Il periodo autunnale porta con sé scie di colore, sfumature cromatiche di arancione e una buona quantità di castagne. Quelle tradizionali sono un’autentica gioia per il palato, ma il pericolo di confonderle con le simili “castagne matte” non è da escludere. In Francia il 12% di tutti i casi di intossicazioni segnalate tra il 2012 e il 2018 è legato proprio a questo errore
Tutti avranno sentito parlare, almeno una volta, di castagne matte. Conosciute con i nomi più disparati (selvatiche, false o “castagne del cavallo”), le castagne matte derivano dall’Aesculus hippocastanum, l’ippocastano, albero utilizzato prettamente a scopo ornamentale e per creare ampie zone d’ombra lungo le strade e nei parchi urbani. L’ippocastano è originario dell’Asia, oggi ampiamente coltivato anche in Europa e può crescere fino a 25 m di altezza. Il frutto è una capsula carnosa con pericarpo coperto di spine, e racchiude da uno a tre grandi semi (le castagne matte, appunto).
Viceversa, la castagna commestibile deriva dalla Castanea sativa, grande albero che appartiene alla famiglia delle Faceceae.
Quali sono le principali differenze tra le castagne buone e le castagne matte?
Già premesso che anche la provenienza delle castagne buone e delle castagne matte è diversa, una delle prime cose che salta all’occhio è sicuramente la differenza fisiologica delle foglie delle due specie. Infatti, le foglie del castagno sono singole e seghettate , mentre quelle dell’ippocastano sono composite e formano una sorta di palmo. Le differenze riguardano anche i rispettivi ricci: mentre quello della castagna tradizionale è marrone, con aculei lunghi e pungenti (essendo un frutto selvatico), quello della castagna matta si presenta di colore più verde acceso e con meno spine, più corte. Altra differenza caratteristica riguarda la forma: la castagna matta si presenta più tondeggiante rispetto alla controparte commestibile, di minori dimensioni e con uno o più lati maggiormente schiacciati (potendo essercene, in un singolo riccio, fino a sette semi).
Anche i luoghi in cui comunemente è possibile trovare le due specie sono differenti. Le castagne tradizionali, infatti, si raccolgono nei boschi, a un’altitudine che può variare tra i 200 metri fino a oltre 1.000. Sono contenute in “gruppo” all’interno di un riccio, il cui colore vira dal verde a marrone durante la maturazione e che è ricco di aculei. Nei ricci del castagno si trovano solitamente 2 o 3 castagne, una grande e le altre più piccole e schiacciate. Viceversa, non è infrequente trovare castagne matte per terra lungo i viali e i parchi di paesi e città, con il loro aspetto ultralucido e la loro robustezza. Le castagne matte, inoltre, non presentano il caratteristico ciuffo apicale della loro controparte commestibile.
Se, nonostante gli accorgimenti, si hanno ancora dei dubbi sulle differenze tra castagne matte e castagne commestibili, il processo di cottura potrà facilmente dirimere ogni perplessità. Nel momento in cui le castagne matte vengono sottoposte a cottura, infatti, emanano un odore estremamente sgradevole; il sapore finale, poi, risulterà amaro e piuttosto spiacevole.
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Perché è importante riconoscere le castagne matte?
La ragione per cui si dovrebbe prestare attenzione al riconoscimento di una castagna matta è che è essenzialmente tossica. Mangiare castagne matte provoca intossicazione, che se sottovalutata può sfociare in problemi più seri come lesioni intestinali e renali. Secondo un report pubblicato dall’Agenzia per la sicurezza alimentare francese (Anses) le castagne matte rappresentano il 12% di tutti i casi di intossicazioni segnalate tra il 2012 e il 2018, seconde solo alle piante con bulbo (12%). Le castagne dell’ippocastano, infatti, contengono numerosi principi attivi tra cui glicosidi e saponine triterpenici, soprattutto esculina, in concentrazioni tali da determinare emolisi (cioè la rottura dei globuli rossi). Tali sostanze hanno un importante effetto irritativo, causando vomito e diarrea, in base alla quantità che è stata ingerita. I sintomi più comuni di un’intossicazione da castagne matte sono i seguenti:
- disturbi digestivi
- dolori addominali
- nausea
- vomito
- irritazione della gola.
I sintomi, normalmente, si manifestano tra 1 e 6 ore dopo l’ingestione, ma possono essere ritardati fino a 2 giorni. Se si consumano notevoli quantità di castagne matte i sintomi si fanno più acuti e, soprattutto nei bambini, possono comparire anche sintomi neurologici come incoordinazione motoria, tremori, spasmi muscolari, depressione del sistema nervoso centrale e dilatazione delle pupille. Oltre alle castagne, è bene ricordare che anche le altre parti della pianta dell’ippocastano sono tossiche, quindi anche fiori e foglie.
