di 99 bambini in età scolare della regione Lazio, ma rappresentativo anche a livello nazionale, per esaminare i cambiamenti delle loro abitudini nutrizionali nel corso e nel post pandemia da Covid-19 e l’eventuale impatto sui fenomeni di ripudio di cibi specifici.

  • Esporre il bambino a nuovi alimenti in modo graduale

I bambini affrontano il mondo “nuovo” con curiosità, interesse, ma anche ansia e paura per la novità, come è normale che sia. I fattori comportamentali dei genitori sono importanti. Per questo, i ricercatori consigliano di esporre i bambini ai nuovi alimenti in modo graduale.

In caso di patologia vera e propria, che genera disturbi alimentari e carenze importanti, occorrerà intervenire con terapia e tecniche cognitivo comportamentali.

In generale vanno bene anche le tecniche di rilassamento. Ma il dialogo tra genitori e bambini, e tra genitori e pediatri (eventualmente psicoterapeuti) è una condizione imprescindibile.

Le strategie da adottare

  • Cominciare dallo svezzamentoLe Linee guida sulla salute alimentare redatte dal ministero della Salute indicano nello svezzamento una fase educativa fondamentale. La ripetuta, serena e paziente esposizione a frutta e verdura in questa fase migliora l’accettazione e il consumo da parte del bambino e riduce la neofobia alimentare e la paura ad assaggiare cibi nuovi. Oltre a favorire la prevenzione delle malattie croniche (soprattutto quando poi si è adulti e anziani), il consumo di prodotti vegetali contribuisce a migliorare l’idratazione, mantenere la corretta qualità del microbiota e la motilità intestinale e rappresentare strumento terapeutico o ausilio alla terapia per il futuro mantenimento dei valori normali di colesterolemia, glicemia e pressione arteriosa.

L’esperienza di sapori e odori diversi che il lattante prova attraverso il consumo di latte materno è uno degli innumerevoli vantaggi dell’allattamento al seno e non può avvenire ovviamente se il bambino è invece allattato con il latte formula. Gli esperti del ministero osservano che i bambini allattati al seno sono meno esigenti, o “difficili” nelle scelte alimentari e più predisposti a provare nuovi alimenti (quindi, minore neofobia alimentare), caratteristiche che vengono mantenute anche nell’età scolare e che sono ascrivibili proprio alla precoce varietà di esperienze di sapore attraverso il latte materno.

(Qui una guida per aiutare i genitori ad affrontare i “capricci” dei bambini a tavola).

  • I falsi miti sull’alimentazione della mamma

Il consumo ricorrente da parte della mamma di frutta e verdura porta il neonato ad accogliere meglio questi sapori quando cominciano le prime pappe. Per cui quello che si diceva un tempo, ossia di limitare il consumo di alimenti come asparagi, aglio, cipolle, cavoli, mandorle amare e di spezie per evitare che il latte abbia odori o sapori che possono risultare sgraditi al lattante, non solo non è vero, ma anzi causerebbe una monotonia di sapori che oggi viene considerata negativa.

Anche la preferenza per il salato si sviluppa presto, quindi è bene che la dieta della nutrice sia povera di sale: questo fa in ogni caso bene sia alla mamma che al lattante.

