Mammografia: come e quando sottoporsi a screening

MAMMOGRAFIA

La prevenzione è un’arma potente e il fattore tempo è fondamentale. Perché è importante sottoporsi a mammografia e come arginare il rischio del tumore al seno

Nel 2018 il carcinoma mammario (tumore al seno) ha causato 13.076 decessi, la prima causa per cancro nelle donne. Nel 2021 i decessi registrati sono stati circa 12.500. L’Istat continua a registrare una tendenza alla diminuzione della mortalità per carcinoma mammario (-0,8% annuo), attribuibile, secondo le analisi del ministero della Salute, alla maggiore diffusione dei programmi di diagnosi precoce, e quindi all’anticipazione diagnostica, e anche ai progressi terapeutici.

La prevenzione resta l’arma più efficace contro il cancro: a cominciare dall’autopalpazione e conoscenza del proprio corpo, alla mammografia. Ma in questa arma della prevenzione il fattore tempo è fondamentale. E purtroppo la prevenzione, ancora oggi, rivela un’Italia che viaggia a due velocità. In alcune aree geografiche la mammografia può trasformarsi ancora in una corsa contro il tempo.

La prevenzione di un’Italia a due velocità

Nonostante la gratuità – segnala la Fondazione Umberto Veronesi – l’adesione agli screening negli anni non è mai stata molto elevata e la pandemia ha peggiorato la situazione. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale Screening nel biennio 2018-2019 in Italia è stato invitato l’86% della popolazione bersaglio (donne tra i 50 e i 69 anni), mentre nel 2020 solo il 64% con una riduzione relativa del 26% rispetto al biennio precedente, effetto legato alla pandemia.

Ciò che però è particolarmente rilevante è l’adesione: quella “corretta”, calcolata escludendo dal denominatore gli inviti inesitati e le donne che si sono sottoposte a una mammografia negli ultimi 12 mesi, cala in tutte le fasce di età e, complessivamente, nel 2020 è stata pari al 51%, registrando un calo relativo del 16% rispetto al biennio precedente. Andando a guardare le differenze regionali, nel 2020 l’adesione grezza all’invito, nonostante abbia sempre mostrato molte differenze tra Nord e Centro rispetto al Sud e Isole, si è caratterizza per un ulteriore ampliamento del divario a causa della pandemia. Al Nord l’adesione grezza si è ridotta dal 62% nel 2018-2019 al 59% nel 2020, registrando un calo relativo del 4,8%, mentre al Centro è diminuita dal 53% al 44%, registrando una riduzione relativa del 17,0%. Al Sud hanno aderito nel 2018-2019 il 39% delle donne invitate, mentre nel 2020 solo il 29%, con una riduzione relativa del 25,6%”.

L’importanza del fattore tempo nella prevenzione

Le liste d’attesa per una ecografia in alcune regioni italiane sono ancora un problema. “L’adesione all’esame non basta – spiegano dalla Fondazione – il fattore tempo è tutto. Per funzionare infatti i programmi di screening devono essere veloci: il periodo di tempo che intercorre tra la mammografia e il momento in cui è possibile riferire il referto negativo o, per i casi con dubbio diagnostico, il momento in cui si effettua una seduta di approfondimento o l’intervento chirurgico, sono indicatori fondamentali della qualità di un programma di screening.

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Nel nostro paese purtroppo, come segnala il documento dell’Osservatorio nazionale Screening, “un gran numero di programmi di screening continua a essere in difficoltà nel garantire nel tempo la buona qualità di questi indicatori e i valori permangono ben al di sotto del livello accettabile”.

Per essere considerato un servizio efficiente, l’approfondimento entro 28 giorni dall’esecuzione della mammografia in caso di sospetto deve avvenire nel 90% dei casi. Per l’Italia, nel 2020, l’obiettivo è stato raggiunto solo nel 60% dei casi. Si attendono i dati aggiornati le cui stime non prevedono grandi cambiamenti.

Quando fare la mammografia

Attualmente, lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una mammografia ogni 2 anni.

L’informazione scarseggia, pertanto bisognerebbe rivolgersi dal proprio medico per aderire allo screening.

In questa fascia d’età si verificano, infatti, la maggior parte dei tumori della mammella e, secondo gli esperti dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), la partecipazione allo screening organizzato con cadenza biennale, può ridurre del 35% la mortalità causata da questa malattia.

In alcune regioni si sta sperimentando lo screening tra i 45 e i 74 anni. I programmi organizzati di screening prevedono che l’esame venga eseguito visualizzando la mammella sia dall’alto verso il basso che lateralmente.

