Cane, gatto e non solo: come regolarsi in caso di separazione con gli animali domestici. Manca una la legge e allora vediamo qual è l’orientamento della giurisprudenza
Nel caso in cui una coppia di coniugi intenda separarsi non sono poche le cose su cui accordarsi. Tra queste c’è anche l’affidamento degli animali domestici, le cui sorti non sono ancora disciplinate dalla legge in caso di separazione.
La separazione: che cos’è
Per comprendere a pieno cosa accade agli animali domestici, è necessario avere ben chiaro anzitutto cos’è la separazione per il nostro ordinamento giuridico. Quest’ultima si distingue dal divorzio ed è propedeutica allo stesso. Esistono due tipologie di separazione:
- di fatto, ovvero quella nella quale i due coniugi decidono di abitare separati, ma senza ricorrere ad un giudice. Essa non ha valore legale e non lo avrà nemmeno in relazione ai tempi futuri necessari per ottenere il divorzio. Inoltre, con la separazione di fatto non si ottiene nemmeno il diritto al mantenimento;
- legale, che implica invece un riconoscimento ufficiale della fine della relazione e può essere, a sua volta, consensuale o giudiziale. La prima, quella consensuale, avviene di comune accordo tra i due coniugi e viene ratificata da un giudice o dal sindaco, i quali effettuano esclusivamente un controllo a posteriori. La separazione giudiziale, invece, consiste in una causa per decidere circa ogni aspetto, ovvero il mantenimento, l’assegnazione della casa, le visite ai figli, la divisione dei beni e così via.
Separazione e affidamento degli animali domestici
Capita molto spesso che due coniugi decidano di avere un animale domestico in casa. In caso di separazione, le sorti dello stesso, tuttavia, non sono chiare. Non esiste, infatti, una norma contenuta nel codice civile o in altra legge che permetta di stabilire, in base a parametri specifici, con quale dei due coniugi, o conviventi, debba vivere l’animale domestico. Tra l’altro, in caso di impianto microchip nell’animale, non è sufficiente controllare l’intestatario dello stesso.
La soluzione migliore, in tali casi, è sicuramente quella di seguire il buon senso: l’animale potrebbe restare a vivere con uno dei due coniugi, prevedendo la possibilità per l’altro di tenerlo in determinati giorni della settimana, portarlo qualche giorno a passeggio e dividere le spese per il suo mantenimento. Si tratta di una sorta di “affidamento congiunto”. Qualora le parti trovassero un accordo circa l’affidamento dell’animale, possono redigere un’apposita scrittura privata che assumerebbe le caratteristiche di un vero e proprio contratto, oppure si potrebbe inserire una clausola direttamente nell’accordo di separazione, qualora la stessa sia consensuale. La giurisprudenza, sul punto, ha ritenuto possibile definire in sede di separazione consensuale questioni riguardanti gli animali domestici.
Il ricorso al giudice per decidere l’affidamento dell’animale domestico
Qualora, al contrario, i coniugi non riuscissero a trovare una soluzione, o nel caso in cui la loro separazione fosse giudiziale, non resterà, appunto, che appellarsi ad un giudice. Non esistendo una disposizione legislativa che regoli la materia, l’organo giudiziario dovrà valutare la situazione in modo diverso basandosi su alcuni precedenti giurisprudenziali, molti dei quali hanno messo al primo posto il benessere dell’animale domestico.
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La giurisprudenza sull’affidamento dell’animale domestico in caso di separazione o divorzio
La giurisprudenza sul punto non è unanime e molti sono gli orientamenti. Secondo una prima linea di pensiero, in presenza di separazione giudiziale, il tribunale non si deve occupare dell’assegnazione degli animali domestici, neanche se le parti lo dovessero richiedere in modo espresso. La conseguenza di tale orientamento è che la situazione può essere definita esclusivamente su accordo dei coniugi. Per un altro orientamento, invece, in caso di figli minori il giudice potrà pronunciarsi anche sull’affidamento dell’animale, partendo dal presupposto che, in tali scenari, il punto di partenza è l’interesse del minore. Il giudice dovrà dunque valutare, anche in assenza di accordo da parte dei genitori, il rapporto affettivo che lega il bambino all’animale domestico. Per un terzo orientamento ancora, anche in assenza di figli minori, in presenza di una lacuna normativa ed alla luce dell’importanza del legame affettivo tra persone ed animale e del rispetto dovuto a questi ultimi quali esseri senzienti, la normativa più vicina alla fattispecie è quella relativa all’affidamento del figlio, la quale dovrà essere applicata in via analoga (sentenza del Tribunale di Lucca del 24.01.2020).
