Rumori molesti: come richiedere il risarcimento danni

RUMORI MOLESTI RISARCIMENTO

Rumori molesti: quali sono i limiti di tollerabilità e come vengono valutati dal giudice. Come richiedere il risarcimento e come viene gestito sia nel civile che nel penale

Abitare in zone centrali delle città comporta dei grandi benefici in termini di comodità, ai quali si contrappongono però degli svantaggi riconducibili ai rumori molesti. Si pensi, ad esempio, a chi vive in una zona con tanti locali che attirano, ogni sera, molte persone e che, per forza di cose, produrranno dei suoni che alla lunga potrebbero infastidire chi è a casa propria. Cosa fare in queste situazioni? È possibile richiedere ed ottenere un risarcimento del danno? La risposta, come spesso avviene, è dipende dalle caratteristiche del singolo caso, con le immissioni di rumore vietate dalla legge che sono solo quelle che superano la cosiddetta soglia di normale tollerabilità. Le tutele previste, in questi casi, possono ricadere sia nel diritto civile che nel penale, ma andranno effettuate delle opportune valutazioni. Attenzione deve essere poi prestata anche a quanto previsto dal regolamento condominiale, specie nei casi in cui il locale fonte del rumore molesto faccia parte dello stesso condominio in cui è presente l’abitazione di chi si lamenta. Se, ad esempio, nel regolamento è previsto il divieto di svolgere nel condominio attività di ristorazione, rumorose o altrimenti moleste, si avrà maggiore facilità nel far emergere le proprie ragioni e, verosimilmente, ad ottenere un risarcimento del danno.

Risarcimento danni per rumori molesti

Come si diceva in apertura, sono previste delle tutele contro i rumori molesti sia nel campo del penale che del civile. In quest’ultimo caso, chi pensa di essere vittima di un’immissione di rumore molesta può prendere in considerazione l’articolo 2043 del codice civile e, soprattutto l’articolo 844. In questo, al comma 1, viene anzitutto messo in risalto il diritto del proprietario del fondo di usufruire come meglio crede della sua proprietà (anche dunque producendo tutto il rumore che vuole). Poco dopo, tuttavia, l’articolo sottolinea come a questa libertà possono essere poste delle limitazioni. Più nel dettaglio viene stabilito che le immissioni di fumo, di calore, di scuotimento o di rumore provenienti dal fondo, possono essere accettate entro determinati livelli di tolleranza. Solo al superamento di questa soglia, dunque, sarà possibile per chi subisce il rumore molesto ottenere la cessazione dell’attività rumorosa o il risarcimento del danno.

La valutazione della normale tollerabilità

Malgrado la norma non sia di difficile interpretazione, i maggiori limiti della stessa sono rappresentati dal fatto che il legislatore non abbia ben definito il concetto di normale tollerabilità. Nel codice civile viene solo indicato che, per valutare questo parametro, si dovrà tenere conto di alcuni aspetti specifici, ovvero:

  • la condizione dei luoghi;
  • l’esigenza di contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà.

Tuttavia, stando a quanto previsto dalla consuetudini, per affermare che vi sia la presenza di rumori molesti è sufficiente dimostrare che questi:

  • abbiano superato di 3 dB (decibel) il rumore di fondo, se si verificano nelle ore notturne;
  • che abbiano superato di 5 dB il rumore di fondo, se si verificano di giorno.