Una maggiore accuratezza nella diagnosi si ottiene con la valutazione della mammografia effettuata separatamente da 2 medici radiologi. In caso di un sospetto, al primo esame seguono approfondimenti e, se necessario, il trattamento chirurgico.

Negli ultimi anni, rileva l’Istituto superiore di sanità (Iss), proprio il rilievo di cancri circoscritti ha consentito di ricorrere alla chirurgia conservativa (quadrantectomia).  Più del 57% delle donne invitate accetta questa opportunità di salute (anche se in modo difforme tra le varie aree del paese).

Come si fa la mammografia

La mammografia è un esame radiografico effettuato per individuare l’eventuale presenza di noduli al seno dovuti ad una malattia tumorale.

La mammografia è utilizzata come test per scoprire precocemente (test di screening) noduli tumorali ancora non identificabili alla palpazione.

Può essere prescritta dal medico anche al di fuori dei programmi di screening quando alla palpazione del seno vengano rilevati noduli, o altri segni che, a suo parere, richiedono un’indagine per accertarne (diagnosticarne) la natura.

Grazie ai programmi di screening organizzati, effettuati con la mammografia, la scoperta di questo tumore nelle fasi iniziali oggi è sempre più frequente. Ciò facilita l’avvio rapido delle cure e migliora la probabilità di sopravvivenza.

A volte, i medici suggeriscono controlli più frequenti o ravvicinati per la presenza di fattori di rischio come, ad esempio, casi di tumore al seno, o all’ovaio, in famiglie dove aumentano la probabilità di comparsa di un tumore al seno anche in età più giovane.

Nonostante si tratti di un’attività consolidata, che ha dimostrato la sua efficacia nel ridurre la mortalità per questo tumore, oggi si dibatte sul rischio della cosiddetta sovradiagnosi legata allo screening mammografico. In sostanza, si discute sugli effetti indesiderati dell’accertamento e della cura di tumori che potrebbero essere ininfluenti sulla qualità o sull’aspettativa di vita della donna sottoposta all’esame. Tuttavia, oggi i medici non dispongono di strumenti che ci permettano di prevedere quali lesioni tumorali siano destinate a diventare rapidamente un cancro invasivo e quali resteranno silenti per anni. Per questo è importante il monitoraggio. Le ricerche disponibili fanno ritenere che questo rischio sia inferiore ai benefici che si ottengono eseguendo una mammografia ogni due anni tra 50 e i 69 anni.

Come prepararsi al test mammografico

Tutte le donne possono sottoporsi alla mammografia per controllare l’eventuale comparsa di formazioni potenzialmente pericolose e non ci sono condizioni che limitino l’esecuzione dell’esame, salvo la gravidanza.

In caso di presenza di protesi mammaria è necessario informare l’operatore prima dell’esecuzione dell’esame.

Non occorre alcun tipo di preparazione, non è necessaria l’anestesia e non si verificano conseguenze che richiedano la presenza di un accompagnatore. Alcuni studi suggeriscono che nelle donne ancora non in menopausa l’indagine sia più efficace se eseguita nelle prime due settimane dall’inizio del flusso mestruale.

L’esame prevede una breve compressione del seno (mammella) tra due lastre di una speciale apparecchiatura radiografica che permette di esporre i tessuti compressi a una modesta quantità di raggi X. Sono effettuate due radiografie per ciascun seno, da angolazioni diverse. A causa della compressione, alcune donne trovano l’esame doloroso, ma il fastidio dura solo qualche minuto. Il tempo di esecuzione di una mammografia è infatti di 5-10 minuti e, una volta terminato l’esame, si può riprendere subito la normale vita di tutti i giorni.

La mammografia fa male?

Le apparecchiature radiologiche utilizzate garantiscono che la dose di raggi X erogata sia mantenuta al livello più basso possibile ed il rischio legato all’esposizione alle radiazioni risulti trascurabile rispetto ai vantaggi della diagnosi precoce del tumore. Come ogni esame, anche la mammografia presenta dei limiti e può determinare falsi positivi (risultati anormali in persone sane) o falsi negativi (risultati normali in persone malate). Potrebbe non essere rilevata la presenza di una lesione, ad esempio, per difficoltà a interpretare le caratteristiche del tessuto mammario, attraverso le immagini della radiografia, in alcuni seni particolarmente densi o nel caso la lesione sia così piccola da non essere ancora evidenziabile. È, quindi, molto importante che tutte le donne prestino attenzione ad eventuali cambiamenti del seno nell’intervallo di tempo tra due esami mammografici, eseguendo l’autopalpazione, per riferirli tempestivamente al proprio medico di fiducia.