  • Come preparare frutta e verdura per bambiniFrutta e verdura, sia cotta che cruda, devono essere preparati in maniera adeguata alla capacità di masticazione e di deglutizione. Se necessario se ne può infatti facilitare il consumo di questi prodotti cuocendoli opportunamente, o riducendoli a listarelle, frullandoli, centrifugandoli o ancora trasformandoli in crema. Nel caso dei bambini anche la presentazione è importante. Un piatto giocoso, allegro, sarà più attraente agli occhi di chi sta esplorando il mondo con curiosità e normale ritrosia e paura per la novità.
  • Aiutare i bambini a masticare lentamenteMasticare lentamente aumenta il senso di sazietà, avvicina alla scoperta dei sapori, e allontana il rischio di mangiare troppo. Possiamo accompagnarli per abituarli a masticare con più lentezza, mangiando con meno voracità.
  • “O ti mangi questa minestra, o…”: è sbagliato
    Un antico proverbio veniva spesso utilizzato in passato per adottare misure coercitive, forzando i bambini a mangiare cibi sistematicamente rifiutati. “O ti mangi questa minestra… o ti butti dalla finestra”, è stato uno dei più brutali adagi ereditati dalla cultura proibizionista del passato. L’approccio psicologico comportamentale ha dimostrato nel tempo che queste forzature non aiutano a contrastare la neofobia alimentare. Infatti, nelle linee guida del ministero, elaborate da esperti psicologi e nutrizionisti, c’è scritto che “è possibile ridurre il rifiuto di alcuni alimenti attraverso l’apprendimento precoce”. Significa che l’esposizione ripetuta e non forzata ad alimenti diversi per abituare il bambino al nuovo sapore ha effetti positivi sul gradimento e sul consumo ed è probabile che tali alimenti siano accettati in seguito, purché non siano associati a emozioni negative.
  • Non distrarre troppo il bambinoL’utilizzo, senza intransigenze, di apparecchi elettronici e multimediali può aiutare il bambino a concentrarsi meglio nel momento della preparazione e del consumo dei pasti. Computer, televisione e smartphone possono essere elementi di disturbo, ma come illustriamo in questa guida utile per i genitori, anche i proibizionismi, le negazioni e le emozioni negative possono condizionare i bambini in peggio. Un’esposizione esagerata e prolungata ai contenuti multimediali espone il bambino a confusione emotiva, di conseguenza non sarà concentrato sul cibo e sulle modalità di preparazione. Lo distrarranno dalla curiosità a scoprire sapori e gusti nuovi. (Qui una guida per i genitori all’utilizzo di smartphone e apparecchi multimediali).
  • Coinvolge i bambini nella preparazione dei cibi e nella spesaSe possibile, sarebbe utile che i genitori portino con sé i propri figli a fare la spesa. Un momento divertente può essere quello di insegnare ai bambini a cucinare, coinvolgendoli ai fornelli, magari con sottofondi musicali e cartoni animati divertenti. (Qui, come preparare un pranzo al sacco e coinvolgere i bambini in cucina e alla spesa).
  • Evitare porzioni troppo grandi di ciboLe porzioni non devono essere esagerate perché aumentano il senso di pesantezza e sazietà, oltre che espongono ai rischi di obesità.
  • Evitare (o tagliare meglio) i cibi pericolosiI cibi pericolosi, o tagliati male, possono aumentare la neofobia alimentare nei bambini, poiché portano a traumi e, di conseguenza, a rifiuti. Possono inoltre esporre il piccolo a rischio soffocamento. Gli alimenti pericolosi sono in genere quelli piccoli (che andrebbero tagliati meglio) o quelli secchi e duri (ad esempio, frutta a guscio, semi, popcorn, pezzettini di verdura cruda). Evitare anche cibi appiccicosi o consistenti (creme spalmabili, marshmallow, gomme da masticare) o alimenti indeformabili, lisci o scivolosi (wurstel, caramelle dure, ciliegie).

Lo studio del Crea conferma che non bisogna forzare i bambini

Durante la pandemia, la convivenza forzata determinata dal lockdown ha prodotto l’aumento del numero dei pasti consumati in famiglia. Inoltre, nel periodo di convivenza forzata la condivisione dei pasti si è associata alla scelta di verdure e legumi: circa il 95% dei bambini che ha consumato maggiormente questi alimenti, infatti, aveva effettuato entrambi i pasti principali nel nucleo familiare e nel 35% dei casi è risultato che ne mangiavano di più rispetto a quanto accadeva nel periodo prepandemico.

Lo studio del Crea ha coinvolto un campione di 99 bambini tra i 6 e gli 11 anni, i quali hanno preso parte a una valutazione retrospettiva effettuata con un questionario autosomministrato. Sono state studiate le abitudini alimentari, i livelli di attività fisica e gli indicatori dello stile di vita sia pre che post pandemia.

Inoltre, è stata valutata la neofobia alimentare del bambino utilizzando la “Scala della neofobia alimentare (Cfns)”.

I risultati hanno mostrato che, per gran parte del campione (97%), il rifiuto selettivo del cibo non è cambiato durante il periodo della pandemia. Circa il 70% dei partecipanti non ha mutato le proprie abitudini alimentari, con alcune eccezioni che hanno riguardato alcuni sottogruppi che hanno riportato un aumento del consumo di frutta (22,2%), verdura (19,2%) e legumi (21,2%).

Com’era prevedibile, a causa delle misure restrittive, è stato rilevante l’impatto della pandemia sulla sedentarietà, che è passata dal 25,3 al 70,7%. Tuttavia, nei bambini normopeso è stata riscontrata una più alta prevalenza di neofobia di livello intermedio (78,4%).

È stato interessante notare come durante l’isolamento sociale, il 39,4% dei bambini studiati siano stati coinvolti nella preparazione dei pasti. È aumentata anche la percentuale di chi ha condiviso tutti i pasti con la famiglia (dal 32,3% al 78,8%).

Nello studio condotto dai ricercatori esperti (Annalisa Di Nucci, Umberto Scognamiglio, Federica Grant e Laura Rossi), i comportamenti genitoriali non coercitivi in reazione al rifiuto del cibo – cioè il dialogo e la preparazione dei cibi meno graditi in una modalità maggiormente apprezzabile dal bambino – sono stati associati a livelli di neofobia alimentari più bassi.

Al contrario, l’unica strategia associata al livello di neofobia è stata la disapprovazione mostrata dal genitore, a cui, infatti, corrisponde nel proprio figlio un livello intermedio o alto di ripudio di cibi.

Una delle cause del basso consumo di frutta e verdura nei bambini potrebbe essere la neofobia alimentare – osserva Umberto Scognamiglio, che ha coordinato lo studio – definita come la riluttanza a mangiare cibi nuovi o sconosciuti: un comportamento molto comune tra i bambini con un ben definito esordio ed evoluzione”.

Lo studio del Crea dimostra come le strategie educative adottate dal genitore al momento del pasto possano influenzare in modo determinante le abitudini alimentari e il livello di neofobia del bambino.