È bene precisare che, anche in presenza dei parametri sopra indicati, il comma 2 dell’articolo 844 del codice civile, lascia al giudice la facoltà di valutare il singolo caso che gli si pone davanti. Ciò che gli viene chiesto è dunque di moderare le esigenze dell’attività che crea il rumore con le ragioni di chi lo accusa, tenendo in considerazione le condizioni dei luoghi, il sistema di vita e le normali abitudini delle persone nell’attuale momento storico. Di recente, il concetto di tollerabilità ha trovato una nuova interpretazione che prende a riferimento il modo di vivere la città. Ecco dunque che per valutare se sia stato superato il limite di tolleranza, si terrà conto dell’incidenza complessiva e unitaria delle sorgenti sonore che si concentrano in uno stesso luogo. La principale difficoltà, in tal senso, è capire se il locale che ha tavoli all’aperto sia effettivamente il vero responsabile delle immissioni sonore oltre la soglia consentita. Come comportarsi, ad esempio, in presenza di più locali uno vicino all’altro con entrambi tavoli all’aperto? La responsabilità è di un solo esercizio commerciale o di entrambi? Secondo quanto stabilito dalla sentenza 143 del 28 gennaio 2019 del Tribunale di Modena, “non è neppure astrattamente configurabile una responsabilità solidale nell’ipotesi in cui l’intollerabilità del rumore non derivi da una singola sorgente sonora, ma dal complesso di suoni emessi dalle varie attività”. I dubbi sulle responsabilità, dunque, restano e al giudice spetta l’annoso compito di venire a capo di questa non facile controversia. A tal proposito si ricorda che, in presenza di una domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità, il giudice non è vincolato ad adottare una misura determinata. Potrà dunque predisporre la chiusura totale del locale fonte dei rumori, così come limitarsi a decidere che sia vietato l’accesso dei clienti alle aree all’aperto del locale in determinate fasce orarie. Nell’attribuzione delle responsabilità per rumori molesti, inoltre, può essere considerato anche il Comune nel quale si verificano i fatti. Il Tribunale di Torino, ad esempio, con la sentenza 1261 del 13 marzo 2021, ha accolto la domanda di risarcimento danni presentata dai residenti di una zona della città fortemente interessata dalla movida notturna, obbligando il Comune al risarcimento.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Tollerabilità dei rumori molesti: ulteriori aspetti

Nella valutazione del limite di tollerabilità dei rumori molesti, ci sono una serie di altri aspetti che possono essere presi in considerazione. Tra questi c’è, in base a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, il preuso, ovvero la conoscenza preventiva che un’abitazione in un determinato luogo potrebbe essere maggiormente esposta al rischio di rumori molesti. Ecco dunque che chi acquista un appartamento in una zona della movida, avendo conoscenza della destinazione d’uso dei vicini locali, potrebbe avere maggiori difficoltà a dimostrare che il livello di tollerabilità sia stato superato.

Rumori molesti, le azioni percorribili

Le azioni che possono essere messe in atto contro i rumori molesti e che rientrano nel campo civilistico sono:

  • l’azione inibitoria, che mira ad impedire il perpetuarsi delle immissioni inibitorie con la chiusura generalizzata del locale o l’interdizione ad alcune sue aree esterne in determinate fasce orarie;
  • l’azione per il risarcimento del danno ingiusto che proviene da fatto doloso o colposo altrui (art. 2043 del codice civile). In questo caso specifico potrebbe esserci un risarcimento danni per il disturbo della quiete e del riposo, ma anche alla salute psicofisica. Andrà, naturalmente dimostrato il nesso di causalità tra i problemi psicofisici e l’esposizione prolungata al rumore.

Rumori molesti, quando si entra nel penale

L’ordinamento italiano prevede dei casi in cui la presenza di rumori molesti possa ricadere nell’ambito di applicazione del diritto penale. Ciò che porta alla configurazione di un reato è la fattispecie incriminatrice prevista dall’articolo 659 del codice penale, secondo il quale “risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne”. Inoltre, in base a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 28570 del 2 luglio 2019, il gestore di un locale ha l’obbligo giuridico di controllare che “la frequentazione del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica”. E ancora, la sentenza della Suprema Corte 3952 del 4 febbraio 2022, ha sottolineato che il reato in questione si configuri nel momento in cui “c’è la prova dell’attitudine degli schiamazzi a recare disturbo a un gruppo indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche raccolte in un ambito ristretto, come in un condominio”. Ecco dunque che per aversi il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, non servirà evidenziare la vastità dell’area colpita dalle emissioni o il disturbo di un numero alto di persone, ma basterà che il danno venga arrecato a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio.

La pena prevista per il reato di disturbo della quiete pubblica è l’arresto fino a tre mesi oppure un’ammenda che può arrivare fino a 309 euro. L’ammenda è invece di 103 euro per chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’autorità. Inoltre, la persona offesa potrà costituirsi parte civile all’interno del processo penale, avendo così la possibilità di chiedere il ristoro dei danni subiti.