Epicondilite del gomito, sapete come evitarla (o come curarla se è il caso)?

EPICONDILITE

L’epicondilite (gomito del tennista) è una condizione dolorosa per il polso e le braccia che può aggravarsi nel tempo. Ecco come curarla e prevenirla al lavoro o a casa, anche con esercizi facili e utili.

 

Colpisce fino al 3% della popolazione ed è una condizione nota tra gli atleti tennisti e ultimaente anche tra gli amanti del padel. L’epicondilite, detta anche epicondilalgia omerale, non a caso viene definita sindrome del “gomito del tennista”. Si tratta di una particolare tendinopatia a carico dei tendini estensori del polso e delle dita. Questo fastidio andrebbe affrontato con la prevenzione e corretto in modo deciso, soprattutto per due motivi:

  • Perché l’epicondilite è una malattia degenerativa che, se non trattata correttamente, peggiora con il passare del tempo;
  • Per evitare l’abuso di antinfiammatori Fans e farmaci contro il fastidio.

 

Come si cura l’epicondilite del gomito?

Cominciare da una diagnosi corretta è fondamentale. Gli esperti dell’Irccs Humanitas consigliano di cominciare da una visita specialistica nel corso della quale il medico potrà individuare la provenienza del dolore. L’accertamento avviene tramite la palpazione diretta e la ricerca dei segni di tumefazione locale. Per diagnosticare l’epicondilite i fattori che verranno considerati sono:

  • L’entità dei sintomi;
  • La professione svolta;
  • L’eventuale svolgimento di determinate attività sportive.

Per escludere altre cause alla base del disturbo possono essere consigliate ulteriori indagini, che solitamente consistono in:

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  • Radiografia sistema scheletrico;
  • Ecografia muscolo tendinea;
  • Elettromiografia (Emg).

La cura o i trattamenti per questa patologia dipendono dall’entità del disturbo. A seconda dei casi si potrà procedere con:

  • Terapia conservativa;
  • Trattamento chirurgico.

 

La terapia contro l’epicondilite

Il trattamento meno invasivo può avvenire in varie modalità:

  • Riposo

Quando l’infiammazione può tendere alla guarigione spontanea. In questi casi si consiglia il riposo durante il quale è di fondamentale importanza evitare l’attività che ha causato l’insorgenza del problema e che potrebbe ulteriormente aggravare il disturbo.

  • Impacchi freddi

Devono essere applicati sul gomito per qualche minuto e più volte al giorno, per lenire il dolore e ridurre l’infiammazione.

  • Antidolorifici

Sono utili per alleviare il dolore lieve, ma se si possono evitare è tanto meglio.

Nei casi particolarmente dolorosi si può procedere con cicli infiltrativi. Questi possono avvenire con cortisone, in cicli di 2 o 3 infiltrazioni, 1 volta alla settimana. Oppure con PRP, cioè con derivati piastrinici prelevati dallo stesso paziente, che vengono poi trattati e reiniettati a livello dell’epicondilo con lo scopo di rigenerare i tessuti e curarli a livello della lesione.

  • Tutori

Il medico potrà suggerire l’impiego di alcuni tutori specifici per l’epicondilite da indossare durante il giorno.

  • Ultrasuoni

A volte vengono prescritti dei cicli di tecarterapia, laserterapia, ultrasuoni in acqua o ionoforesi con antinfiammatori.

 

Il trattamento chirurgico

Quando i sintomi non migliorano, il trattamento chirurgico rimane la soluzione più adatta. Può essere eseguito per via percutanea, artroscopica o incisionale. La tecnica adottata prevede il distacco del tendine (cosiddetto intervento di Hohmann) o l’asportazione del tendine degenerato (detto intervento di Nirschl).

Il dottor Enzo Massimo Caruso, co-responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia della Mano all’Istituto Clinico San Siro  (Gruppo San Donato), illustra alcuni passaggi che vengono effettuati durante l’intervento. “Consiste nel detendere la muscolatura estensoria con piccole incisioni sul gruppo tendineo che si inseriscono sull’epicondilo, attraverso perforazioni effettuate sull’osso allo scopo di rigenerare il tessuto sofferente”.

L’intervento chirurgico dura circa 15-20 minuti e garantisce buoni risultati nella stragrande maggioranza dei casi. Esso permette un rapido ritorno alle proprie attività (pur sempre con un occhio di riguardo verso alcuni movimenti.

 

Il riposo è fondamentale

Nella maggior parte dei casi non si ricorre a rimedi estremi, ma più correttivi. Il dottor Mario Borroni, specialista in ortopedia e traumatologia, sostiene che il riposo sia necessario anche per il funzionamento degli altri trattamenti, durante i quali bisogna evitare che gomito e polso mettano sotto pressione il tendine.

Tutte queste terapie servono sia ad aumentare l’elasticità del tendine, sia a migliorare la vascolarizzazione. I due aspetti concorrono a condizionare la capacità di movimento e il dolore.

