Incidente autonomo: quando paga l’assicurazione?

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Che cosa si intende quando si parla di incidente autonomo e qual è la procedura per il risarcimento dei danni. Chi paga l’assicurazione e quali sono i motivi per cui si può essere esclusi: i casi di decesso del passeggero in un incidente che non vede coinvolti altri veicoli e le pronunce della Corte di Cassazione

In base a quanto previsto dalla legge delle strada, tutti gli automobilisti per poter utilizzare i propri mezzi di trasporto devono assicurarli. Si tratta dunque di una condizione indispensabile per la circolazione su strade e autostrade italiane. La Rc auto, ovvero l’assicurazione civile dell’automobile, è obbligatoria e si riferisce alla responsabilità civile dell’automobilista. Le compagnie assicurative, in caso di incidente, risarciscono il proprio assicurato, specie nel caso in cui la colpa del sinistro non sia la sua. Un discorso diverso è invece quello che riguarda il risarcimento danni di soggetti diversi dall’assicurato. Cosa succede, ad esempio, nel caso di incidente autonomo e quali saranno i soggetti che avranno diritto al risarcimento?

Incidente autonomo cos’è e quali sono le sue caratteristiche

Prima di vedere le modalità di risarcimento, è necessario capire cosa si intende con incidente autonomo. Si tratta dei casi di sinistri che non coinvolgono altri veicoli rispetto a quello guidato dall’assicurato. È il caso, ad esempio, di un’automobilista che,  per motivi imputabili alla sua disattenzione, si scontra contro il guard rail della strada provocando danni a se stesso e ad eventuali passeggeri. Tali tipi di incidenti con danni alle persone sono abbastanza frequenti e, dunque, viene da chiedersi quale possa essere il risarcimento per i soggetti terzi, ovvero i passeggeri trasportati esterni al rapporto che intercorre tra il titolare dell’automobile e la compagnia assicurativa. Iniziamo col dire che, per legge, il passeggero trasportato e coinvolto in incidenti autonomi ha diritto ad essere risarcito dall’assicurazione del vettore, ovvero quella del veicolo su cui viaggia. Tale aspetto va rispettato sempre e, dunque, non risente in nessun modo dell’accertamento delle colpe del conducente. Si precisa inoltre che trattandosi di incidenti autonomi, dunque senza il coinvolgimento di altri veicoli, il passeggero danneggiato non avrà altre assicurazioni su cui rivalersi diversa da quella del vettore. Tale fattispecie permette dunque al soggetto terzo di chiedere il risarcimento alla compagnia assicurativa dell’automobilista con cui viaggiava, con tale principio che si estende fino al caso in cui il danneggiato terzo sia il proprietario del veicolo che, però, non era alla guida al momento dell’incidente autonomo.

Si specifica inoltre che gli incidenti autonomi devono essere tenuti divisi da quelli avvenuti senza collisioni. Si tratta, in quest’ultimo caso, di sinistri causati dalla condotta incauta di qualcuno che provoca la turbativa che però, in assenza di scontro ed altre tracce, non viene individuato e rimane ignoto. L’esempio è quello di un automobilista che taglia improvvisamente la strada ad un incrocio e costringe altre automobili a deviare bruscamente la propria traiettoria, finendo fuori strada.

Il risarcimento danni del passeggero in un incidente autonomo

Come detto, in  caso di incidente autonomo il passeggero trasportato che riporta lesioni ha diritto a chiedere il risarcimento dei danni all’assicurazione del veicolo su cui viaggiava. Si tratta di un’agevolazione che consente grande praticità nella gestione dei sinistri, in quanto permette una più facile e veloce copertura dei danni riportati da soggetti terzi. Il motivo è facilmente spiegabile con il fatto che il risarcimento avviene in automatico, senza dover prima aspettare di comprendere quali possano essere state le responsabilità nell’incidente. Il pagamento avviene dunque subito, ma, se da analisi successive dovessero emergere delle corresponsabilità o dei cambiamenti drastici nell’interpretazione del sinistro, l’assicurazione erogatrice delle somme potrà sempre rivalersi sulle assicurazioni degli altri responsabili individuati. Sovente situazioni di questo tipo vengono risolte con l’intervento di un giudice che avrà il compito di stabilire, in base ai dati ottenuti, le colpe del sinistro.

La norma di favore appena descritta trova dei limiti di applicabilità nel momento in cui nel sinistro non sia coinvolto un solo veicolo, ma siano almeno due, così come previsto dall’art. 2054 del codice civile. La procedura dell’indennizzo diretto non è dunque applicabile e il danneggiato che intende ottenere il risarcimento dovrà intraprendere il percorso classico, decisamente più lento, che richiede anche l’accertamento del suo grado di colpa nella causazione del sinistro.