Inoltre, la Corte di Cassazione, massimo organo giurisdizionale, in una sentenza del 2019 ha stabilito che chi, dopo essersi separato, affida il cane di famiglia all’ex coniuge pur conoscendone l’avversione, risponde alla pari dell’eventuale abbandono dell’animale in quanto ne ha consapevolmente accettato il rischio. La Cassazione, in tale occasione, aveva dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato con la ex moglie a pagare 700 euro ciascuno di ammenda per abbandono di animali. Nel caso di specie, la donna, che aveva ricevuto il cane in affidamento per una ventina di giorni, dopo poco più di una settimana di convivenza con l’animale aveva deciso di disfarsene, lasciandolo legato di fronte ad un presidio sanitario. La donna è stata rintracciata grazie al microchip dell’animale e denunciata. Per la Suprema Corte sussiste il reato di abbandono, che si configura quando c’è l’interruzione della relazione di custodia e di cura con l’animale. Del reato, inoltre, risponde a titolo di dolo eventuale (che si configura quando si accetta il rischio di verificazione dell’evento) anche l’ex marito, consapevole del possibile abbandono dell’animale da parte dell’ex coniuge (sentenza Corte di Cassazione, III Sezione penale, n. 6609/2019).
E ancora, il Tribunale di Sciacca, in un’importante pronuncia del 2019, ha affidato due animali domestici della stessa coppia in separazione prendendo due decisioni diverse. Un gatto, nello specifico, è stato affidato alla parte che, dalla sommaria istruttoria, appariva assicurare il miglior sviluppo possibile dell’identità dell’animale, mentre il cane è stato affidato ad entrambe le parti, a settimane alterne, con spese veterinarie e straordinarie al 50%.
Infine, il Tribunale di Roma, in una decisione del 2016, ha stabilito che, proprio a causa dell’assenza di una normativa ad hoc, il giudice deve assumere provvedimenti che riguardano l’animale domestico tenendo conto esclusivamente dell’interesse materiale, spirituale e affettivo dello stesso. Tale disciplina, secondo il Tribunale di Roma, si applica anche qualora i due proprietari non siano legati da un vincolo di coniugio, giacché il legame e l’affetto dell’animale per ciascuno di loro è indipendente dal regime giuridico che li legava.
Affidamento dell’animale domestico in caso di separazione: cosa conviene fare
Allo stato attuale della normativa, pertanto, è possibile che il giudice competente decida in merito alle sorti degli animali domestici, ma non è certo che ciò avvenga, in quanto la scelta di prendere o meno decisioni di tale genere è affidata alla discrezionalità del tribunale. È dunque auspicabile un accordo, che potrebbe essere ratificato in sede di separazione consensuale o negoziazione assistita, o anche solo una scrittura privata tra i coniugi.
La proposta di legge sull’affidamento dei cani
In Parlamento è in attesa di essere discussa una proposta di legge relativa all’introduzione di una norma (nella specie, dell’articolo 445 ter nel codice civile, rubricata “Affido degli animali familiari in caso di separazione dei coniugi”) finalizzata proprio a regolamentare l’affido degli animali che sono in famiglia in caso di separazione o di divorzio dei coniugi o dei conviventi.
Tale proposta di legge prevede l’affido esclusivo e condiviso di un animale domestico, a seconda delle situazioni. Essa stabilisce, in particolare, la possibilità che, in assenza di un accordo dei coniugi o dei conviventi separati proprietari di un animale domestico, il giudice, senza considerare il regime patrimoniale della famiglia e i documenti anagrafici dell’animale, affidi lo stesso alla parte il grado di garantire il suo maggiore benessere. In particolare, la norma oggetto della proposta di legge recita: “In caso di separazione dei coniugi, proprietari di un animale familiare, il tribunale, in mancanza di accordo tra le parti, a prescindere dal regime di separazione o di comunione dei beni e a quanto risultante dai documenti anagrafici dell’animale, sentiti i coniugi, i conviventi, la prole e, se del caso, esperti di comportamento animale, attribuisce l’affido esclusivo o condiviso dell’animale alla parte in grado di garantire il maggior benessere. Il tribunale è competente a decidere in merito all’affido di cui al presente comma anche in caso di cessazione della convivenza more uxorio”.
Per arrivare ad una simile decisione, il tribunale deve sentire i coniugi, i conviventi, i figli e, se necessario, anche gli esperti del comportamento animale. In attesa dell’eventuale introduzione di tale norma, l’unica cosa che resta da fare è quella di accordarsi sull’affidamento dell’animale domestico, prevedendo che ci possa essere un diritto di visita dell’altro ex coniuge per alcuni giorni della settimana o per un determinato periodo dell’anno. Ad esempio, si potrebbe tenere l’animale sei mesi ciascuno e si dovrebbero dividere in parti uguali le spese necessarie al suo mantenimento. Insomma, un po’ ciò che accade per l’affidamento dei figli.