 

Il dolore non va sottovalutato

Per una buona riuscita della cura contro l’epicondilite bisogna monitorare il dolore e i sintomi. Questa condizione troppo spesso non viene presa seriamente dai pazienti, specie se associata a gesti e abitudini quotidiane, che i pazienti non considerano dannosi. In questi casi il rischio è quello di una diagnosi tardiva, con conseguente cronicizzazione del disturbo.

Il gomito del tennista provoca la perdita di elasticità del tendine e, in questo modo compromette i movimenti del polso e del gomito.

È il dolore il principale campanello di allarme:

  • Il dolore parte dal gomito e può irradiarsi nel braccio (in particolare al polso e alla mano) a ogni movimento, anche durante le azioni più semplici.

Inoltre, a causa della sua tendenza a cronicizzarsi, può arrivare ad avere un impatto negativo sulla qualità della vita dei pazienti e impedire il normale svolgimento delle attività quotidiane.

 

Gli esercizi per la prevenzione

Altrettanto importante è la prevenzione attraverso esercizi e attività fisica monitorata da un esperto. Il dottor Caruso ne suggerisce alcuni, anche da fare in casa, ma solo dopo la visita specialistica.

“Per quanto riguarda la prevenzione e gli esercizi, utili sia a livello curativo sia a livello preventivo, è di primaria importanza andare a rimuovere la causa dell’infiammazione, cioè cercare di capire quali sono i movimenti che provocano il dolore e che generano la patologia, cercando di evitarli, optando per movimenti alternativi”.

“Il paziente – osserva Caruso – si sentirà per primo stimolato nel trovare movimenti di maggior comfort, e tenderà ad effettuare esercizi preventivi come quelli di rinforzo della muscolatura sia estensoria sia flessoria, senza sollecitare eccessivamente gli estensori con relative estensioni del polso, che possono addirittura avere un effetto peggiorativo”.

 

Come effettuare gli esercizi in casa

Il Manuale medico Msd ha diffuso alcuni tutorial video per degli esercizi manuali da svolgere in casa, utili sia nella prevenzione che nella cura dell’epicondilite. Vediamone alcuni da seguire in ordine di elenco e passo dopo passo.

 

L’esercizio della plastilina terapeutica

Per svolgere questo esercizio bisogna acquistare un panetto di plastilina terapeutica, disponibile nelle farmacie, parafarmacie o su internet. La procedura è la seguente:

  • Stendere la plastilina sul tavolo.
  • Flettere (arricciare) le dita e posizionarle sulla plastilina terapeutica.
  • Estendere e abdurre (allargare) le dita.
  • Eseguire 3 serie di 10 ripetizioni, 1 volta al giorno.

Bisogna iniziare con plastilina terapeutica a resistenza minima. Si può anche eseguire l’esercizio usando una fascia di gomma intorno alle dita.

 

L’esercizio dell’asciugamano

  • Afferrare e premere delicatamente un asciugamano arrotolato con entrambe le mani.
  • Torcere l’asciugamano in direzioni alternate.
  • Eseguire 3 serie di 10 ripetizioni, 1 volta al giorno.

 

Estensione del polso con un piccolo peso in mano

  • Posizionare l’avambraccio sul tavolo con il palmo della mano rivolto verso il basso, lontano dal bordo del tavolo, afferrando il peso (può essere anche una lattina).
  • Spostare il polso verso l’alto in estensione.
  • Flettere lentamente il polso verso il basso fino alla posizione di partenza.
  • Eseguire 3 serie di 10 ripetizioni, 1 volta al giorno.

 

Stretching del flessore del polso

  • La posizione prevedeva il palmo della mano in alto.
  • Afferrare le dita della mano coinvolta con l’altra mano.
  • Tenere il gomito dritto sul braccio coinvolto.
  • Tirare delicatamente la mano e le dita nell’estensione.
  • Continuare l’esercizio per 30 secondi.
  • Eseguire 1 serie di 4 ripetizioni, 3 volte al giorno.

 

Quali sono le cause del gomito del tennista?

L’epicondilite colpisce in Italia dall’1 al 3% della popolazione in età lavorativa, tra i 25 e i 60 anni. Si tratta infatti di un disturbo che riguarda coloro che sono costretti, magari a causa di mansioni ripetitive, a mantenere gomito e polso in una posizione innaturale per un tempo prolungato.

Dunque, le cause sono molteplici:

  • Lavori usuranti e ripetitivi (pensiamo ai magazzinieri e alle mansioni in forte crescita);
  • Attività lavorative manuali e ripetitive pesanti, come il sollevamento pesi (ad esempio, i manovali);
  • Lavoro ripetitivo e di precisione che coinvolge soprattutto l’utilizzo dell’estensione del polso e del gomito;
  • Attività sedentarie dove il lavoratore è costantemente davanti al computer con una postura scorretta;
  • Lavori come quelli che riguardano camerieri e meccanici;
  • Attività sportive che coinvolgono il continuo utilizzo dell’arto superiore, come il golf o il tennis

Quando sforziamo la muscolatura estensoria dell’avambraccio e del polso si esercita una reazione sull’epicondilo attraverso l’inserzione tendinea. Tale trazione provoca una sofferenza cronica dell’osso e dell’interazione tendinea che, a lungo o termine, può provocare fenomeni degenerativi e calcificazioni tendinee.