Cosa fare in caso di intossicazione
Nel caso si verifichino i sintomi di una intossicazione, una delle prime cose da fare è fotografare l’albero ed i frutti mangiati, in modo che il pronto soccorso o il centro antiveleno abbiano dati il più dettagliati possibile per poter intervenire.
Ma hanno anche virtù
Nonostante gli effetti tossici citati, da tempo immemore si ritiene che le castagne matte siano un ottimo rimedio “della nonna” per il raffreddore. Le proprietà curative del frutto erano note da molto tempo in Asia Minore, regione da cui arriva la pianta, ma furono valorizzate in Occidente agli inizi del Novecento per merito di Artaud de Vevey, le cui osservazioni dimostrarono l’efficacia delle varie parti della pianta. In passato le castagne dette “di cavallo” venivano triturate e date da mangiare a quegli animali per curare l’asma e il raffreddore. Quando ci si accorse che ne traevano sollievo, i frutti cominciarono ad essere testati anche sull’uomo, dando vita alla leggenda. C’è chi, fedele a queste proverbiali virtù, infila le castagne nel cappotto per tutto il periodo freddo dell’anno. Ma ci sono anche eccezioni: alcuni tengono una o due castagne matte dentro l’auto; altri sulla scrivania in ufficio; altri ancora nella borsa, nello zaino, nel cruscotto … l’importante è restare sempre nel raggio “magico” della castagna.
Le nonne consigliavano di tenerne sempre almeno una in tasca in modo da tenere lontano i malanni autunnali, come il raffreddore e la tosse.
Tuttavia, al di là delle credenze magiche, sono molte le proprietà terapeutiche associate a questa pianta, che infatti viene utilizzata soprattutto in fitoterapia e cosmetica per la realizzazione di creme. Nella medicina tradizionale le foglie di ippocastano, ricche di cumarine e tannini ma povere di esculina, sono l’ingrediente principale per tisane contro tosse, artrite, flebiti, trombosi e tumefazioni di origine vascolare. Una molecola presente nei semi dell’ippocastano (l’escina) ha effetti documentati nel trattamento dell’insufficienza cronica della circolazione venosa e dei disturbi ad essa collegati;la corteccia, invece, viene utilizzata come astringente. Le proprietà benefiche della «castagna matta» sono dovute proprio all’escina, che oltre ad avere proprietà anti infiammatorie, migliora il drenaggio linfatico e aumenta la pressione venosa. Gli estratti dell’ippocastano sono anche utilizzati come rimedio per la cellulite, le emorroidi e le vene varicose. Prodotti a base di escina sono efficaci anche in caso di afte e ulcere della mucosa della bocca.
Spesso l’escina è utilizzata in associazione ad altri estratti vegetali con azione simile o sinergica come l’amamelide.
Sommariamente, grazie alle loro proprietà lenitive, decongestionanti e tonificanti i semi di ippocastano sono impiegati in preparati topici per gambe pesanti, fragilità capillare, emorroidi, contusioni, inestetismi della cellulite, rinforzanti dei capelli, couperose. Le forme in cui, in commercio, è possibile riscontrare l’utilizzo di castagne matte, sono:
- Tintura Madre (Soluzione Idroalcolica);
- Gemmoderivato (Soluzione Idrogliceroalcolica o macerato glicerico): secondo il parere medico, il gemmoderivato di Ippocastano è l’unica preparazione che può essere utilizzato per uso interno anche in gravidanza in quanto non contiene escina;
- Estratto secco 16-28% in glicosidi triterpenici calcolati in escina;
- Creme e pomate al 10-20%.
Distinguere castagne matte, castagne tradizionali e marroni
Altra tendenza tipica è quella di spacciare marroni per castagne tradizionali. Ma, anche in questo caso, ad un occhio attento le differenze sono evidenti. In primo luogo è bene sfatare la falsa credenza per cui i marroni abbiano dimensioni maggiori. Errato, esistono castagne selvatiche che hanno dimensioni superiori! Le vere differenze consistono in colore e forma: i marroni sono di un colore bruno chiaro con strisce più scure, hanno forma ovale allungata e la pellicola interna che entra poco o niente nelle pieghe del frutto, al contrario di quanto accade con la castagna. Ogni riccio, inoltre, racchiude uno o due frutti al massimo.
Per riconoscerle può essere sufficiente osservare le striature di colore scuro che corrispondono a rilievi della buccia avvertibili al tatto.
Hanno una polpa più fine delle castagne e una percentuale di zuccheri mediamente superiore del 15-20%, che rende conto del loro gusto peculiare con spiccate caratteristiche di dolcezza, superiore a quella delle castagne. Le castagne hanno infatti un sapore meno deciso e meno dolce rispetto alla controparte allevata che, invece, è caratterizzata da una dolcezza e una croccantezza particolari. I marroni, a differenza delle castagne tradizionali, si prestano meglio per essere trasformati in deliziosi marrons glacés dalla pasticceria o per arricchire risotti o zuppe originali dalla cucina gourmet.