I risultati della mammografia

La mammografia produce delle immagini digitali, in bianco e nero, del tessuto mammario visualizzabili sullo schermo del computer. È compito del radiologo valutare tali immagini, verificando accuratamente l’eventuale presenza di formazioni sospette.

Ai fini dell’interpretazione dei risultati, per il radiologo è importante disporre di una mammografia eseguita in precedenza che consenta di confrontare le immagini e di individuare cambiamenti nelle aree osservate. Per questo motivo è utile portare sempre con sé il precedente esame mammografico.

Nei programmi di screening, i risultati sono valutati separatamente da due radiologi per garantire una maggiore affidabilità della diagnosi. Se la mammografia risulta normale, è inviata una lettera a domicilio con l’esito dell’esame che invita la donna a ripetere il test di screening dopo 2 anni fino a 69 anni di età. Se la mammografia evidenzia problemi di lettura, e/o immagini “dubbie”, la donna è invitata a sottoporsi a ulteriori accertamenti diagnostici che possono includere una mammografia supplementare, eseguita con ingrandimento, e un’ecografia. Quest’ultimo esame, in generale, non è raccomandato come test di screening ma può essere utile in casi particolari, soprattutto nelle donne più giovani, o per approfondire la natura di un nodulo permettendo, ad esempio, di rilevare la sua natura liquida o solida.

Cosa accade se c’è un sospetto tumore al seno?

In alcuni casi alla mammografia e all’ecografia può far seguito una biopsia, indagine che consiste nel prelievo di una piccola quantità (campione) di tessuto dalla zona sospetta, per valutare la presenza, o meno, di eventuali cellule tumorali.

Soltanto al termine di questo percorso è possibile confermare il sospetto diagnostico e, in caso di positività, procedere con la cura che, nella maggior parte dei casi, prevede la chirurgia e, in casi selezionati in base alle caratteristiche della donna e del tumore asportato, terapie integrate come la chemioterapia.

Il tumore al seno colpisce anche gli uomini

I casi di tumore della mammella che riguardano il sesso maschile sono lo 0,5-1% del totale delle malattie di questo tipo. Secondo i dati più recenti dell’Airtum (Associazione italiana registri tumori), vengono diagnosticati ogni anno 1,7 cancri al seno ogni 100mila uomini e 150 casi ogni 100mila donne. Se nel corso della propria vita una donna su otto svilupperà questa malattia, solo a un uomo su 600 succederà la stessa cosa.

Quali sono le cause del tumore al seno?

La Fondazione Airc comunica che sono stati identificati alcuni fattori di rischio, ereditari e non, che predispongono ad ammalarsi di tumore al seno. Uno particolarmente importante è la presenza di mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, coinvolti nella riparazione del Dna. Alterazioni a livello di questi geni espongono l’organismo all’accumulo di modificazioni nel Dna e alla potenziale conseguente formazione di tumori, in particolare quelli della mammella e dell’ovaio. Il 5-10% degli uomini con mutazioni del gene BRCA2 e una percentuale più piccola di quelli con mutazioni di BRCA1 sviluppano un tumore del seno. Un altro fattore di rischio è rappresentato dalla presenza di una condizione che altera il rapporto tra gli ormoni estrogeni e androgeni, sia essa di natura genetica (come la sindrome di Klinefelter), legata a malattie dell’apparato riproduttivo maschile (come orchite ed epididimite) o dipendente dall’uso di ormoni sessuali o di farmaci (estrogeni, testosterone, finasteride). L’esposizione alle radiazioni ionizzanti è un fattore di rischio riconosciuto, mentre l’associazione tra questo tumore e altre esposizioni ambientali od occupazionali è ancora al vaglio degli esperti. Infine, anche l’obesità e la mancanza di esercizio fisico aumentano il rischio di ammalarsi di tumore del seno maschile.

Le denunce delle liste d’attesa

Le liste d’attesa lunghe per screening oncologici sono un problema che persiste, a prescindere dal covid. L’organizzazione Cittadinanzattiva quest’anno ha presentato il “Rapporto civico di salute. I diritti dei cittadini e il federalismo in sanità”. Come ogni anno l’associazione fa il punto sullo stato dei servizi sulla base delle segnalazioni arrivate a 330 sezioni del Tribunale per i diritti del malato. Ben 13.748 persone hanno avuto problemi, in sospetta violazione della Costituzione, che garantisce il diritto alla salute per tutti.

Al netto della pandemia, anche la corruzione e la malasanità contribuiscono in buona parte ai disservizi di un sistema sanitario pubblico che ci invidiano in tutto il mondo.