 

Le linee guida per la prevenzione al lavoro in ufficio o in smart

Lo smartworking (telelavoro o lavoro agile) è una grande opportunità per risparmiare sui consumi energetici, evitando rischi nel tragitto da casa al lavoro. Tuttavia, non vanno sottovalutati anche i pericoli connessi all’uso di strumenti informatici: sia per la vista e per gli occhi, che per la postura e l’affaticamento fisico o mentale. Le condizioni ergonomiche ottimali possono prevenire patologie come l’epicondilite.

A riguardo, il Cni (Consiglio Nazionale Ingegneri) ha elaborato delle Linee di indirizzo per la gestione dei rischi in modalità smartworking o in ufficio. Ecco i consigli per lavorare in sicurezza.

  • Come deve essere lo schermo del computer

La risoluzione degli schermi deve garantire una buona definizione, le immagini devono essere esenti da sfarfallamento o tremolio, lo schermo deve essere orientabile, inclinabile e posizionato di fronte all’operatore ad una distanza dagli occhi di circa 50 – 70 cm, anche per evitare posture scorrette del braccio e del gomito.

  • La tastiera

La tastiera deve essere separata dallo schermo e facilmente regolabile, lo spazio sul piano di lavoro deve consentire l’appoggio degli avambracci davanti alla tastiera, il mouse deve essere posto sullo stesso piano della tastiera in una posizione facilmente raggiungibile. I gomiti non devono poggiare sui bordi della scrivania. Le braccia devono essere ben distese in posizione lineare.

  • Altezza dello schermo

Anche l’altezza dello schermo deve essere tale che le braccia debbano restare distese. Mai collocare lo schermo sopra l’unità di sistema del computer, poiché si troverebbe troppo in alto e costringerebbe lo sguardo e i movimenti all’affaticamento. Potete rialzare il monitor con un supporto se la sua altezza è insufficiente.

  • Il piano di lavoro 

L’altezza del piano di lavoro può essere fissa o regolabile purché compresa tra 70 e 80 cm, in modo da non costringere a tenere i gomiti puntati sul tavolo o scrivania.

  • Come deve essere il computer portatile 

Bisogna evitare di piegare la schiena in avanti e di posizionare il computer portatile sulle gambe.

  • Come deve essere la postazione di lavoro

La postazione deve essere collocata in una zona lontano dalle finestre, in quanto lo sguardo principale dell’operatore deve essere parallelo alla finestra.

L’ultima legge che disciplina la materia è la numero 81 del 22 maggio 2017. Questo strumento normativo indica le misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e le misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. Il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile del 07 dicembre 2021 è stato siglato con l’aggravarsi della pandemia e la conseguente diffusione del lavoro agile. Questo documento stabilisce che ai lavoratori agili si applica la disciplina degli articoli 18, 22 e 23 della legge n. 81/2017, nonché il rispetto degli obblighi di salute e sicurezza.

 

La prevenzione e la sicurezza nei luoghi di lavoro

La postura corretta è fondamentale anche negli altri luoghi di lavoro dove il rischio epicondilite è più concreto (camerieri, magazzinieri, meccanici, lavori usuranti e ripetitivi).

Per prevenire questa, e altre patologie, è importante:

  • Diversificare le mansioni durante la giornata lavorativa;
  • Ridurre il tempo dei lavori in cui si sollevano pesi eccessivi o si effettuano movimenti ripetitivi;
  • Evitare movimenti bruschi (gli esperti consigliano di effettuare esercizi di stretching e massaggi);
  • Non sottovalutare dolori e stanchezza;
  • Evitare di curvare le spalle nei piegamenti e mettere la testa in avanti;
  • Non caricare troppo mani e braccia (vale soprattutto per i camerieri);
  • Praticare attività fisica regolare;
  • Dormire in modo adeguato, senza interruzioni;
  • Bere acqua in quantità sufficiente;
  • Non fumare (poca acqua e fumo di sigaretta danneggiano la robustezza dei muscoli).

I datori di lavoro o responsabili della sicurezza aziendale sono obbligati a valutare i fattori di rischio in azienda rispetto anche alle patologie professionali. Devono valutare eventuali rischi correlati al movimento ripetitivo delle braccia e delle mani e intervenire tempestivamente.

Le figure con responsabilità sono il datore di lavoro o l’RSPP (responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione). Ma anche l’RLS (Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza). Entra in gioco anche il medico competente aziendale.

La prevenzione deve tener conto anche dei cambiamenti tecnologici che vengono introdotti nei processi produttivi. Perciò i macchinari e le attrezzature devono essere a norma, rispettare i principi ergonomici ed essere adatte alle mansioni da svolgere.

Infine, i lavoratori devono essere informati su tutte le corrette procedure di lavoro da eseguire e su come evitare i rischi per la salute.