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Incidente autonomo con vittime, il risarcimento degli eredi

Soffermiamo ora l’attenzione sul caso in cui un incidente autonomo provochi il decesso di uno o più passeggeri. A titolo di esempio si riporta il caso in cui un marito alla guida di un veicolo incappi in un incidente autonomo che provoca la morte della moglie, sua passeggera. In tale tragica circostanza il conducente viene considerato l’unico vero responsabile, motivo per il quale l’eventuale risarcimento agli eredi della moglie dovrà essere gestito dall’assicurazione del vettore. Diverso sarebbe stato il caso in cui fossero stati coinvolti più veicoli in collisione o in turbativa. In tale situazione, infatti, sarebbe nata la questione del concorso di colpa con la ripartizione delle responsabilità e l’attivazione eventuale del Fondo vittime della strada, destinato al risarcimento degli eredi di soggetti deceduti in incidenti rimasti senza colpevoli (perché scappati dopo lo scontro e rimasti ignoti).

Nel caso di incidenti autonomi con vittime, gli eredi del passeggero possono dunque rivolgersi all’assicurazione del vettore per il risarcimento. A loro viene riservata anche la possibilità di richiedere il  cosiddetto danno parentale per la perdita subita. Nell’esempio della moglie e del marito, però, potrebbero esserci delle problematiche in quanto il sopravvissuto allo scontro, il marito, è al tempo stesso erede e colui che ha causato il danno. In questi casi, così come previsto dall’art. 2043 del codice civile, il conducente del veicolo responsabile del sinistro “non è considerato terzo e non ha diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria”. 

Il tema del conducente che ha provocato un incidente autonomo e non può essere risarcito per i danni propri e quelli di riflesso, come il danno parentale, è fortemente dibattuto dalla giurisprudenza. La Corte di Cassazione a sezioni unite è di recente intervenuta per risolvere un contrasto su questo punto, affermando che “deve essere esclusa la tutela assicurativa in favore del conducente responsabile di un illecito da cui siano derivati danni a un parente in quanto si tratterebbe di un risarcimento del danno che si è autoprodotto”. Il rischio, in caso contrario, sarebbe quello di un vero e proprio corto circuito nel quale il danneggiato sarebbe la stessa persona che ha provocato il danno. Ecco dunque che nell’esempio fin qui riportato, il marito è allo stesso tempo causa dell’incidente ed erede e, dunque, non ha diritto ad ottenere il risarcimento. In virtù di tale pronuncia, la Suprema Corte ha evidenziato tre condizioni principali e necessarie affinché al conducente/erede non venga garantito il risarcimento in caso di sinistro autonomo con vittime. Si tratta, nello specifico:

  • dell’effettiva presenza di un incidente autonomo e, dunque, della totale assenza di altri veicoli coinvolti nel sinistro che possano essere stati causa o concausa dello scontro;
  • di un passeggero deceduto legato da un rapporto di parentela tale da consentire al guidatore che ha causato il decesso la qualifica di erede;
  • della presenza di una richiesta risarcitoria avanzata dal conducente responsabile del sinistro in qualità di erede o coerede della vittima.

Nella sua pronuncia, come detto, la Corte di Cassazione si è appellata al principio legislativo applicato in Europa e in Italia, secondo il quale chi causa un danno non può richiederne il risarcimento. Tale aspetto è racchiuso nella massima latina vulneratus ante omnia reficiendus, ovvero il danneggiato ha diritto sempre e comunque al risarcimento. Se danneggiato e danneggiante sono la stessa persona, però, appare evidente che non potrà esserci nessun risarcimento.

In tutti i casi diversi da quello che lega il deceduto e il guidatore da un rapporto di possibile eredità, gli eredi possono fare richiesta di risarcimento di tutti i danni all’assicurazione del vettore, siano questi propri e di riflesso.

I tempi del risarcimento dei danni

In base a quanto previsto daI decreto legislativo 209 del 2005, le compagnie assicurative sono tenute a risarcire i danni entro due mesi dall’incidente e, nel caso in cui il sinistro abbia provocato lesioni alle persone, il risarcimento dovrà essere liquidato entro tre mesi.

Qualora tali tempi non dovessero rispettati, il titolare del contratto potrà ricorrere ad un legale. Vanno tuttavia tenuti in considerazione alcuni aspetti di natura tecnica che potrebbero rallentare l’iter risarcitorio, motivo per il quale prima di provvedere alla via legale è sempre consigliabile ascoltare le motivazioni del ritardo fornite dall’assicurazione.